2007-03-02 14:48:44

La Civiltà Cattolica interviene sui DICO denunciando la logica libertaria sottesa al Disegno di legge, per trasformare i desideri individuali in diritti


Le “cosiddette unioni di fatto”, il tema affrontato da padre Michele Simone, nell’editoriale pubblicato nell’ultimo numero in uscita de La Civiltà Cattolica. “Una prima valutazione in attesa che si compia o (si interrompa?)” - scrive il gesuita – l’iter parlamentare del Disegno di legge approvato il 21 febbraio dal Consiglio dei Ministri sui “Diritti e doveri delle persone stabilmente Conviventi (DICO)”. Il servizio di Roberta Gisotti: RealAudioMP3

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A chi cerca di sminuire la portata sovversiva dei DICO adducendo che “si tratta soltanto del riconoscimento di diritti dovuti”, padre Simone obietta che è piuttosto “il frutto dell’ideologia dominante del ‘genere’ nella società occidentale, in forza della quale non esisterebbe alcuna struttura oggettiva ‘naturale’, ma tutto sarebbe frutto di libera opzione culturale, che permetterebbe di scegliere all’interno di una vasta gamma di opzioni libere: matrimonio tra eterosessuali, convivenza libera tra eterosessuali, unione tra omosessuali e così via.”

Citando quindi l’economista Premio Nobel, Amartya Sen, padre Simone invita a diffidare della “logica libertaria di non interferenza, secondo la quale ciascuno dovrebbe essere lasciato libero di perseguire lo stile di vita che più gli aggrada”: qui è “la differenza sostanziale tra la società liberale e la condizione libertaria; caratterizzata quest’ultima dal protagonismo onnipotente delle preferenze individuali”. Si arriva al cuore del dibattito sui DICO “che rischia di essere banalizzato nella richiesta libertaria di riconoscere natura di diritto alle preferenze dell’individuo”. Allora “non avremo alcuna ragione – annota l’editorialista de La Civiltà Cattolica - per impedire agli interessati (sempre più numerosi) di praticare anche in Italia la poligamia ammessa dalla propria religione”.

Riguardo le unioni omosessuali, padre Simone denuncia “una realtà non parallela ma contraria alla famiglia fondata sul matrimonio”. Mentre le unioni eterosessuali si configurano un’alternativa “al matrimonio” e quindi “al dettato dell’art. 29 della Costituzione”, tanto più incidente “per la genericità che i DICO implicano oltre a diritti anche a doveri: sembra che questi doveri – sottolinea il padre gesuita – siano limitati al corretto adempimento delle norme della legge per ottenere i diritti”. Mentre “la precarietà, conseguente alla facilità di dichiarare chiusa l’unione” è un “altro aspetto pericoloso” delle normativa, oltre alle “possibili scappatoie e strumentalizzazioni di eventuali unioni”, come ad esempio “tra persone anziane e loro assistenti”. “Tutte le leggi – chiosa padre Simone - oltre a normarli, influenzano i comportamenti”. Meglio sarebbe “da una parte tutelare meglio i diritti delle persone e dall’altra togliere di mezzo i tanti ostacoli che inducono i giovani alla precarietà delle unioni e alla rinuncia o al gravissimo ritardo del matrimonio”. “Forse il Governo - conclude padre Simone - troppo occupato a difendere la propria ‘sopravvivenza’, stenta a stilare, secondo il bene comune, la lista delle priorità politiche.”
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