Lo Stato americano della Virginia chiede scusa, con una risoluzione approvata all'unanimità
dal Parlamento, per la schiavitù e per gli abusi ai nativi
Dopo due secoli, una guerra civile, una modifica alla Costituzione e dure battaglie
dei movimenti civili, dal Sud degli Stati Uniti arriva un’ufficiale ammissione di
responsabilità per il dramma della schiavitù e per gli abusi sui nativi. Il Parlamento
dello Stato della Virginia ha approvato ad unanimità una risoluzione con cui “si esprime
profondo rammarico per il passato”. Le operazioni di voto si sono svolte a Richmond,
nell’edificio che ai tempi della guerra civile americana (1861- 1865) era la sede
del Congresso della Confederazione schiavista del Sud. “La schiavitù – si legge nel
testo – è una delle più orrende violazioni dei diritti umani e degli ideali dei padri
fondatori della nostra storia”. Nel documento non si fa riferimento solo al traffico
di schiavi precedente alla guerra di secessione, ma anche al periodo successivo, caratterizzato
da leggi discriminatorie. Nella risoluzione si riconosce infatti che l’abolizione
della schiavitù fu seguita “da sistematiche discriminazioni, segregazioni forzate
e da altre pratiche odiose nei confronti degli americani di origine africana”. La
Virgina si è scusata anche per gli abusi sui nativi, gli indiani d’America che furono
cacciati dalla regione e sterminati dopo l’arrivo dei coloni. La risoluzione è stata
approvata in coincidenza con l’inizio delle celebrazioni del 400.mo anniversario dell’arrivo
nella città di Jamestown dei primi africani portati in catene sulle navi che attraversavano
l’Atlantico. Fino ad oggi nessuno Stato del Sud aveva messo nero su bianco il proprio
pentimento. (A cura di Amedeo Lomonaco)