La Civiltà Cattolica interviene sui DICO denunciando la logica libertaria sottesa
al Disegno di legge, per trasformare i desideri individuali in diritti
Le “cosiddette unioni di fatto”, il tema affrontato da padre Michele Simone, nell’editoriale
pubblicato nell’ultimo numero in uscita de La Civiltà Cattolica. “Una prima valutazione
in attesa che si compia o (si interrompa?)” - scrive il gesuita – l’iter parlamentare
del Disegno di legge approvato il 21 febbraio dal Consiglio dei Ministri sui “Diritti
e doveri delle persone stabilmente Conviventi (DICO)”. Il servizio di Roberta Gisotti:
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chi cerca di sminuire la portata sovversiva dei DICO adducendo che “si tratta soltanto
del riconoscimento di diritti dovuti”, padre Simone obietta che è piuttosto “il frutto
dell’ideologia dominante del ‘genere’ nella società occidentale, in forza della quale
non esisterebbe alcuna struttura oggettiva ‘naturale’, ma tutto sarebbe frutto di
libera opzione culturale, che permetterebbe di scegliere all’interno di una vasta
gamma di opzioni libere: matrimonio tra eterosessuali, convivenza libera tra eterosessuali,
unione tra omosessuali e così via.”
Citando quindi l’economista Premio Nobel,
Amartya Sen, padre Simone invita a diffidare della “logica libertaria di non interferenza,
secondo la quale ciascuno dovrebbe essere lasciato libero di perseguire lo stile di
vita che più gli aggrada”: qui è “la differenza sostanziale tra la società liberale
e la condizione libertaria; caratterizzata quest’ultima dal protagonismo onnipotente
delle preferenze individuali”. Si arriva al cuore del dibattito sui DICO “che rischia
di essere banalizzato nella richiesta libertaria di riconoscere natura di diritto
alle preferenze dell’individuo”. Allora “non avremo alcuna ragione – annota l’editorialista
de La Civiltà Cattolica - per impedire agli interessati (sempre più numerosi) di praticare
anche in Italia la poligamia ammessa dalla propria religione”.
Riguardo le
unioni omosessuali, padre Simone denuncia “una realtà non parallela ma contraria alla
famiglia fondata sul matrimonio”. Mentre le unioni eterosessuali si configurano un’alternativa
“al matrimonio” e quindi “al dettato dell’art. 29 della Costituzione”, tanto più incidente
“per la genericità che i DICO implicano oltre a diritti anche a doveri: sembra che
questi doveri – sottolinea il padre gesuita – siano limitati al corretto adempimento
delle norme della legge per ottenere i diritti”. Mentre “la precarietà, conseguente
alla facilità di dichiarare chiusa l’unione” è un “altro aspetto pericoloso” delle
normativa, oltre alle “possibili scappatoie e strumentalizzazioni di eventuali unioni”,
come ad esempio “tra persone anziane e loro assistenti”. “Tutte le leggi – chiosa
padre Simone - oltre a normarli, influenzano i comportamenti”. Meglio sarebbe “da
una parte tutelare meglio i diritti delle persone e dall’altra togliere di mezzo i
tanti ostacoli che inducono i giovani alla precarietà delle unioni e alla rinuncia
o al gravissimo ritardo del matrimonio”. “Forse il Governo - conclude padre Simone
- troppo occupato a difendere la propria ‘sopravvivenza’, stenta a stilare, secondo
il bene comune, la lista delle priorità politiche.” *********