2007-02-13 12:15:21

Il pellegrinaggio come scoperta del senso dell’esistere al centro del convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi in corso a Roma


(13 febbraio 2007 - RV) Proseguono a Roma i lavori del XV Convegno teologico-pastorale promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi sul tema dei Cammini d’Europa, le mete cioè dei pellegrinaggi che hanno segnato la storia d’Europa. L’Opera Romana Pellegrinaggi, sotto la guida di mons. Liberio Andreatta, lancia, infatti, una sfida agli uomini e le donne di oggi: farsi pellegrini del terzo millennio sui sentieri percorsi dai nostri padri. La relazione cardine di questa mattina è stata svolta dal noto biblista Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana a Milano, che ha incentrato il suo intervento sul salmo 83: ‘ Beato chi trova in sé la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio’. Giovanni Peduto gli ha chiesto una sintesi della sua riflessione: RealAudioMP3
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R. – Il messaggio principale è soprattutto ricordare che il pellegrinaggio è il tentativo di una ricerca che non si ferma soltanto all’orizzonte storico: noi, infatti, andiamo nel pellegrinaggio verso spazi, verso regioni, verso santuari; ma nell’interno di questo movimento si scopre il senso ultimo dell’esistere e il mistero della propria esperienza di fede, che è trovare ciò che è eterno e infinito.

D. – Quale eredità hanno lasciato i pellegrini all’Europa?

R. – I pellegrini hanno lasciato due tipi di eredità. Da una parte, hanno lasciato una traccia di straordinaria bellezza attraverso monumenti, attraverso vicende culturali, attraverso grandi segni della loro cultura, del loro mondo, della loro arte; e dall’altra parte, hanno lasciato anche una profonda traccia di spiritualità. Possiamo dire quasi che l’Europa è attraversata da una rete di luce: e sono questi percorsi dei pellegrini, che rappresentano la costante ricerca dell’uomo nei confronti del mistero di Dio.

D. – Ancora oggi, milioni di fedeli si mettono in cammino: cosa cercano?

R. – Milioni di fedeli di tutte le religioni, dobbiamo dire. Tutta l’umanità, cioè, vuole abbandonare la banalità, l’ovvietà, la quotidianità, le cose comuni per scoprire che l’uomo non può vivere soltanto di pane, di tempo e di spazio ma ha bisogno anche – come dice la Bibbia – di parola divina; noi diciamo anche: di eternità, di mistero, di divino.

D. – L’uomo contemporaneo è molto preso dalla realtà materiale, come se tutto dovesse concludersi qui. Cosa cambierebbe se sapesse che ci aspetta una vita eterna?

R. – Il pellegrinaggio, in ultima analisi, è cercare di trovare – appunto – come si suol dire, la Gerusalemme celeste, il Santuario ultimo ed estremo, che è un’intera città. L’uomo di oggi, fermo com’è, cupo e chino sull’orizzonte concreto della sua storia, ha perso forse la grande speranza; spera in piccoli orizzonti. Il pellegrinaggio, ma anche – dovremmo dire – la grande predicazione della Chiesa, è quella di indicare la meta ultima ed estrema della storia e dell’essere umano. Dobbiamo più spesso, noi credenti, essere testimoni di un’esistenza che non ha – alla fine – come un fiume, l’estuario nel baratro del nulla, ma una soglia aperta oltre la quale c’è Dio che attende e che attende la Creatura umana per ri-abbracciarla, quella Creatura che era uscita dalle sue mani.
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