Il dovere del sacerdote: riscoprire la ricchezza e l’“arte” delle celebrazioni liturgiche.
Un commento alla "Sacramentum Caritatis"
“Sobrietà dei segni” e “semplicità dei gesti”. E’ principalmente in questo che sta
la bellezza della liturgia eucaristica, secondo Benedetto XVI. Ad una rinnovata cura
delle celebrazioni - e all’inopportunità di scelte che non ne rispettano la natura
sacramentale - il Papa ha dedicato ampio spazio nel suo ultimo documento magisteriale,
l’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis. Vasta eco hanno suscitato
gli auspici del Pontefice per un rilancio della lingua latina, in determinate circostanze
della vita ecclesiale. Ma l’Esortazione apostolica si sofferma su tutti gli aspetti
basilari di quella che da sempre viene chiamata “ars celebrandi”. Alessandro De
Carolis ne ha parlato con il preside del Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo
di Roma, il padre benedettino Juan Javier Flores Arcas:
********** R.
- La seconda parte dell’Esortazione del Santo Padre è intitolata proprio “Eucaristia,
mistero da celebrare”. In essa si parla ampiamente dell’“ars celebrandi” e parlando
dell’“ars celebrandi” il Santo Padre vuole innanzitutto favorire il senso del sacro
nella liturgia, anche l’utilizzo di quelle forme esteriori che educano il popolo di
Dio a tale senso del sacro. Il Santo Padre mette in rapporto l’“ars celebrandi” con
le norme liturgiche, dicendo che questa arte di celebrare scaturisce dall’obbedienza
fedele alle norme liturgiche nella loro completezza.
D. – Per riscoprire questa
arte del celebrare, Benedetto XVI ha anche invitato a riscoprire l’uso della lingua
latina nella liturgia, in particolare – ha detto il Papa – in alcune circostanze.
Questo suo invito ha suscitato commenti di vario segno, anche negativi. Volevo chiederle:
qual è la lettura corretta da dare a questa indicazione?
R. – L’Esortazione
apostolica va letta per intero, altrimenti non si capisce. Il Papa afferma che in
momenti straordinari e speciali – lui parla di incontri internazionali sempre più
frequenti – è bene che si adoperi la lingua latina. Ma se leggiamo bene il numero
62, dice precisamente: “Per esprimere meglio l’unità e l’universalità della Chiesa,
vorrei raccomandare quanto suggerito dal Sinodo dei vescovi”. Invece, ribadisce che
le letture, l’omelia e la preghiera dei fedeli, le altre parti, quindi, la Liturgia
della Parola si facciano nelle lingue internazionali o nella lingua nazionale dell’incontro.
Quindi va letto, tutto questo, nel suo contesto.
D. – Quali tipi di problemi
riscontrate, che oggi abbia la liturgia nel modo in cui viene celebrata?
R.
– Senz’altro, il Papa – ripetendo quanto è stato detto al Sinodo dei vescovi – fa
diversi accenni a diversi abusi, che normalmente non vengono elencati nell’Esortazione
apostolica. Si rimedia agli abusi con una buona conoscenza e con un aspetto che il
Papa ribadisce spesso, cioè con il “sensus fidei”, il senso ecclesiale: la liturgia
è liturgia della Chiesa, non una cosa qualsiasi con la quale si possa fare quel che
si vuole. E questo viene fortemente evidenziato nell’Esortazione apostolica.
D.
– Quindi, è in questo senso che va letto l’annuncio di un Compendio eucaristico che
il Papa fa alla fine dell’Esortazione?
R. – Infatti, è un suggerimento che
era stato fatto anche al Sinodo: il Compendio è un invito, anche se pubblicato da
diversi dicasteri, a riprendere tanti elementi dispersi qua e là, che possono contribuire
senz’altro ad una migliore conoscenza. E il Papa termina chiedendo una buona comprensione,
una migliore celebrazione e adorazione del Sacramento per una buona vita eucaristica
e per l’evangelizzazione. Ecco, questa è la conclusione dell’Esortazione. **********