Gli echi della visita del Papa nel carcere minorile di Casal del Marmo: la testimonianza
della direttrice Maria Laura Grifoni
Dio “è Padre misericordioso che in Gesù ci amato oltre ogni misura” e “ci accoglie
e ci restituisce la dignità di figli suoi”. Continuano a risuonare queste parole del
Papa dentro le mura del Carcere minorile di Casal del Marmo il giorno dopo la sua
visita. Benedetto XVI ha esortato ieri i giovani detenuti a porre Dio al primo posto
nella loro vita, ricordando che occorre seguire i Comandamenti e impegnarsi nella
fatica quotidiana del lavoro con umiltà e disciplina per creare "la vera festa e la
vera libertà”. Sugli echi di questa visita Luca Collodi ha sentito la direttrice
dell’Istituto penale per i minori di Casal del Marmo, Maria Laura Grifoni:
********** R.
– Oggi si parla solo del Papa e della sua visita. L’emozione è ancora forte in tutti.
Il sorriso è rimasto e credo che rimarrà per un bel po’. Ho incontrato il ragazzo
che ha scritto la lettera che mi ha detto: “Ma pensa un po’, io ho stretto la mano
al Papa! Ma hai capito che ho stretto la mano al Papa?”. E’ la stessa sensazione che
ho io. Anch'io ho stretto la mano al Papa!
D. – Lei
ha chiesto ieri al Papa di pregare per i possibili fallimenti nel vostro processo
educativo ...
R. – Sì, siamo esseri umani. Quando
si fallisce, e le energie che si impegnano sono tante, qualche volta si pensa pure:
“Ma che lo faccio a fare? Mi demotivo ...”. E’ chiaro che, a lungo andare, il fatto
di non riuscire ad avere risultati può demotivare. Non succede, questo, ma vorrei
che non succedesse mai. Dobbiamo mantenere l’attenzione al punto giusto e non demoralizzarci
mai perché non ce l’abbiamo fatta. Non siamo onnipotenti. Possiamo anche sbagliare.
I limiti umani sono quelli. E io ritengo che la richiesta di pregare al Papa l’ho
fatta proprio perché è vero che abbiamo bisogno di sostegno, di tanto sostegno, perché
qualche volta fallire è davvero brutto!
D. – Direttrice
Grifoni, che cosa intende lei per “fallimento di un processo educativo” a Casal del
Marmo?
R. – Quando il ragazzo rientra. Esce e poi
rientra e poi rientra ancora, e poi rientra ancora e poi finisce agli “adulti”. Non
tutti, ringraziando Iddio, ma è su quei fallimenti che non dobbiamo mollare. Non bisogna
mai perdere la voglia di provarci, di provarci ancora e di riprovarci ancora, se è
necessario, perché spesso l’adolescente i risultati li dà a distanza di tempo, ha
bisogno dei suoi tempi: i suoi tempi sono diversi. E magari il seme fiorisce poi!
D.
– Ci sono dei successi che vi danno speranza, che vi danno la forza per andare avanti
nell’educazione?
R. – Sì. Tanti e significativi nello
stesso tempo. Non c’è mai nulla di perso, con questi ragazzi che hanno bisogno di
ascolto, di sostegno; avranno anche commesso dei reati, perché questo non bisogna
mai perderlo di vista: sono qua perché hanno commesso dei reati. Ma da qui a dire:
“Questo è un mostro, non farà mai niente di buono nella vita”, o “non riuscirà mai”,
è troppo! Quindi, io direi che uno su dieci va bene.
D.
– L’incontro con il Papa che cosa le ha suggerito per portare avanti la sua esperienza
all’interno del carcere?
R. – Che con il sorriso
si lavora meglio, ma si lavora molto meglio, perché la tristezza, le storie tragiche
che abbiamo intorno sono tante, i fatti gravi sono tanti. Però, forse un minimo di
sorriso aiuta tutti a stare insieme. E poi, questa carica che ha lasciato, che credo
sia una scossa, come ha detto un ragazzo: “Io ho promesso al Papa che cambio vita.
Come faccio a non cambiarla?”. **********