Annunciare la verità con coraggio: sulle priorità per i media di oggi, richiamate
da Benedetto XVI, è in corso in Vaticano la plenaria del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali
Si è aperta ieri nell’Aula Vecchia del Sinodo, in Vaticano, l'Assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Tema dell'incontro, che si concluderà
venerdì 9 marzo, è “Le priorità nelle comunicazioni sociali, per la Chiesa e per il
nostro Consiglio”. Proprio nel suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali
di quest’anno, Benedetto XVI ha indicato alcune grandi sfide con le quali tutti gli
operatori della comunicazione devono confrontarsi. In particolare, il Papa ha rivolto
un appello ai media di oggi, affinché siano “responsabili”, “protagonisti della verità
e promotori della pace”. Una riflessione sulle priorità per i media cattolici ci viene
offerta da Paolo Bustaffa, direttore dell’agenzia SIR, intervistato da Alessandro
Gisotti:
********** R.
– Io vorrei rispondere con una frase che Benedetto XVI pronunciò ricevendo in udienza
il 2 giugno scorso i media cattolici, i media della Conferenza episcopale italiana
e quindi anche l’agenzia SIR, e la frase è questa: “Costruire ponti di comprensione
e comunicazione tra l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica”. Questo, credo,
sia un primo compito fondamentale che racchiude poi tutte le grandi questioni che
riguardano il linguaggio, che riguardano la professionalità, la credibilità e l’attendibilità
del nostro servizio. Quindi, questo costruire ponti significa davvero mettersi in
un atteggiamento di ascolto e racconto della realtà, cercando di individuare i valori,
gli ideali più sentiti, più veri, quelli che danno significato pieno alla vita di
ogni persona, di una società e di una comunità.
D.
- La Chiesa e il Papa annunciano un messaggio. Spesso, però - basti pensare al caso
clamoroso del discorso di Ratisbona - i media offrono un’informazione parziale, se
non addirittura strumentale. Cosa possono fare i media cattolici per far passare la
notizia in modo corretto e completo?
R. - Non è un
lavoro facile, perché una volta che i “potenti”, i “grandi” mezzi di comunicazione
stravolgono un messaggio, è davvero molto difficile per noi cercare di offrire degli
elementi conoscitivi più profondi, più attendibili, più credibili perché l’opinione
pubblica, le persone possano rendersi conto davvero di quello che è stato detto, di
quello che è il pensiero, di chi ha parlato.
D. -
Nel messaggio per l’ultima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, il Papa
ha esortato i media di oggi ad essere protagonisti della verità. Come mettere in pratica
questa esortazione nell’era della globalizzazione che propone spesso messaggi anche
confusi?
R. – Io credo che sia possibile, grazie
a un percorso che attraversi le coscienze delle persone. Il nostro compito è quello
davvero di stimolare domande, di stimolare il desiderio di cercare la verità, cercare
risposte che siano nel senso della verità. Questo credo lo si possa fare, si possa
raggiungere tale obiettivo mettendo tutta la professionalità possibile - è un tema
che continuamente richiamiamo - ma avendo noi stessi poi passione per la verità, quindi
mettendoci anche noi alla ricerca della verità, insieme a tutti coloro ai quali noi
ci rivolgiamo. **********
Quali, invece, le priorità in un mezzo di
comunicazione cattolico che opera a livello locale? Al microfono di Alessandro Gisotti,
risponde Claudio Mazza, vicedirettore de “Il Segno”, mensile della diocesi
di Milano, voluto nel 1961 dall’allora cardinale Giovanni Battista Montini: ********** R.
- La priorità è sostanzialmente ancora quella dettata da Montini con molta lungimiranza
allora, già dal nome, lui lo volle chiamarlo “Il Segno” perché fosse un segno della
presenza della Chiesa nella società, attraverso le parrocchie le famiglie e le famiglie
cristiane. Questo è il senso della sua analisi di allora. Di pari passo doveva essere
una specie di supporto ai bollettini parrocchiali. E’ uno strumento laico a servizio
della Chiesa di Milano. Di fatto ci sono giornalisti professionisti, quindi non ha
niente da invidiare agli altri mensili, agli altri settimanali. L’obiettivo che ci
poniamo è quello di essere presenti all’interno del tessuto sociale e culturale della
diocesi ambrosiana. Questo deve interagire con lo stesso territorio e in un contesto
di verità e di regole, avendo sempre davanti il bene della persona, della comunità.
Certo in un confronto aperto con tutte le culture e le persone che convivono con noi
in questo luogo e del nostro tempo.
D. - Qual è la
risposta dei lettori, che cosa apprezzano in particolare del “Segno”, e com’è cambiata
nel tempo la percezione da parte dei fedeli di questo mezzo di comunicazione diocesano?
R.
- La percezione del mezzo è pressoché identica, questo per un motivo semplice, cioè
che al “Segno” nella stragrande maggioranza sono collegate poi delle pagine di informatori
locali, pagine locali a lui più vicine. Bollettini che raccontano la vita della parrocchia,
la vita dell’associazione, dei movimenti, tutto quello che ruota attorno alla comunità
cristiana, e questo è il primo dato di lettura. Poi c’è un secondo dato di lettura:
non diamo un’attenzione solo al particolare che è la comunità, ma al tessuto diocesano
e alla Chiesa in Italia e nel mondo. *********