Senza il rispetto della legge naturale, la vita, la famiglia e la societa’ vittime
del relativismo etico: così Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale
sul Diritto naturale, promosso dalla Lateranense
(12 febbraio 2007 - RV) Nel mondo contemporaneo, si assiste a una deriva relativistica
che ferisce drammaticamente la società: a fare le spese del mancato rispetto che si
deve alla “legge morale naturale” è in molti casi la stessa vita umana, spesso oggetto
di arbitrii, come pure la famiglia fondata da Dio sull’amore coniugale. Sono alcuni
dei concetti espressi questa mattina da Benedetto XVI nel corso dell’udienza concessa
ai circa 200 partecipanti al Congresso internazionale sul diritto naturale, promosso
dalla Pontificia Università Lateranense. Scienza e fede possono e devono dialogare,
ha detto il Papa nel suo lungo e denso intervento, purché non si dimentichi mai che
“non tutto ciò che è scientificamente fattibile è anche eticamente lecito”. Il servizio
di Alessandro De Carolis: ********** C’è
una tentazione in agguato dietro l’agire umano: quella di dimenticarsi dell’esistenza
di Dio, di tradire quella legge “scritta nel cuore dell’uomo” che viene prima di ogni
legge umana, di ogni sapere scoperto dalla scienza, e che risponde al primo e generalissimo
principio di “fare il bene ed evitare il male”. Al contrario, il rispetto della vita,
il diritto alla libertà, l’esigenza di giustizia e di solidarietà che scaturiscono
da questo principio sono spesso violati da arbitrii di potere o manipolazioni ideologiche,
frutto di una visione dell’uomo e del mondo che non ha alla base alcun codice etico
ma che tende a idolatrare il progresso.
E’ questa, in sintesi, la piattaforma
culturale e spirituale sulla quale Benedetto XVI ha articolato il suo intervento sul
tema della “legge morale naturale”, davanti alla platea di teologi, giuristi e scienziati
che partecipano Congresso internazionale sul diritto naturale, promosso dalla Pontificia
Università Lateranense. Pur vivendo un momento di straordinario sviluppo nell’acquisizione
di forme di vita tuttavia, ha riconosciuto il Papa all’inizio del suo discorso, emergono
delle evidenti contraddizioni:
“Vediamo tutti i grandi vantaggi di questo progresso,
ma vediamo sempre più anche le minacce di una distruzione del dono della natura per
la forza del nostro fare. E c’è un altro pericolo, meno visibile, ma non meno inquietante:
il metodo che ci permette di conoscere sempre più le strutture razionali della materia
ci rende sempre più incapaci di vedere la fonte di questa razionalità, la Ragione
creatrice”.
Ecco, dunque, l’“urgenza”, ha obiettato Benedetto XVI, di
riflettere sul tema della legge naturale, quale sorgente di norme, che precedono qualsiasi
legge umana e non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno:
“Tale
è il principio del rispetto per la vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine
naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell’uomo, ma dono gratuito
di Dio. Tale è pure il dovere di cercare la verità, presupposto necessario di ogni
autentica maturazione della persona. Altra fondamentale istanza del soggetto è la
libertà, tenendo conto del fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa
con gli altri (...) E come non menzionare l’esigenza di giustizia (...) Doveroso
è infine almeno un accenno all’attesa di solidarietà che alimenta in ciascuno, specialmente
se disagiato, la speranza di un aiuto da parte di chi ha avuto una sorte migliore
di lui”.
Tale “dover essere” è invece distante dalla realtà odierna. Con
grande realismo, il Papa ha denunciato i condizionamenti imposti dall’imperante “positivismo
giuridico”, in base al quale, in sostanza, sono gli “interessi privati” ad essere
“trasformati in diritti”, quando invece a fare da base a “ogni ordinamento giuridico
sia interno che internazionale” è e resta oggi la lex naturalis:
“La legge
naturale è in definitiva il solo, valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli
inganni della manipolazione ideologica. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente
per chi ha responsabilità pubblica, è quindi aiutare perché possa progredire la coscienza
morale. Questo è il progresso fondamentale e senza questo progresso tutti gli altri
progressi non sono veri progressi”.
Le “applicazioni concrete” di quanto
affermato, Benedetto XVI le individua anzitutto nel rispetto della famiglia, intesa
come “quell’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore” e quindi
un “vincolo sacro”, come afferma il Vaticano II, che “non dipende dall’arbitrio dell’uomo”:
“Nessuna
legge fatta dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza
che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento
basilare. Dimenticarlo significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli
e rendere precario il futuro della società”.
Purtroppo, ha affermato il
Papa, nella società contemporanea si è preferito confinare il riferimento alla legge
naturale nel campo della speculazione filosofica, piuttosto che vederne le ricadute
nella vita sociale. E questo con conseguenze etiche allarmanti:
“In proposito,
sento il dovere di affermare ancora una volta che non tutto ciò che è scientificamente
fattibile è anche eticamente lecito. La tecnica quando riduce l’essere umano ad oggetto
di sperimentazione finisce per abbandonare il soggetto debole all’arbitrio del più
forte. Affidarsi ciecamente alla tecnica come unica garante di progresso, senza offrire
nello stesso tempo un codice etico, che affondi le sue radici in quella stessa realtà,
che viene studiata e sviluppata, equivarrebbe a fare violenza alla natura umana, con
conseguenze devastanti per tutti”.
Poiché, comunque, la legge naturale
resta imperfetta e bisognosa di approfondimenti, un ruolo decisivo - ha concluso Benedetto
XVI - lo giocano in questo contesto gli uomini di scienza:
“Gli scienziati
devono anche contribuire ed aiutare a capire in profondità la nostra responsabilità
per l’uomo e per la natura affidatagli. Su questa base è possibile e necessario sviluppare
un fecondo dialogo tra credenti e non credenti, tra teologi, filosofi, giuristi, uomini
di scienza che possono fornire anche ai legislatori un materiale prezioso per il vivere
personale e sociale”. **********