2007-03-20 14:12:35

Il dovere del sacerdote: riscoprire la ricchezza e l’“arte” delle celebrazioni liturgiche. Un commento alla "Sacramentum Caritatis"


“Sobrietà dei segni” e “semplicità dei gesti”. E’ principalmente in questo che sta la bellezza della liturgia eucaristica, secondo Benedetto XVI. Ad una rinnovata cura delle celebrazioni - e all’inopportunità di scelte che non ne rispettano la natura sacramentale - il Papa ha dedicato ampio spazio nel suo ultimo documento magisteriale, l’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis. Vasta eco hanno suscitato gli auspici del Pontefice per un rilancio della lingua latina, in determinate circostanze della vita ecclesiale. Ma l’Esortazione apostolica si sofferma su tutti gli aspetti basilari di quella che da sempre viene chiamata “ars celebrandi”. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il preside del Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo di Roma, il padre benedettino Juan Javier Flores Arcas: RealAudioMP3

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R. - La seconda parte dell’Esortazione del Santo Padre è intitolata proprio “Eucaristia, mistero da celebrare”. In essa si parla ampiamente dell’“ars celebrandi” e parlando dell’“ars celebrandi” il Santo Padre vuole innanzitutto favorire il senso del sacro nella liturgia, anche l’utilizzo di quelle forme esteriori che educano il popolo di Dio a tale senso del sacro. Il Santo Padre mette in rapporto l’“ars celebrandi” con le norme liturgiche, dicendo che questa arte di celebrare scaturisce dall’obbedienza fedele alle norme liturgiche nella loro completezza.

D. – Per riscoprire questa arte del celebrare, Benedetto XVI ha anche invitato a riscoprire l’uso della lingua latina nella liturgia, in particolare – ha detto il Papa – in alcune circostanze. Questo suo invito ha suscitato commenti di vario segno, anche negativi. Volevo chiederle: qual è la lettura corretta da dare a questa indicazione?

R. – L’Esortazione apostolica va letta per intero, altrimenti non si capisce. Il Papa afferma che in momenti straordinari e speciali – lui parla di incontri internazionali sempre più frequenti – è bene che si adoperi la lingua latina. Ma se leggiamo bene il numero 62, dice precisamente: “Per esprimere meglio l’unità e l’universalità della Chiesa, vorrei raccomandare quanto suggerito dal Sinodo dei vescovi”. Invece, ribadisce che le letture, l’omelia e la preghiera dei fedeli, le altre parti, quindi, la Liturgia della Parola si facciano nelle lingue internazionali o nella lingua nazionale dell’incontro. Quindi va letto, tutto questo, nel suo contesto.

D. – Quali tipi di problemi riscontrate, che oggi abbia la liturgia nel modo in cui viene celebrata?

R. – Senz’altro, il Papa – ripetendo quanto è stato detto al Sinodo dei vescovi – fa diversi accenni a diversi abusi, che normalmente non vengono elencati nell’Esortazione apostolica. Si rimedia agli abusi con una buona conoscenza e con un aspetto che il Papa ribadisce spesso, cioè con il “sensus fidei”, il senso ecclesiale: la liturgia è liturgia della Chiesa, non una cosa qualsiasi con la quale si possa fare quel che si vuole. E questo viene fortemente evidenziato nell’Esortazione apostolica.

D. – Quindi, è in questo senso che va letto l’annuncio di un Compendio eucaristico che il Papa fa alla fine dell’Esortazione?

R. – Infatti, è un suggerimento che era stato fatto anche al Sinodo: il Compendio è un invito, anche se pubblicato da diversi dicasteri, a riprendere tanti elementi dispersi qua e là, che possono contribuire senz’altro ad una migliore conoscenza. E il Papa termina chiedendo una buona comprensione, una migliore celebrazione e adorazione del Sacramento per una buona vita eucaristica e per l’evangelizzazione. Ecco, questa è la conclusione dell’Esortazione.
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