2007-02-16 12:44:38

Illiberale chiedere ai vescovi di tacere sulla famiglia: lo afferma, ai nostri microfoni, lo storico Galli della Loggia


(16 febbraio 2007 - RV) “Una Chiesa che si occupa delle cose di Dio non può non occuparsi delle cose degli uomini. Perché l'uomo è cosa di Dio” e “nulla più della famiglia riguarda l'uomo”. E’ il richiamo contenuto nell’edizione odierna dell’Osservatore Romano. La nota, a firma di Gaetano Vallini, si inserisce nel confronto in corso in Italia sulle coppie di fatto, particolarmente acceso dopo l’approvazione, da parte del governo, di un disegno di legge sui cosiddetti DICO. Anche il mondo cattolico si divide con la firma di appelli e contro-appelli, come ci riferisce Alessandro Gisotti: RealAudioMP3

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“La Chiesa sulla famiglia ha il dovere di parlare. Chi vuole, ascolta. Ma non le si chieda di tacere”: è quanto sottolineato dall’Osservatore Romano che si chiede “perché la Chiesa, il Papa e i Vescovi non possano intervenire su un tema tanto delicato quanto cruciale come quello della famiglia”. D’altro canto, prosegue la nota, “intervenendo, la Chiesa non difende una posizione politica, ma semplicemente adempie al suo mandato, che è anche un suo diritto: predicare con libertà la fede e insegnare la sua dottrina sociale, dando un giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico se in gioco ci sono l’uomo e la sua dignità”. Negarlo, prosegue il commento di Gaetano Vallini, “significa  negare  un  diritto-dovere”. Sono dunque “quanto meno inopportune quelle voci che in questi giorni, anche con appelli pubblici, vorrebbero far tacere questa voce tanto autorevole quanto scomoda. Tanto scomoda da essere definita da alcuni impropriamente un’ingerenza”. L’Osservatore Romano fa riferimento ad un appello ai vescovi italiani, firmato da alcuni intellettuali cattolici, dopo l’annuncio da parte del cardinale Camillo Ruini della pubblicazione di una nota sulle coppie di fatto. La Chiesa italiana, si legge in questo appello, “sta subendo un’immeritata involuzione”. Secondo i firmatari, l’annunciato intervento della CEI “è di inaudita gravità”. A questo documento, risponde un gruppo di intellettuali laici e cattolici che chiedono ai presuli italiani di “mantenere chiara e libera la loro impostazione di dottrina e cultura morale in tema di legislazione familiare”. Nello stesso appello, si ritiene “ingiusta ogni forma di intimidazione intellettuale contro l’autonomia del pensiero religioso”.
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Dunque, mentre ancora non si conosce il contenuto della nota annunciata dalla CEI, alcuni intellettuali chiedono ai vescovi italiani di non intervenire sulla famiglia. Una pretesa illiberale, secondo lo storico Ernesto Galli della Loggia, intervistato da Alessandro Gisotti: RealAudioMP3 **********
R. - La cosa più singolare mi sembra il fatto che si chieda ai vescovi, in sostanza, di non parlare su materie che non siano strettamente attinenti al Magistero, che nessuno può immaginare non lo siano. L’idea che la pronuncia dei vescovi però spaccherebbe e metterebbe in difficoltà una parte del mondo cattolico mi sembra anche questa una motivazione molto discutibile, perché i vescovi, nel pronunciarsi in materie così delicate, non possono tener conto del fatto se poi la loro pronuncia avrà o meno un consenso vasto, di quanti cattolici saranno d’accordo… Penso che c’è un rapporto con la verità della fede a cui i vescovi sono tenuti, che non può tenere conto delle conseguenze politiche o pratiche di consenso, che le loro parole possono avere.


D. - In questa vicenda, dove è, secondo lei, la distinzione tra ingerenza e diritto di parola, diritto di intervento?


R. - Io non so, in questo caso e data la nostra situazione storica, che cosa sia l’ingerenza. Si parla moltissimo del fatto che la CEI si rivolgerebbe ai deputati: si rivolge ai deputati cattolici, i quali naturalmente prima di essere deputati sono cattolici dal punto di vista della Chiesa! Quindi non si capisce perché la Chiesa dovrebbe rivolgersi a tutti i cattolici tranne a quelli che fanno per qualche anno i deputati. Perché a quelli non bisognerebbe rivolgersi? E’ una concezione stranissima del rapporto fra politica e fede. Si dice anche che la Chiesa, su certe materie, non dovrebbe intervenire, ma è ridicolo pensando soprattutto alla qualità delle materie che sono in discussione, sulle quali la Chiesa è sempre intervenuta. Il cristianesimo si è affermato storicamente come una rivoluzione dei costumi e quindi che la Chiesa non si pronunci su queste materie è semplicemente ridicolo. Pretendere una cosa del genere a mio giudizio non ha senso. Poi, i deputati cattolici si regoleranno secondo la loro coscienza e ne risponderanno alla loro coscienza. Ma pretendere che la Chiesa non si rivolga anche ad essi mi sembra una pretesa che da un punto di vista liberale, nel senso più ampio della parola, non ha senso.


D. - Come è accaduto anche in passato, basti pensare al dibattito sulla legge 40, sulla fecondazione assistita, torna ad accendersi il confronto sul rapporto tra Chiesa e Stato, sul concetto di laicità. Perché sembra che questo confronto non trovi soluzione?


R. - Io credo che sia un confronto che non deve trovare soluzione, guai se la trovasse! E’ un confronto fecondo, proprio perché un confronto che è nelle cose “sempiterno”. C’è Cesare e Dio e il rapporto tra Cesare e Dio non è un rapporto semplice, è un rapporto continuamente carico di tensioni. La Chiesa fa bene a difendere il suo punto di vista, lo Stato fa bene a mantenere la sua laicità, che però non vuol dire mettere a tacere la Chiesa perché questo significherebbe tra l’altro eliminare questa tensione molto viva, molto inerente alla stessa identità cristiana. Penso che il contrasto nasca dal fatto che il cristianesimo ha l’ambizione di esprimere un giudizio morale anche sul potere, sul comportamento del potere. Lo ha fatto da quando si è affermato nell’Impero romano, è la sua caratteristica, come del resto è la caratteristica di molte religioni. Al tempo stesso però riconosce un’autonomia al potere, ma questo non significa non giudicarlo.
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