Albania/Italia: Visita a Tirana di una delegazione CEI
TIRANA, 3mar07 - “Nonostante la crescente secolarizzazione e l’imporsi dei costumi
occidentali, il senso religioso dei giovani in Albania è ancora forte”. È il parere
di mons. George Frendo, vescovo ausiliare di Tirana-Durazzo, che ieri ha incontrato
la delegazione della Conferenza episcopale italiana in visita nei Balcani per promuovere
l’“Agorà dei giovani del Mediterraneo”. “A Tirana – ha spiegato mons. Frendo - arrivano
studenti universitari da tutta l’Albania, vivono nei convitti e vanno nelle loro case
solo nel fine settimana. Ma la domenica sera ritornano per partecipare all’incontro
dei giovani”. Circa le necessità dei giovani vi è stato uno scambio di vedute anche
con il direttore di Caritas Albania, Tom Preku. “Come Caritas stiamo lavorando
sulla diffusione delle ‘buone pratiche’, soprattutto verso i giovani”, ha spiegato
il direttore. “È molto importante – ha sottolineato Preku – far capire come funziona
la democrazia: qui hanno ancora una mentalità del potere legata al passato e agli
anni della dittatura. Trasferire ai giovani ‘buone pratiche’ può accelerare lo sviluppo
e l’integrazione, anche in un’ottica europea”. Per questo il direttore della Caritas
“apprezza” e offre “pieno sostegno” all’Agorà del mediterraneo, come occasione di
“interazione tra giovani di diversi Paesi e differenti culture”. La delegazione
della CEI ha incontrato anche il nunzio apostolico in Albania, mons. Giovanni Bulaitis.
“In Albania manca il clero locale – ha osservato l’arcivescovo -, oltre 150 sacerdoti
hanno perso la vita negli anni del regime e oggi i sacerdoti presenti sono per la
maggior parte missionari”. Il presule si è poi soffermato sul rapporto tra lo stato
albanese e le confessioni religiose. “Le istituzioni faticano a distinguere tra organizzazioni
non governative, enti ecclesiastici, come pure tra confessioni religiose e sette.
Non sanno riconoscere le peculiarità di ogni Chiesa, e così si arriva a dei paradossi”:
i convitti e le case per gli indigenti gestite dalle suore “sono stati accomunati,
a livello fiscale, agli alberghi, con la giustificazione che ‘producono business’,
senza capire che si tratta di un servizio pubblico e non di un’attività lucrativa”.
Vi è un accordo tra lo Stato e la Chiesa cattolica, ma la sua applicazione “è resa
ancora difficile dai funzionari locali”. (Sir –MANCINI)