SUD COREA I vescovi accusano il governo di promuovere una cultura della morte
SEOUL, 23 mar 07 - Il governo della Corea del Sud promuove politiche contrarie
alla cultura della vita che “privilegiano l’efficienza economica” a detrimento della
dignità umana. E’ l’accusa rivolta ai vescovi del Paese in una dichiarazione pubblicata
in questi giorni, al termine della loro plenaria a Seoul. Sotto accusa sono in particolare
l’attuale legislazione sull’aborto (in Sud Corea esso è permesso in caso di malformazioni
del feto, stupro, incesto e minacce alla salute della madre), la promozione della
fecondazione in vitro (finanziata dallo Stato), ma anche le nuove aperture del governo
di Seoul alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. I risultati di queste politiche
- denunciano i vescovi - sono sotto gli occhi di tutti: “la Corea del Sud è uno
dei Paesi con il più basso tasso di natalità del mondo e con il più alto tasso di
suicidi e di aborti”. Ogni anno, infatti, il Paese registra mediamente 1,5 milioni
di interruzioni volontarie della gravidanza, mentre il tasso di suicidi è di 24,2
persone su 100mila, il più alto dei Paesi dell’Ocse. Nel 2005 inoltre per circa 21mila
interventi di fecondazione assistita sono stati prodotti e conservati quasi 94mila
embrioni umani sovrannumerari, destinati ad essere distrutti, o, che è lo stesso,
impiegati a scopi di ricerca. Di qui l’appello a promuovere invece politiche a favore
della vita. Il presidente della Commissione bioetica della Conferenza episcopale mons.
Francis Xavier Anh Myong-ok ha confermato all’agenzia Ucan che i vescovi continueranno
questa battaglia nelle loro diocesi. (Ucan – ZENGARINI)