La Santa Sede ribadisce il suo fermo rifiuto della pena capitale quale strumento per
reprimere il crimine
(6 febbraio 2007 - RV) “Le autorità legittime dello Stato hanno il dovere di proteggere
la società dagli aggressori”, ma “è oggi davvero difficile poter giustificare” la
scelta della pena capitale. E’ quanto ribadisce la Santa Sede in una dichiarazione
rilasciata in occasione del Congresso Mondiale sulla Pena di Morte, tenutosi in questi
giorni a Parigi. Nella nota, si assicura il sostegno della Santa Sede a “tutte le
iniziative mirate a difendere il valore inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento
alla morte naturale”. Viene perciò espresso apprezzamento per coloro che “lavorano
con impegno e vigore rinnovato per abolire la pena capitale o per attuare una moratoria
universale della sua applicazione”. La pena di morte, sottolinea la dichiarazione,
non è “solo il rifiuto del diritto alla vita, ma anche un affronto alla dignità umana”.
Viene ricordato, dunque, l’appello di Giovanni Paolo II, in occasione del
Giubileo dell’anno 2000 per una moratoria sulla pena capitale. E, ancora, i ripetuti
interventi di Benedetto XVI per ottenere la clemenza di persone condannate a morte.
D’altro canto, vengono sottolineati i numerosi rischi legati alla pena capitale: innanzitutto,
“il pericolo di punire persone innocenti”. Poi, la “tentazione di promuovere forme
violente di vendetta più che di un vero senso della giustizia sociale”. La pena di
morte, si legge ancora, “è una chiara offesa contro l’inviolabilità della vita umana”,
che “promuove una cultura della violenza e della morte”. Per i cristiani, poi, “si
tratta inoltre di un disprezzo dell’insegnamento evangelico sul perdono”.