2007-03-08 14:41:00

Il neopresidente della CEI, Angelo Bagnasco, alla Radio Vaticana: la Chiesa italiana custodisce un particolare legame con la Sede di Pietro


Legame particolare della Chiesa italiana con il Papa, testimonianza decisa dell'identità cristiana nel sociale, maggiore attenzione alla formazione dei cristiani e difesa di alcuni valori non negoziabili: sono alcuni dei punti toccati dal nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, nell'intervista rilasciata alla nostra emittente. Ascoltiamo il presule al microfono di Luca Collodi: RealAudioMP3  
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D. – Mons. Bagnasco, come si può essere oggi in Italia testimoni della fede?

 R. – Anzitutto, credo, con la gioia della fede. Testimoniare la serenità della fede cristiana, della vita cristiana, nonostante il grande impegno che questo comporta, la serietà che questo comporta. Credo che questo sia la prima forma per annunciare la bellezza del Vangelo. Bisogna anche – a mio avviso – aggiungere una maggiore preparazione culturale dei credenti, perché le sfide di oggi, di carattere sia culturale, sia sociale, richiedono anche la capacità di argomentazione sia per quanto attiene le ragioni della fede cristiana e cattolica, sia per quanto attiene l’affronto dei gradi temi sensibili che oggi sono in atto.

 
D. – Mons. Bagnasco, il ruolo dei movimenti ecclesiali e delle parrocchie in Italia…

 
R. – Anzitutto bisogna ricordare che il cattolicesimo in Italia è radicato profondamente nel territorio, attraverso le circa 26 mila parrocchie che sono disseminate in tutto il Paese. Questi sono presidi della fede. Sia le parrocchie, sia le aggregazioni sono, rimangono e rimarranno punti essenziali della visibilità, della concretezza della Chiesa e delle vicinanza alla gente della maternità della Chiesa.

 
D. – Come risolvere il problema dell’identità cristiana, dell’identità cattolica sul fronte sociale?

 
R. – Credo, anzitutto, con un atteggiamento di serenità, di semplicità, di convinzione. Quanto si è convinti delle proprie idee di fede e, comunque, di ragione si pone – credo – rispetto al resto, anche alle diversità, con un atteggiamento non aggressivo, ma sereno e di confronto. Detto questo - come premessa generale, come approccio e come metodo - dobbiamo veramente scoprire e riscoprire e consolidare quello che si ha. Non è che nascondendo o avendo una percezione debole di ciò che siamo, possiamo essere più dialoganti e propositivi verso tutti. Semmai è il contrario.

 
D. – Per i laici impegnati nel sociale e nella politica ci sono, quindi, dei valori non negoziabili?

 
R. – Ci sono dei punti, dei valori, delle colonne portanti della persona che asseriscono alla persona umana dei confini che non sono assolutamente valicabili. Perché valicare certi confini - che sono propri, che definiscono, che configurano la profondità dell’essere umano e di tutto ciò che ne consegue - significa andare contro l’uomo e non liberare l’uomo.

 
D. – La Chiesa italiana come deve guardare al Magistero del Papa?

 
R. – Con gratitudine, con grande gratitudine. Il Magistero del Santo Padre rappresenta uno dei tesori fondamentali della Chiesa. Se questo vale per tutta la Chiesa cattolica, direi che a maggior ragione, in un certo senso, vale per la Chiesa in Italia in quanto il Papa in Italia sostanzialmente è il vescovo di Roma, ma è anche il Primate d’Italia. Certo è che l’Italia ha con il Papa un legame di immediatezza, unico nel mondo. Questa immediatezza, chiaramente, non è soltanto logistica, di vicinanza fisica, ma ha anche creato una vicinanza affettiva e di fede. Questa si esprime in mille modi, che dobbiamo custodire gelosamente ed esprimere con grande gratitudine.
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