Benedetto XVI all'udienza generale: i miti del relativismo etico di ieri e di oggi,
"diabolici depistaggi" rispetto alla verità del Vangelo. Appello del Papa per i malati
di tubercolosi
In tempi in cui etica e religione vengono svuotate di senso, la lezione degli antichi
apologeti cristiani, che difendevano il Vangelo dai miti pagani e dalle mode del tempo,
ritorna con prepotente attualità. Lo ha ribadito questa mattina Benedetto XVI davanti
alle 25 mila persone presenti in Piazza San Pietro all’udienza generale. Il Papa ha
dedicato la sua catechesi alla figura del primo apologeta cristiano, San Giustino,
ed ha poi concluso con un appello per i malati di tubercolosi, la cui Giornata internazionale
verrà celebrata sabato prossimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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“Cristo
ha affermato di essere la verità, non la consuetudine”. Al contrario, i miti o le
mode che si susseguono nella diverse epoche si sostanziano di rituali artificiosi,
che nulla hanno a che vedere e anzi sono fuorvianti rispetto al Vangelo. Ciò accadeva
duemila anni fa - quando agli esordi del cristianesimo una categoria di scrittori
si era incaricata di difenderne principi e valori - e accade oggi, giacché quegli
stessi principi e valori vengono bersagliati dal relativismo etico. E’, in sostanza,
l’insegnamento che Benedetto XVI trae dalle considerazioni sulla vita di Giustino,
scrittore e apologeta del 100 dopo Cristo, martire attorno al 165 sotto Diocleziano.
Gli scritti degli apologeti come Giustino, ha spiegato il Papa, avevano due obiettivi:
difendere il cristianesimo nascente "dalle pesanti accuse di pagani ed ebrei” ed “esporre
i contenuti della fede in un linguaggio e con categorie di pensiero comprensibili
ai destinatari”. L’avversario, per tutti, era il paganesimo:
“Con la
religione pagana, infatti, i primi cristiani rifiutarono strenuamente ogni compromesso.
La ritenevano idolatria, a costo di essere tacciati per questo di ‘empietà’ e di ‘ateismo’.
In particolare Giustino, specialmente nella sua prima Apologia, condusse una critica
implacabile nei confronti della religione pagana e dei suoi miti, considerati da lui
come diabolici ‘depistaggi’ nel cammino della verità”.
Se il paganesimo
viene rigettato con il suo corredo di falsità, non così la filosofia greca, "terreno
privilegiato" per l'incontro con la fede cristiana, cui Giustino approderà dopo “un
lungo itinerario”. Antico Testamento e pensiero greco, ha affermato il Papa, sono
le due strade che guidano a Cristo e al Logos, cioè Cristo come Verbo di verità.
Verità che, sfuggendo alla religione pagana incentrata sul mito, condanna poi quella
stessa religione, ha osservato il Pontefice, ad un inevitabile “tramonto”:
“Questo
tramonto fluiva come logica conseguenza del distacco della religione - ridotta a un
artificioso insieme di cerimonie, convenzioni e consuetudini - dalla verità dell'essere.
Giustino, e con lui gli altri apologisti, siglarono la presa di posizione netta della
fede cristiana per il Dio dei filosofi contro i falsi dèi della religione pagana.
Era la scelta per la verità dell'essere contro il mito della
consuetudine”.
Sul contrasto tra verità e consuetudine si soffermerà,
qualche decennio dopo Giustino, un altro grande scrittore, Tertulliano. E’ sua la
frase “Cristo ha affermato di essere la verità, non la consuetudine”. E nelle lingue
moderne, quel “consuetudine”, ha asserito Benedetto XVI, si può tradurre in “moda
culturale, moda del tempo”:
“In un'età come la nostra, segnata dal relativismo
nel dibattito sui valori e sulla religione - come pure nel dialogo interreligioso
-, è questa una lezione da non dimenticare. A tale scopo vi ripropongo - e così concludo
- le ultime parole del misterioso vegliardo, incontrato dal filosofo Giustino sulla
riva del mare: ‘Tu prega anzitutto che le porte della luce ti siano aperte, perché
nessuno può vedere e comprendere, se Dio e il suo Cristo non gli concedono di capire'”.
Dopo
aver svolto sinteticamente le catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto
un saluto - ormai consueto da molte settimane a questa parte - ai fedeli di regioni
italiane guidati dai vescovi in visita ad Limina, in questo caso provenienti
dalle diocesi della Sardegna. “Cari amici - ha detto loro il Papa - nella recente
Esortazione Apostolica ho richiamato il valore dell’Eucaristia per la vita della Chiesa
e di ogni cristiano. Incoraggio anche voi ad attingere da questa mirabile fonte la
forza spirituale necessaria per mantenervi fedeli al Vangelo e testimoniare sempre
e dappertutto l’amore di Dio. E voi, cari Fratelli nell’Episcopato, ‘facendovi modelli
del Gregge’ non stancatevi di condurre i fedeli affidati alle vostre cure pastorali
ad una adesione personale e comunitaria sempre più generosa a Cristo”.
Infine,
Benedetto XVI ha concluso l’udienza ricordando l’evento che la comunità internazionale
celebrerà sabato prossimo 24 marzo: la Giornata Mondiale per la lotta contro la tubercolosi,
malattia che miete due milioni di vite all’anno, il 98% delle quali nei Paesi in via
di sviluppo: “Possa tale ricorrenza favorire un’accresciuta
responsabilità nella cura di tale malattia ed una sempre più intensa solidarietà nei
confronti di quanti ne soffrono. Su di loro e sulle loro famiglie invoco il conforto
del Signore, mentre incoraggio le molteplici iniziative di assistenza che la Chiesa
promuove in questo ambito”.