2007-02-23 14:38:12

Cinque anni fa, in Colombia, le FARC rapivano Ingrid Betancourt, candidata alle presidenziali


Cinque anni fa, il 23 febbraio del 2002, veniva rapita a Florencia, 600 km a sud di Bogotà, Ingrid Betancourt, all’epoca candidata dei Verdi alle presidenziali in Colombia. A sequestrarla i guerriglieri delle FARC, il Fronte armato rivoluzionario. Mentre il presidente Uribe ha ordinato una nuova offensiva contro i ribelli, rimangono senza risultato i contatti tra rapitori, autorità colombiane e familiari della Betancourt, che aveva ottenuto con il matrimonio anche la cittadinanza francese. Ma perché Ingrid Betancourt venne sequestrata? Risponde Ivana Borsotto, responsabile dei progetti per la Colombia del Movimento Laici America Latina, intervistata da Giada Aquilino:

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R. - Sicuramente perché è sempre stata una voce scomoda e non per ragioni economiche o perché aveva ottenuto la cittadinanza francese. È stata rapita dalle FARC, che per il suo rilascio hanno chiesto la liberazione di 500 guerriglieri dalle carceri colombiane. Avrebbe potuto essere veramente una voce forte per una nuova Colombia, nel senso che è sempre stata una nemica convinta della corruzione e soprattutto, nei suoi programmi politici, voleva mettere fine alla violenza, vero dramma che tuttora insanguina la Colombia. Il Paese, da 40 anni, soffre per una lotta che vede intrecciarsi la guerriglia contro lo Stato, la violenza dell’esercito, la criminalità dei narcotrafficanti, il terrorismo dei paramilitari. La corruzione politica, per la Betancourt, era la malattia della democrazia colombiana. Il conflitto interno, in questi anni, ha causato più di 70 mila vittime. Purtroppo, la pratica del sequestro è molto diffusa. Si calcola che ci siano almeno 4 mila persone vittime in questo momento di sequestri. I rapimenti sono, da un lato, un’industria, perché molti sono fatti a scopi economici, ma purtroppo sono anche uno strumento politico, come il sequestro della Betancourt e della sua collaboratrice, Clara Rojas.

D. – Guerriglia, corruzione, narcotraffico: la Colombia oggi che Paese è?

R. – E’ un Paese che ha appena rieletto il presidente Alvaro Uribe, che tra l’altro si è anche impegnato per il rilascio dei sequestrati. E’ comunque un Paese in cui la violenza è all’ordine del giorno e, di fatto, è totalmente occupato da gruppi militari.

D. – A quali sigle si riferisce?

R. – Le FARC sono i guerriglieri. Poi ci sono i paramilitari: Amnesty International e molte organizzazioni hanno spesso denunciato chi fa il lavoro sporco di violazione dei diritti umani, di occupazione del territorio. Noi lavoriamo nelle periferie di Bogotà, occupate dai desplazados, che sono quelle famiglie o intere comunità costrette da un giorno all’altro, con la violenza, a lasciare le loro terre, perché appetibili economicamente. Si tratta degli sfollati interni. L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati ha riconosciuto intere comunità – si parla di 4 milioni di persone – costrette ad abbandonare le loro proprietà e che si trovano senza nulla, sperando in nuovi orizzonti di vita.
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