Sulla centralità della preghiera nella vita dei cristiani, sottolineata dal Papa
all’Angelus, la riflessione del padre liturgista, Ildebrando Scicolone
La preghiera “non è un optional, ma è questione di vita o di morte”. E’ quanto
affermato, ieri, da Benedetto XVI all’Angelus. “Solo chi prega”, ha ribadito il Papa,
“può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”. D’altro canto, il Pontefice ha
voluto sottolineare che “per un cristiano pregare non è evadere dalla realtà e dalle
responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore
fedele e inesauribile del Signore”. Proprio su quest’ultimo passaggio, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Ildebrando Scicolone,professore
di Liturgia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma:
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- Normalmente si pensa che la preghiera sia quasi un’alienazione. Si pensa che uno
esce dal tessuto normale della sua vita e pensa a Dio, pensa alle cose spirituali
e basta. Invece, il Papa sottolinea che Gesù non esce dalla storia nella quale con
l’Incarnazione è entrato. Così, quando noi preghiamo, non preghiamo mai esulando dalla
situazione in cui siamo. Nella preghiera delle lodi, la Chiesa loda, sì, il Signore,
però poi ci sono le preci cioè le invocazioni o le intercessioni. Si chiede l’aiuto
di Dio per la nostra giornata, per le varie situazioni del mondo, per le varie categorie
di persone, preghiamo per tutti i bisogni dell’umanità. Questo lo tiene sempre presente
anche la liturgia.
D. – Si può dire dunque che la
preghiera che è atto intimamente personale, non è mai però soltanto individualista.
C’è sempre un pregare assieme…
R. – Sì, c’è una bellissima
espressione di San Cipriano che dice: “Il cristiano anche se prega in privato, non
prega mai da privato”. In altre parole, è sempre inserito nel corpo di Cristo, è sempre
un membro dell’umanità, un membro della Chiesa che prega e prega facendo proprio la
preghiera del Signore Gesù. Gesù non ci ha insegnato a dire: “Padre mio che sei nei
cieli…”, ma ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli…”: nostro significa che
noi siamo inseriti in una comunità di figli che anche se ognuno prega per conto proprio
è sempre nell’insieme della comunità.
D. – Gesù,
ha detto il Papa all’Angelus, ci mostra che la vera preghiera consiste "nell’unire
la nostra volontà a quella di Dio". Come ci aiuta la Chiesa in questo compito che
sembra umanamente impossibile: addirittura unire la nostra volontà a quella del Creatore?
R.
– Nel “Padre Nostro” Gesù ci ha insegnato a dire “sia fatta la tua volontà” e questa
è la preghiera che è sempre accettata. Non basta, però, dirlo con la bocca “sia fatta
la tua volontà” se poi uno non cerca di farla concretamente. Chi ascolta la volontà
di Dio, il piano di Dio e poi non lo mette in pratica, non ha concluso niente. E'
come l’uomo, dice Gesù, che ha costruito la casa sulla sabbia. Allora, se noi diciamo
sia fatta la tua volontà è perché riconosciamo che la sua volontà è il nostro bene!
San Paolo dice che è la nostra santificazione. Noi dobbiamo realizzare non un nostro
progetto perché non ci siamo fatti da noi, noi dobbiamo realizzare il progetto di
Colui che ci ha fatti.
D. – Nel Mercoledì delle Ceneri,
il Papa ha sottolineato che le opere di carità, la preghiera e il digiuno, sono "armi
spirituali" per combattere il male. Come vivere queste dimensioni, specie in un tempo
forte come la Quaresima?
R. – Il fatto che Luca ieri
sottolineava che Gesù si è trasfigurato mentre pregava, ci dice intanto che la preghiera
ci trasfigura grazie al contatto con il volto di Dio, che noi non vediamo con gli
occhi del corpo ma vediamo nella fede! Al contatto con il sorriso di Dio, anche il
nostro volto si illumina e si trasfigura. Gesù ci ha mostrato quindi come non soltanto
per Lui ma per ogni uomo, per ogni cristiano, a contatto con Dio, avvenga questa trasfigurazione.
Dunque la preghiera ci mette in contatto con Dio e fare la volontà di Dio significa
principalmente osservare poi quelli che sono i comandamenti del Signore Gesù, cioè
l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Uno non può amare Dio, diceva San Giovanni,
se non ama il prossimo che vede. Dalla preghiera scaturisce l’impegno della carità. **********