"Giusto fermare il calcio, ma occorre una nuova cultura dello sport". Così il card.
Bertone dopo la morte dell'ispettore Raciti negli scontri di Catania Palermo
(3 febbraio 2007 - RV) In Italia, un’altra tragedia legata al calcio. Il 38enne Filippo
Raciti, ispettore di polizia, ha ieri perso la vita, colpito da un ordigno rudimentale
durante gli scontri avvenuti fuori dello stadio “Massimino” di Catania. Le violenze
sono scoppiate nel corso dell’anticipo di serie “A” tra la compagine etnea ed il Palermo.
Generale il cordoglio espresso alla moglie e ai figli della vittima da parte delle
autorità politiche, civili e religiose, che hanno pienamente appoggiato la decisione
del commissario straordinario della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Luca Pancalli,
di fermare tutti i campionati e l’attività della Nazionale. Il servizio di Giancarlo
La Vella: ********** Non
si può morire di sport. Questo quanto si evince dalla decisione dei vertici del calcio
italiano dopo i tragici disordini di Catania-Palermo. Ieri sera, alla situazione già
tesa all’interno dello stadio, dove era in corso il match, anticipato per la concomitanza
domenicale con la festa di S. Agata, si è subito aggiunta la violenza, fuori dell’impianto,
scatenata da gruppi di facinorosi in cui perdeva la vita l’ispettore Raciti, impegnato
con altri reparti a domare faticosamente gli scontri. Una bomba-carta all’interno
del veicolo su cui si trovava; poi la corsa in ospedale ed il decesso. Oltre cento
le persone ferite nella serata più nera per lo sport più seguito e popolare. Immediata
la decisione di Luca Pancalli, alla guida straordinaria di un calcio da riformare
già da tempo, di bloccare la disputa di tutti i campionati nazionali e le partite
degli Azzurri. Non era successo neanche per l’11 settembre ed in episodi altrettanto
drammatici. Ma questa volta “lo spettacolo non può continuare”, il calcio si ferma
per meditare, per cambiare e per diventare uno sport vero. Questo è l’auspicio delle
autorità, dell’opinione pubblica, delle società ora chiamate ad un impegno decisivo
per porre fine alla violenza negli stadi. In primis è stato il presidente della Repubblica,
Napolitano, che, nel dolore per quanto avvenuto, ha espresso l’urgenza di scelte e
comportamenti coerenti da parte di tutte le autorità responsabili contro degenerazioni
che infangano i valori dello sport e offendono la coscienza civile del Paese. La violenza,
la morte tornano a sconvolgere il mondo dello sport, il mondo del calcio. Su quanto
avvenuto a Catania sentiamo il commento del segretario di Stato vaticano, il cardinale
Tarcisio Bertone, intervistato da Luca Collodi:
R. – Purtroppo questi fatti
arrivano a breve distanza anche dall’uccisione - di quel dirigente di una squadra
della categoria dilettanti in Calabria. E questo, purtroppo, ad opera di un gruppo
di giocatori e di tifosi della squadra avversaria. Sono, quindi, fatti gravissimi
che mettono in luce la drammaticità degli avvenimenti, anche sportivi. Nello sport,
dobbiamo dire, che si liberano sia le virtù più alte, più ammirevoli dell’uomo come
il dominio di sé, il senso della solidarietà, quello che chiamiamo il gioco di squadra,
la valorizzazione del ruolo di tutti e il rispetto del ruolo di ciascuno, perché solo
giocando insieme si riesce a giocare bene e, magari, anche a vincere. Ma si svelano
e si liberano anche le passioni più disumane e cioè l’anarchismo e l’istinto violento.
Questo è un fatto che deve essere tenuto sotto controllo proprio nella preparazione
degli sportivi e nella preparazione anche dei tifosi, nell’educazione. Sappiamo però
bene e purtroppo lo constatiamo che la violenza non è solo appannaggio degli stadi,
ma si tratta di un fenomeno che tocca ogni ambiente, perfino quello che noi abbiamo
chiamato tradizionalmente il santuario dell’amore, come è la famiglia: quante forme
di violenza in famiglia! Questi sono un po’ i problemi che ci assillano, anche come
educatori e come uomini di Chiesa, come animatori delle comunità e delle associazioni,
soprattutto giovanili.
D. – Cardinale Bertone, gli stadi in Italia, ma
anche all’estero, accolgono una parte della società di un Paese, di una città. Lei
non pensa che oggi allo stadio ci sia tanto disagio sociale, ma anche disagio spirituale?
R.
– Abbiamo visto che ci sono forme di violenza negli stadi, ma ci sono anche forme
di violenza fuori dagli stadi: in questo caso le più eclatanti forme di violenza sono
accadute fuori dallo stadio. Questo certamente è il segno di un disagio sociale, il
segno di una insofferenza, di una intolleranza che ha raggiunto dei limiti ormai insopportabili.
Questo tocca proprio la costruzione della società, tocca il concetto di società, il
concetto di convivenza umana, tocca il problema cruciale dell’educazione. Noi parliamo
delle difficoltà dei conflitti locali in Africa, parliamo della difficoltà dell’importare
la pace in Iraq, ma poi vediamo che anche da noi è così difficile vivere in pace e
vivere anche con una serenità di base che permetta anche alle famiglie di vivere i
momenti più lieti, più sinceri e leali anche del confronto sportivo.
D.
– I campionati di calcio si sono fermati. Basta questo per uscire da questa tragica
situazione che investe il mondo del calcio e dello sport?
R. – Non basta
assolutamente. E’ una decisione saggia e spero anzi che non si fermino soltanto per
una domenica. Occorre – direi – invitare tutti, costringere tutti ad una riflessione,
ad un confronto, ad una meditazione, anche ad una – diciamo così – revisione di vita,
ad un pentimento. Io ho ricordato una volta che il grande La Pira, tra i nuclei esplosivi
che fanno scattare la conflittualità, ha messo la collera che è in noi. Dobbiamo,
quindi, recuperare quella capacità di dominio di noi stessi, quella capacità di convivenza
pacifica a cui tutti noi dobbiamo, però, essere educati.
D. – Cardinale
Bertone, è dunque importante educare allo sport, formare allo sport…
R.
– Sì, io penso che questa sia il punto chiave: la questione fondamentale è sempre
una questione educativa. Io ricordo che don Bosco – che abbiamo ricordato alcuni giorni
fa – promuoveva il sistema preventivo, l’educazione del cuore, l’educazione al domino
di sé; e dunque occorre educare alla convivenza pacifica nelle scuole, cominciando
sin dalla scuola materna fino ad arrivare alle scuole superiori; nelle associazioni,
dai gruppi sportivi, nei centri sportivi. E’ importante l’educazione al rispetto reciproco,
io credo che questo sia fondamentale. Ma questo vale anche per gli adulti: noi adulti
dobbiamo interrogarci su quale esempio diamo ai giovani. Lo dico anche riguardo, purtroppo,
a questa conflittualità politica contro la quale hanno parlato anche dei saggi dei
nostri tempi, ha parlato anche il presidente della Repubblica: è necessario ritrovare
il senso del dialogo, del confronto pacato, leale, intelligente, razionale. Ciò che
dice il Papa proprio riguardo proprio alla razionalità dei nostri atteggiamenti e
cito ancora don Bosco che metteva alla base dei suoi sistemi educativi la ragione,
la religione e l’amorevolezza. Non è male neanche confrontarci con i progetti che
sembrano utopistici dei nostri grandi santi educatori. **********
Sui
tragici eventi di Catania e le prospettive future per il calcio italiano, Alessandro
Gisotti ha intervistato mons. Carlo Mazza, direttore dell’Ufficio Nazionale per la
pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana: