Iraq/Kurdistan: Trasferita da Baghdad l'Università cattolica caldea
BAGHDAD, 22feb07 - In Iraq, il Babel College, l'unica Università teologica dell'Iraq,
è stata trasferita da Baghdad ad Ankawa nel Kurdistan. Lo ha reso noto il suo rettore,
mons. Jacques Isaac, del Patriarcato caldeo. Il trasferimento si è reso necessario
per le crescenti difficolta che l'università incontrava nella capitale irachena. "Inizialmente
abbiamo avuto problemi a trovare una sede, ma non potevamo permetterci di chiudere
- spiega il rettore -. Il Babel è una fonte di speranza e un punto di incontro non
solo per la Chiesa caldea, ma anche per quella siro-ortodossa, assira e per tutte
le altre denominazioni presenti in Iraq”. “Il trasferimento è stato doloroso – racconta
mons. Isaac -, ma ora ne iniziamo a cogliere anche gli aspetti positivi sulla comunità
locale di Ankawa". Per questo è in esame l’ipotesi di “mantenere la sede di Ankawa
del Babel College anche quando la situazione sarà normalizzata, e aprirne un’altra
di nuovo a Baghdad”. Quello, invece, che non è previsto “neppure lontanamente”,
è un un trasferimento del Patriarcato caldeo dalla capitale. “Le difficoltà a Baghdad
sono enormi - aggiunge mons. Isaac -, ma abbandonare i fedeli rimasti e che coraggiosi
affollano le Messe sarebbe dare un colpo mortale al morale di tutta la comunità. È
adesso che dobbiamo rimanere, partecipare alle loro sofferenze, adesso c’è bisogno
di noi e se dobbiamo morire con loro, come sacerdoti o vescovi, siamo pronti a farlo”. (Asianews
- MANCINI) “La situazione - riferisce il presule caldeo - è pericolosa per tutti,
non solo per i cristiani, ma le difficoltà non hanno mai ucciso la Chiesa”. E porta
degli esempi: “Le parrocchie a Baghdad sono aperte, a Natale erano piene e alcune
messe sono state trasmesse dalla televisione statale, il catechismo per la Prima Comunione
è sempre frequentato, come pure i corsi prematrimoniali; inoltre, dopo la nazionalizzazione
delle scuole sotto Saddam, ora abbiamo anche una scuola privata”. Mons. Isaac, anche
vescovo ausiliare per gli Affari culturali a Baghdad, garantisce che la guerra non
ha fermato la pubblicazione di riviste, l’uscita di nuovi libri e le attività intellettuali.
Quest’anno la Pasqua non è considerata periodo a maggior rischio di attentati:
“Ormai siamo abituati, tutto l’anno ogni volta che usciamo di casa siamo coscienti
che vi potremo non fare ritorno, ma questo non può impedirci di continuare a vivere”.
“Parlare della Croce e della Passione di Gesù Cristo è una cosa, ma viverla è un’altra
- spiega il presule - noi cristiani in Iraq viviamo la Croce ogni giorno e morire
con Gesù, significa anche risorgere con Lui, oggi più che mai possiamo capire veramente
la dimensione della Sua Passione”. Lo scorso 14 febbraio, dopo l’udienza generale,
mons. Isaac - a Roma per una visita di alcuni giorni - ha incontrato Benedetto XVI,
al qual ha chiesto di pregare per la pace in Iraq. E il Papa - racconta il vescovo
- gli ha risposto: “Tutti i giorni prego per l’Iraq”.