2007-02-12 15:47:00

Senza il rispetto della legge naturale, la vita, la famiglia e la societa’ vittime del relativismo etico: così Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale sul Diritto naturale, promosso dalla Lateranense


(12 febbraio 2007 - RV) Nel mondo contemporaneo, si assiste a una deriva relativistica che ferisce drammaticamente la società: a fare le spese del mancato rispetto che si deve alla “legge morale naturale” è in molti casi la stessa vita umana, spesso oggetto di arbitrii, come pure la famiglia fondata da Dio sull’amore coniugale. Sono alcuni dei concetti espressi questa mattina da Benedetto XVI nel corso dell’udienza concessa ai circa 200 partecipanti al Congresso internazionale sul diritto naturale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Scienza e fede possono e devono dialogare, ha detto il Papa nel suo lungo e denso intervento, purché non si dimentichi mai che “non tutto ciò che è scientificamente fattibile è anche eticamente lecito”. Il servizio di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3
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C’è una tentazione in agguato dietro l’agire umano: quella di dimenticarsi dell’esistenza di Dio, di tradire quella legge “scritta nel cuore dell’uomo” che viene prima di ogni legge umana, di ogni sapere scoperto dalla scienza, e che risponde al primo e generalissimo principio di “fare il bene ed evitare il male”. Al contrario, il rispetto della vita, il diritto alla libertà, l’esigenza di giustizia e di solidarietà che scaturiscono da questo principio sono spesso violati da arbitrii di potere o manipolazioni ideologiche, frutto di una visione dell’uomo e del mondo che non ha alla base alcun codice etico ma che tende a idolatrare il progresso.

E’ questa, in sintesi, la piattaforma culturale e spirituale sulla quale Benedetto XVI ha articolato il suo intervento sul tema della “legge morale naturale”, davanti alla platea di teologi, giuristi e scienziati che partecipano Congresso internazionale sul diritto naturale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Pur vivendo un momento di straordinario sviluppo nell’acquisizione di forme di vita tuttavia, ha riconosciuto il Papa all’inizio del suo discorso, emergono delle evidenti contraddizioni:

“Vediamo tutti i grandi vantaggi di questo progresso, ma vediamo sempre più anche le minacce di una distruzione del dono della natura per la forza del nostro fare. E c’è un altro pericolo, meno visibile, ma non meno inquietante: il metodo che ci permette di conoscere sempre più le strutture razionali della materia ci rende sempre più incapaci di vedere la fonte di questa razionalità, la Ragione creatrice”.


Ecco, dunque, l’“urgenza”, ha obiettato Benedetto XVI, di riflettere sul tema della legge naturale, quale sorgente di norme, che precedono qualsiasi legge umana e non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno:


“Tale è il principio del rispetto per la vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell’uomo, ma dono gratuito di Dio. Tale è pure il dovere di cercare la verità, presupposto necessario di ogni autentica maturazione della persona. Altra fondamentale istanza del soggetto è la libertà, tenendo conto del fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa con gli altri (...) E come non menzionare l’esigenza di giustizia (...) Doveroso è infine almeno un accenno all’attesa di solidarietà che alimenta in ciascuno, specialmente se disagiato, la speranza di un aiuto da parte di chi ha avuto una sorte migliore di lui”.


Tale “dover essere” è invece distante dalla realtà odierna. Con grande realismo, il Papa ha denunciato i condizionamenti imposti dall’imperante “positivismo giuridico”, in base al quale, in sostanza, sono gli “interessi privati” ad essere “trasformati in diritti”, quando invece a fare da base a “ogni ordinamento giuridico sia interno che internazionale” è e resta oggi la lex naturalis:


“La legge naturale è in definitiva il solo, valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha responsabilità pubblica, è quindi aiutare perché possa progredire la coscienza morale. Questo è il progresso fondamentale e senza questo progresso tutti gli altri progressi non sono veri progressi”.


Le “applicazioni concrete” di quanto affermato, Benedetto XVI le individua anzitutto nel rispetto della famiglia, intesa come “quell’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore” e quindi un “vincolo sacro”, come afferma il Vaticano II, che “non dipende dall’arbitrio dell’uomo”:


“Nessuna legge fatta dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare. Dimenticarlo significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli e rendere precario il futuro della società”.


Purtroppo, ha affermato il Papa, nella società contemporanea si è preferito confinare il riferimento alla legge naturale nel campo della speculazione filosofica, piuttosto che vederne le ricadute nella vita sociale. E questo con conseguenze etiche allarmanti:


“In proposito, sento il dovere di affermare ancora una volta che non tutto ciò che è scientificamente fattibile è anche eticamente lecito. La tecnica quando riduce l’essere umano ad oggetto di sperimentazione finisce per abbandonare il soggetto debole all’arbitrio del più forte. Affidarsi ciecamente alla tecnica come unica garante di progresso, senza offrire nello stesso tempo un codice etico, che affondi le sue radici in quella stessa realtà, che viene studiata e sviluppata, equivarrebbe a fare violenza alla natura umana, con conseguenze devastanti per tutti”.


Poiché, comunque, la legge naturale resta imperfetta e bisognosa di approfondimenti, un ruolo decisivo - ha concluso Benedetto XVI - lo giocano in questo contesto gli uomini di scienza:

“Gli scienziati devono anche contribuire ed aiutare a capire in profondità la nostra responsabilità per l’uomo e per la natura affidatagli. Su questa base è possibile e necessario sviluppare un fecondo dialogo tra credenti e non credenti, tra teologi, filosofi, giuristi, uomini di scienza che possono fornire anche ai legislatori un materiale prezioso per il vivere personale e sociale”.
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