2007-02-28 14:33:45

Il prof. Cassese ai nostri microfoni: la comunità internazionale si ribelli ai crimini commessi in Darfur


I crimini commessi in Darfur non devono restare impuniti. E’ l’auspicio delle molte organizzazioni per i diritti umani, dopo la decisione presa ieri dal procuratore della Corte Penale Internazionale, Luís Moreno Ocampo, di incriminare i responsabili degli eccidi commessi nella regione. Spiccati i primi mandati di comparizione, con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità, per l'ex ministro degli Interni del Sudan e un capo della milizia dei famigerati janjaweed. Quattro anni di guerra in Darfur sono costati sinora la vita ad almeno 200 mila persone. Sulle decisioni della Corte Penale Internazionale, Fabio Colagrande ha intervistato Antonio Cassese, docente di Diritto internazionale all'Università di Firenze, fondatore del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia e già presidente della Commissione internazionale d'inchiesta dell’ONU sui crimini commessi in Darfur: RealAudioMP3  
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 R. – Devo dire che non si tratta di un grande passo, non si tratta di un passo molto significativo: il procuratore ci ha messo 20 mesi per compiere queste indagini e avrebbe, quindi, potuto benissimo incriminare personaggi anche molto più importanti, che sono al vertice di Khartoum. Si tratta di due mandati di comparizione diretti all’ex ministro degli Interni che è ora addirittura agli Affari Umanitari (e figuriamoci che è accusato di crimini gravissimi), e di un ex leader dei janjaweed, che è ora un assistente poliziotto. Non sono, quindi, stelle di prima grandezza. La Commissione internazionale di inchiesta, creata da Kofi Annan e dal Consiglio di Sicurezza e che io ho presieduto tra il 2004 e il 2005, aveva elencato in un documento segreto ben 51 persone, con nomi, cognomi e fatti loro attribuiti, e tra queste persone vi erano personaggi di altissimo livello. Sarebbe stato, quindi, più drammatico e più incisivo agire proprio contro questi personaggi. Dunque si tratta di un passo, un piccolo, piccolissimo passo, ma certamente è un passo che va nella giusta direzione. Spero che tra breve il procuratore faccia degli altri importanti passi per incriminare altre persone, perché purtroppo dal gennaio 2005, quando noi consegnammo il Rapporto a Kofi Annan, la situazione non è solo migliorata, ma si è addirittura aggravata: crimini orribili contro quei poveri sudanesi del Darfur vengono commessi ogni giorno ed ogni giorno vengono violentate donne, uccisi bambini, uccisi civili; vengono massacrate intere popolazioni. E’ bene che la Comunità internazionale si ribelli, si indigni verso quello che continua ad avvenire.

 
D. – Un’incriminazione che potrebbe avere anche dei risvolti dal punto di vista internazionale?

 
R. – Certo, perché è chiaro che Khartoum ha già detto che naturalmente non eseguirà mai i mandati di cattura, se verranno chiesti. Io spero che la Corte emetta dei mandati di cattura e se non verranno eseguiti, la Corte si dovrà rivolgere al Consiglio di Sicurezza, affinché si faccia qualcosa di serio contro questi due signori ed imponga al Sudan di catturarli e di consegnarli alla Corte Penale Internazionale. Speriamo che tutto questo scuota le coscienze, perché bisogna ribellarsi contro queste cose indegne che avvengono in Darfur. Le grandi potenze si devono finalmente dar da fare per imporre al Sudan di agire, anche se purtroppo il Sudan ha l’aiuto, considerevolissimo, della Cina perchè il 60 per cento del petrolio del Sudan va in Cina. Ci sono, quindi, interessi economici che naturalmente per la Cina prevalgono sul rispetto dei diritti umani.

 
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