2007-02-13 09:24:58

Mons. Fisichella: c'è il tentativo di emarginare la Chiesa, ma noi continueremo ad annunciare con coraggio il Vangelo


(13 febbraio 2007 - RV) Sono stati molti i commenti al discorso del Papa ieri ai partecipanti al Congresso internazionale organizzato a Roma dalla Pontificia Università Lateranense sul tema della legge naturale. Benedetto XVI ha invitato a riscoprire “la legge scritta nel cuore dell’uomo” auspicando il dialogo tra credenti e non credenti per non distruggere “il dono della natura” con “la forza del nostro fare”. Parlando della famiglia ha poi affermato che “nessuna legge fatta dagli uomini può … sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare”. Su queste parole ascoltiamo, al microfono di Giovanni Peduto, la riflessione di mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense:
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R. – Ma con la lucidità e la profondità di sempre, Papa Benedetto XVI ci ha messo dinanzi a quello che è il compito, la missione e la responsabilità della Chiesa oggi e non solo della Chiesa, ma anche dei filosofi, dei teologi e dei giuristi. Il Papa ha richiamato al fatto che non può esserci alcun sistema giuridico degno di questo nome e, quindi, garanzia per tutti i cittadini, che non possa avere alla sua base una legge universale, non scritta da nessuno e che è, appunto, la legge morale naturale, che è il fondamento della dignità di ogni persona.

D. – Perché oggi risulta così difficile comprendere la ragionevolezza della legge morale naturale?

R. – Nel corso degli anni c’è stato uno slittamento continuo. Si può certamente affermare che a partire dagli anni Settanta c’è stata una crisi generalizzata all’interno dell’Accademia. Penso in modo particolare ad alcuni teologi, che hanno messo in dubbio il concetto stesso di legge naturale; penso ad alcuni filosofi che - ancora oggi, in alcune scuole - portano avanti il concetto per cui la legge naturale non esiste, perché il concetto stesso di natura è sottoposto ad una interpretazione differenziata e alcuni si spingono anzi ad affermare che il concetto di natura è soggetto al sentire generazionale. Questo equivale, quindi, ad un profondo relativismo di base. Non possiamo poi dimenticare anche l’insegnamento del diritto, che per molti versi si basa oggi su un positivismo della sola legge e, quindi, sulla interpretazione della legge, senza più riconoscere un suo fondamento basilare.

D. – Stiamo oggi assistendo ad un attacco, forse senza precedenti in questi ultimi tempi, alla Chiesa, al Papa e non tanto sui contenuti di alcuni interventi, quando sul fatto stesso che il Papa e i vescovi parlino di determinate questioni…

R. – Guardi, c’è sempre stato il tentativo di emarginare l’azione pastorale del Papa, dei vescovi all’interno della società. Gli strumenti sono tanti e penso anche al tentativo, di questi giorni, di alcuni di far emergere un magistero parallelo, quello dei vescovi e dei teologi in contraddizione fra di loro. Sono tutti tentativi molto vani ed inefficaci che non possono essere presi in considerazione se non per una questione di grande importanza. Abbiamo un compito, dal quale non potremmo venire meno, nessuno di noi, ed è quello di annunciare con forza, con coraggio, come ci ricorda l’Apostolo Paolo, “a tempo opportuno ed inopportuno”, la verità del Vangelo. Questo non vuol dire che la verità del Vangelo sia in contraddizione con una verità che la stessa ragione può cogliere. La nostra sfida è proprio questa: far comprendere che sui problemi cosiddetti sensibili, i problemi etici, su questo il nostro primo movimento non è quello che deve raccogliere la sfida della fede, perché inevitabilmente c’è chi crede e c’è chi non crede, ma di accogliere in profondità quello che la ragione, da se stessa, può cogliere. Ecco perché il discorso che il Papa ha fatto è di estrema importanza. Perché da sempre la legge naturale, fin dai tempi di Cicerone, che non era chiaramente cristiano, è stata pensata come quella conoscenza che la ragione, da sola, può arrivare a comprendere, a percepire e a spiegare, attraverso le sue forze e attraverso un processo di conoscenza sempre più vasto, che comporta la maturazione della coscienza personale.

D. – L’articolo 21 della Costituzione Italiana recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. Tutti, tranne la Chiesa?

R. – Sembrerebbe purtroppo di sì , in qualche momento. Da questa prospettiva mi sembra non soltanto abbiamo la garanzia costituzionale, ma abbiamo anche la nostra testardaggine. Da questo punto di vista siamo testardi. Noi non rimarremo in silenzio, non possiamo rimanere in silenzio, non permetteremo che i nostri fedeli, i tanti cittadini che sono confusi e che non hanno voce, non possano avere voce attraverso la nostra predicazione. Continueremo ad essere presenti nella società con le nostre forze, consapevoli di quelle che sono le responsabilità che abbiamo, dei limiti che abbiamo e dei ruoli differenti che possediamo. Ma certamente non potremo rimanere in silenzio.

D. – Si torna a parlare di una sana laicità che eviti ogni laicismo integralista…

R. – La sana laicità è quello che noi stessi chiediamo, perché dove c’è vera, genuina ed autentica laicità non c’è nessun proclama ideologico, ma c’è il rispetto profondo per tutte le istanze che sono presenti nella società e nel Parlamento. E poiché, fino a prova contraria, il Parlamento è sovrano nel rispetto della legge, ma nel rispetto della volontà dei cittadini, allora anche all’interno del Parlamento dovranno confrontarsi, dovranno essere in grado di arrivare a quelle conclusioni, che siano rispettose nei confronti di tutti, soprattutto quando ci sono leggi su cui c’è una sensibilità particolare da parte della popolazione e - perché no? - arrivare credenti e laici ad essere capaci di coniugare insieme, in una collaborazione reciproca, leggi che siano non soltanto rispettose del bene di tutti, della dignità della persona, ma anche leggi che siano degne con il nome stesso della legge.
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