Speranze e preoccupazioni del Papa per la pace e lo sviluppo nel mondo: intervista
con mons. Migliore
(30 gennaio 2007 - RV) Dare voce a chi non ha voce e offrire un contributo di speranza
per la pace, la giustizia e lo sviluppo per tutta l’umanità: è questa l’azione della
Santa Sede a livello internazionale che Benedetto XVI sta portando avanti anche all’ONU
attraverso i suoi collaboratori. E’ quanto afferma l’arcivescovo Celestino Migliore,
osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York, che ieri è stato ricevuto
dal Papa. Sui contenuti del colloquio ascoltiamo il presule al microfono di Giovanni
Peduto:
********** R. – Sono contento di aver avuto questa possibilità di
parlare con il Santo Padre, anche direttamente di queste preoccupazioni e di queste
speranze comuni riguardo all’attività dell’ONU. L’ONU vive, in questo momento, un
po’ – si può probabilmente dire - come ai tempi della Torre di Babele: tutti lavoriamo
allo stesso progetto, usiamo gli stessi metodi, ma in molti momenti facciamo veramente
molta fatica a comprenderci. E questo non per le lingue che parliamo, perché più o
meno tutti noi possiamo capirci, ma soprattutto riguardo allo spirito di frammentazione
culturale, che arriva spesso ad una certa divisione. Sembra quasi impossibile riuscire
a metterci d’accordo anche sulle cose più piccole. In questo incontro con il Santo
Padre ho riscontrato questo suo grande desiderio che la presenza della Santa Sede
all’ONU possa dare il suo contributo per sbloccare questa situazione e far sì che
ci sia più buona volontà per arrivare a delle intese, che certo sarebbero fruttuose
per tutta l’umanità.
D. – Quali sono le speranze e quali le preoccupazioni
del Santo Padre riguardo alla situazione internazionale?
R. – Ovviamente
dall’ONU ci si attende quello che l’ONU deve fare. Per statuto l’ONU ha come compito
quello di raggiungere la pace e il benessere delle popolazioni del mondo, attraverso
la cooperazione e attraverso un’intesa comune. Se guardiamo a questi grandi capitoli
– pace e sviluppo – vediamo alcune luci ed anche molte ombre.
D. – Più
specificamente cosa si attende la Santa Sede dall’ONU in generale e più particolarmente
dal nuovo segretario generale?
R. – Il nuovo segretario generale ha cominciato
a svolgere le sue nuove funzioni soltanto un mese fa. E’ un uomo certamente molto
preparato ed anche molto ben animato. Questo è un periodo di rodaggio, nel quale deve
anche comporre il suo staff. Siamo ora in una condizione – per così dire - ancora
di attesa, ma di un’attesa che è nutrita di buone speranze. Si sente che questa nomina
è stata come un iniettare sangue nuovo in questa istituzione.
D. – Ci
sono iniziative particolari della Santa Sede a livello internazionale?
R.
– Iniziative particolari o spettacolari, direi di no: noi cerchiamo soprattutto di
dare voce a chi non ha voce. Ci sono, infatti, tantissime situazioni di emergenza
in cui ci si rivolge al Papa, ci si rivolge alla Santa Sede, e proprio attraverso
questa presenza a New York cerchiamo di portare avanti questo lavoro, che è spesso
un lavoro specificatamente umanitario.
D. – Medio Oriente, Iraq, Darfur,
Somalia rappresentano soltanto alcuni dei punti nevralgici, scottanti delle situazione
internazionale oggi. Cosa si chiede alla Comunità internazionale per fronteggiare
queste emergenze?
R. – Due anni fa, nel settembre del 2005, all’ultimo
Vertice dei capi di Stato e di Governo, il documento finale ha introdotto una nozione
molto bella: la responsabilità collettiva di proteggere. La sovranità non è più intesa
come un diritto e quindi un diritto di non interferenza negli affari interni, ma è
soprattutto intesa – prima di tutto – come una responsabilità che i governanti hanno
di proteggere le loro popolazioni e laddove i governanti non possono o non vogliono
proteggere la popolazione o parte della popolazione, allora diventa una responsabilità
collettiva, che ricade poi sui meccanismi dell’ONU. Abbiamo, quindi, un quadro molto
preciso, ancora una volta si tratta ora di farlo funzionare. E farlo funzionare vuol
dire suscitare delle buone volontà. Questo credo che sia anche un compito molto delicato,
nascosto, difficile, ma certamente il più importante contributo che la Santa Sede
possa dare alle Nazioni Unite. **********