Il prof. Cassese ai nostri microfoni: la comunità internazionale si ribelli ai
crimini commessi in Darfur
I crimini commessi in Darfur non devono restare impuniti. E’ l’auspicio delle molte
organizzazioni per i diritti umani, dopo la decisione presa ieri dal procuratore della
Corte Penale Internazionale, Luís Moreno Ocampo, di incriminare i responsabili degli
eccidi commessi nella regione. Spiccati i primi mandati di comparizione, con l’accusa
di crimini di guerra e contro l’umanità, per l'ex ministro degli Interni del Sudan
e un capo della milizia dei famigerati janjaweed. Quattro anni di guerra in Darfur
sono costati sinora la vita ad almeno 200 mila persone. Sulle decisioni della Corte
Penale Internazionale, Fabio Colagrande ha intervistato Antonio Cassese,
docente di Diritto internazionale all'Università di Firenze, fondatore del Tribunale
penale per l’ex Jugoslavia e già presidente della Commissione internazionale d'inchiesta
dell’ONU sui crimini commessi in Darfur: **********
R.
– Devo dire che non si tratta di un grande passo, non si tratta di un passo molto
significativo: il procuratore ci ha messo 20 mesi per compiere queste indagini e avrebbe,
quindi, potuto benissimo incriminare personaggi anche molto più importanti, che sono
al vertice di Khartoum. Si tratta di due mandati di comparizione diretti all’ex ministro
degli Interni che è ora addirittura agli Affari Umanitari (e figuriamoci che è accusato
di crimini gravissimi), e di un ex leader dei janjaweed, che è ora un assistente poliziotto.
Non sono, quindi, stelle di prima grandezza. La Commissione internazionale di inchiesta,
creata da Kofi Annan e dal Consiglio di Sicurezza e che io ho presieduto tra il 2004
e il 2005, aveva elencato in un documento segreto ben 51 persone, con nomi, cognomi
e fatti loro attribuiti, e tra queste persone vi erano personaggi di altissimo livello.
Sarebbe stato, quindi, più drammatico e più incisivo agire proprio contro questi personaggi.
Dunque si tratta di un passo, un piccolo, piccolissimo passo, ma certamente è un passo
che va nella giusta direzione. Spero che tra breve il procuratore faccia degli altri
importanti passi per incriminare altre persone, perché purtroppo dal gennaio 2005,
quando noi consegnammo il Rapporto a Kofi Annan, la situazione non è solo migliorata,
ma si è addirittura aggravata: crimini orribili contro quei poveri sudanesi del Darfur
vengono commessi ogni giorno ed ogni giorno vengono violentate donne, uccisi bambini,
uccisi civili; vengono massacrate intere popolazioni. E’ bene che la Comunità internazionale
si ribelli, si indigni verso quello che continua ad avvenire.
D.
– Un’incriminazione che potrebbe avere anche dei risvolti dal punto di vista internazionale?
R.
– Certo, perché è chiaro che Khartoum ha già detto che naturalmente non eseguirà mai
i mandati di cattura, se verranno chiesti. Io spero che la Corte emetta dei mandati
di cattura e se non verranno eseguiti, la Corte si dovrà rivolgere al Consiglio di
Sicurezza, affinché si faccia qualcosa di serio contro questi due signori ed imponga
al Sudan di catturarli e di consegnarli alla Corte Penale Internazionale. Speriamo
che tutto questo scuota le coscienze, perché bisogna ribellarsi contro queste cose
indegne che avvengono in Darfur. Le grandi potenze si devono finalmente dar da fare
per imporre al Sudan di agire, anche se purtroppo il Sudan ha l’aiuto, considerevolissimo,
della Cina perchè il 60 per cento del petrolio del Sudan va in Cina. Ci sono, quindi,
interessi economici che naturalmente per la Cina prevalgono sul rispetto dei diritti
umani.