2007-03-19 15:31:56

Conferenza stampa di Prodi per i 50 anni dei Trattati di Roma. Mons. Giordano: "Ridare un'anima all'Europa"


Un momento politico alto a Berlino il 25 marzo prossimo e tante occasioni di celebrazioni sul territorio italiano: è quanto ha annunciato in conferenza stampa a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio, Romano Prodi, in occasione del 50° dei Trattati di Roma, con cui nasceva la Comunità Economica Europea. C’era per noi Fausta Speranza:

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Si festeggia l’Europa della democrazia, della partecipazione e dei giovani, insomma – sottolinea Prodi – la società civile europea, formata oggi da 485 milioni di persone. Ma il premier annuncia poi l’appuntamento sul piano politico, perché – avverte - non sia solo cerimonia del passato: i leader europei riuniti il 25 marzo, a Berlino si impegneranno in una Dichiarazione comune definita "solenne". “L’integrazione europea – afferma Romano Prodi – non è un’opzione”: nessun singolo Paese avrebbe la possibilità di far sentire la propria voce nel mondo globalizzato. Superata la fase di stallo seguita al ‘no’ alla Costituzione, si deve arrivare alle prossime elezioni politiche europee del 2009 in grado di essere presenza significativa nel mondo. “No a un mini-Trattato, dunque, – afferma Prodi – ma sì a un Trattato vero e forte”:
 
"Siamo la più grande struttura economica del mondo e abbiamo la grande responsabilità per il futuro della politica e dell'economia mondiale. Finora non l'abbiamo potuta esercitare a sufficienza, a causa delle nostre divisioni. Adesso incomincia un periodo in cui l'Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile tra i leader della politica e dell'economia mondiale. Nella politica estera, ci si è resi conto - e questo è arrivato a livello popolare - che la mancanza di una posizione europea è stata un danno oggettivo per la pace".

In vista di Berlino, il presidente del Consiglio Prodi incontra oggi pomeriggio il cancelliere tedesco Angela Merkel e domani il presidente del Parlamento europeo, Poettering. Ci sono poi gli appuntamenti celebrativi in Italia. Impossibile citarli tutti: eventi storici e artistici, come la mostra alla Farnesina di documenti relativi a questi 50 anni; dibattiti e momenti di festa, come lo spazio speciale al Museo dei bambini di Roma; momenti di confronto a livello di Comuni o per categorie, come avvocati, astronauti, oppure il congresso dei vescovi europei su “Valori e prospettive del futuro”.
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L’importante cinquantenario dei Trattati di Roma è un avvenimento che non coinvolge, dunque, soltanto il mondo politico ed economico europeo ma anche quello ecclesiale. La Chiesa infatti, nella sua dimensione universale è chiamata ad interrogarsi sul cammino di integrazione europea, a partire dal contributo che il messaggio cristiano può dare ai popoli ed alle nazioni del Continente. Al riguardo Luca Collodi ha intervistato il segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), mons. Aldo Giordano: RealAudioMP3

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R. – Credo che la Chiesa e i cristiani siano molto attenti alle domande di fondo che gli europei hanno: sul senso della vita, sul senso del dolore; hanno delle grosse domande in campo etico; hanno delle domande su come convivere all’interno delle frontiere europee ma anche su come convivere con il resto del mondo, come confrontarsi con le grandi tragedie dell’umanità. Davanti a queste domande, le Chiese vogliono dare il loro contributo e noi pensiamo che il cristianesimo e il Vangelo abbiano qualcosa di molto serio da dire proprio su queste domande, a cominciare da quella sul senso della vita, a quella sul convivere tra le persone, a quella del rispondere alle sfide mondiali.

 
D. – Per la costruzione dell’Europa, i valori spirituali, quanto sono importanti?

 
R. – Fondamentali, perché la dimensione spirituale è una dimensione di fondo della persona umana, e quindi se non si considera questo e in maniera unilaterale si serbano altre dimensioni dell’uomo, come esclusivamente la dimensione corporea o solo la dimensione del lavoro o solo quella dei ritmi economici, e la visione dell’uomo diventa non armonica, in qualche maniera diventa mostruosa, e quindi si perde la realtà dell’uomo. E’ una questione di salvare la realtà profonda dell’uomo stesso e la dimensione spirituale è proprio quella che tocca le questioni di fondo dell’uomo, e tocca soprattutto le questioni dell’apertura dell’uomo sul trascendente: è molto diversa la visione di un uomo che è limitato al terrestre, che quindi vive i suoi 50 o 100 anni sulla terra e poi tutto è finito, rispetto ad una visione dell’uomo dove l’uomo è addirittura aperto sulla dimensione dell’eterno. L’aprire il cielo azzurro dell’eternità sull’Europa forse è il compito più grande che i cristiani possono donare all’Europa!

 
D. – Mons. Giordano, ultimamente, il dibattito europeo sulla laicità si è fatto a volte aspro ...

 
R. – Diciamo che c’è una sana laicità anche in Europa, quindi è una laicità su cui troviamo il consenso anche delle Chiese, che vuol dire la giusta distinzione tra il sacro e il profano, tra l’ambito pubblico e l’ambito religioso, tra Cesare e Dio, e questa giusta distinzione è importante. Però, questo spazio di distinzione, nell’attuale Europa, diventa il luogo della tentazione di non distinguere, ma di separare, addirittura di opporre. Ed è questo che credo sia molto distruttivo: opporre la dimensione religiosa e la dimensione pubblica. Questa è una tentazione. Il rischio è sempre il modo di vivere la libertà, il modo di interpretare la libertà come qualcosa di autosufficiente, dove l’uomo dice: “Decido io di tutto, decido io dei valori morali, decido io del bene e del male, decido io cosa fare della mia vita, decido io da solo”: è una libertà vissuta nella solitudine! Oggi in Europa si sperimenta molto questa solitudine. L’altra decisione, invece, è quella di una libertà che si confronta con l’altro, con il prossimo e con la dimensione divina, con la dimensione trascendente!

 
D. – Per qualche osservatore, l’Europa avrebbe perso la sua forza propulsiva: lei è d’accordo?

 
R. – L’Europa ha una grande ricchezza, una ricchezza che attualmente ci sembra un po’ impazzita. Ma se noi riuscissimo a ridare un’anima, ridare – io penso attraverso il cristianesimo, attraverso le forze migliori che ci sono in Europa – noi ridessimo una luce, questa luce rimetterebbe ordine nelle idee europee, rimetterebbe ordine tra le scienze e questo sarebbe il contributo che l’Europa è chiamata a dare al mondo. E un’Europa che riscoprisse la sua vocazione e la sua identità, sarebbe anche capace di accogliere i contributi degli altri continenti. Quindi, l’Europa ha qualcosa di importante da dire, però non deve fare male a se stessa: deve riscoprire ciò che è.

 
D. – In questo 50. mo anniversario della firma dei Trattati di Roma, quale può essere l’augurio migliore che i cristiani possono fare all’Europa?

 
R. – Un’Europa che abbia una luce, che abbia l’umiltà di riandare a trovare la luce, un’Europa che scopra soprattutto – io credo – attraverso il cristianesimo, la sua vocazione mondiale, perché il cristianesimo è "cattolico", universale; è interessante notare che le Chiese non hanno mai visto un’Europa divisa da un muro, ma hanno sempre considerato tutta l’Europa! La Chiesa guarda sempre al di là delle frontiere e dei muri, e la Chiesa comprende sempre l’Europa vista nel contesto mondiale, quindi vuole un’Europa più unita, più stabile, più capace di contribuire all’umanità.
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