2007-03-16 12:52:55

Resa nota la Dichiarazione finale dell’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita


“Perché l'uomo possa essere guidato dai giudizi della sua coscienza morale ad agire sempre per realizzare il bene nella verità, è necessario che egli ne curi con ogni impegno la formazione continua, nutrendola con quei valori che corrispondono alla dignità della persona umana, alla giustizia e al bene comune”. E’ quanto afferma la Dichiarazione finale resa nota oggi dalla Pontificia Accademia per la Vita, a conclusione della sua XIII Assemblea generale e del Congresso internazionale, tenutosi in Vaticano nel febbraio scorso sul tema: "La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita". “La coscienza del cristiano, in particolare – prosegue la Dichiarazione - è illuminata pienamente nella sua ricerca del bene dall'incontro costante con la Parola di Dio, compresa e vissuta nella comunità cristiana, secondo gli insegnamenti del Magistero. Questa esigenza di continua formazione ed approfondimento della coscienza, si rende oggi del tutto evidente di fronte all'emergenza di tante problematiche culturali e sociali che toccano il diritto alla vita nell'ambito della famiglia, nell'assunzione dei compiti propri dell'essere coniugi e genitori, nelle professioni sanitarie e nei compiti politici”. La Dichiarazione sottolinea il fatto che “non possono essere taciute le numerose difficoltà che la coscienza cristiana dei credenti incontra oggi nei suoi giudizi e nel suo percorso formativo, a causa del contesto culturale in cui si trova immersa la vita dei credenti, un contesto in cui si sperimenta la crisi di ‘autorità’, la perdita della fede e spesso una tendenza a rifugiarsi in forme di razionalismo estremo. Altra coordinata che mette alla prova la coscienza cristiana, oltre quella culturale, è costituita dalle norme giuridiche vigenti, sia quelle codificate sia quelle definite dai tribunali e dalle sentenze dei tribunali, che, in misura crescente e sotto una forte pressione di gruppi coalizzati e influenti, hanno aperto e stanno aprendo la breccia rovinosa delle depenalizzazioni: si prevedono eccezioni al diritto individuale alla vita, si vanno legittimando sempre più diversi attentati contro la vita umana, finendo di fatto per disconoscere che la vita è il fondamento di ogni altro diritto della persona, e che il rispetto dovuto alla dignità di ogni essere umano è il fondamento della libertà e della responsabilità”. Sul fronte delle questioni sanitarie – precisa il comunicato – acquista oggi “maggiore rilievo l'esercizio doveroso, di una ‘coraggiosa obiezione di coscienza’, da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo. Ma, allo stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all'obiezione di coscienza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l'accettazione dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento ‘destabilizzante’ del quietismo delle coscienze”. La Dichiarazione sottolinea “come, in particolare per le professioni sanitarie, sia difficile l'esercizio del diritto all'obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene generalmente riconosciuto solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni”. Secondo il comunicato “sempre più opportuna appare una mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela della vita umana, una mobilitazione che si deve estendere anche a livello politico”. Infine si ripropone “con convinzione l'insegnamento specifico in materia di obiezione di coscienza dell'Enciclica Evangelium Vitae” in particolare “nella prospettiva dell'adesione dei cristiani ai programmi proposti dai partiti politici” così come si auspica “una legislazione che completi l'Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948, per garantire il diritto all'obiezione di coscienza e difendere questo diritto contro ogni discriminazione nei campi del lavoro, dell'educazione e dell'attribuzione dei benefici da parte dei governi”.







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