I vescovi liguri dal Papa: ai nostri microfoni l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco
(29 gennaio 2007 - RV) Il Papa ha ricevuto stamane il primo gruppo di vescovi della
Conferenza episcopale della Regione Liguria in visita ad Limina, guidati dall’arcivescovo
di Genova Angelo Bagnasco. La Regione ecclesiastica ligure conta circa un milione
e 900 mila abitanti, sette diocesi, 1250 parrocchie e quasi 1700 sacerdoti tra secolari
e regolari. La presenza della Chiesa sul territorio è iniziata già a partire dal III-IV
secolo e da allora l'adesione delle genti liguri alla fede cristiana si è manifestata
costantemente, in particolare con la fondazione di luoghi di culto, eretti a protezione
dei pericoli di cui era fonte il mare, e anche centri di ospizio per i pellegrini
che attraverso la via Aurelia si dirigevano a Roma dalla Francia meridionale o dalla
Spagna. Tra Medioevo e Rinascimento la Chiesa ligure ha dato alla storia due Papi:
Innocenzo IV e Giulio II. Al presidente della Conferenza episcopale regionale, l’arcivescovo
Angelo Bagnasco, Gabriella Ceraso ha chiesto di illustrare quali sono le caratteristiche
rilevanti della Chiesa ligure:
********** R.
– Per certi aspetti ha dei denominatori comuni, che riguardano anzitutto una tradizione
molto radicata della fede, anche se anch’essa è sottomessa al processo di secolarizzazione
che è in atto. Si mantengono anche alcune tradizioni come l’operosità e la concretezza
dei sacerdoti, anzitutto accanto alla propria gente, nelle parrocchie, nei gruppi
e nei movimenti ed un notevole radicamento a livello di solidarietà, di carità e di
intervento per le fasce più povere. Questi sono alcuni aspetti ecclesiali abbastanza
comuni. Per quanto riguarda poi le problematiche, il processo di secolarizzazione,
che riguarda anche un certo benessere, che in Liguria è abbastanza diffuso, anche
se a volte non evidente e non esplicito, perché proprio del carattere ligure, e la
mancanza di lavoro, con una certa conseguenza dell’invecchiamento della popolazione,
perché i giovani, pur di trovare lavoro, vanno fuori dove possono trovarlo.
D.
– Guardando alla Liguria geograficamente, notiamo che è caratterizzata da una zona
costiera molto ricca, molto commerciale e molto turistica, e da una zona interna,
montuosa e dunque più isolata. Alla Chiesa questa struttura geografica cosa comporta?
Ci sono delle attenzioni, delle urgenze, degli impegni particolari? Ricordo, ad esempio,
che Papa Giovanni Paolo II nell’87, incontrando i vescovi liguri, raccomandò loro
molta attenzione sia alla pastorale del turismo che alla pastorale giovanile…
R.
– Certamente, e questo soprattutto riguardo alla pastorale giovanile: perché se è
vero che la popolazione in Liguria tende ad un certo invecchiamento, è anche vero,
però, che è presente sul territorio un certo numero di giovani, che rappresentano
sì una minoranza, ma proprio per questo la pastorale a loro diretta deve essere ancora
più curata. Questa attenzione, quindi, non solo la rilevo, ma la rilancio. Per quanto
riguarda, poi, la pastorale del turismo, è vero che la nostra regione è una regione
molto bella dal punto di vista climatico e dal punto di vista geografico, ma è altrettanto
vero che non è che l’economia – almeno ad oggi - possa pensare di fondarsi esclusivamente
sul turismo. Questo significa che la Chiesa deve puntare molto sul mondo del lavoro
e Genova in particolare ha una grande tradizione riguardo proprio alla figura dei
cappellani del lavoro, dei sacerdoti che in modo sistematico ed organico assicurano
la presenza della Chiesa proprio all’interno degli stabilimenti e delle aziende. Questa
rappresenta una attenzione tipica della Liguria, che porta molti frutti.
D.
– Quale il rapporto con il mondo laico?
R. – C’è certamente un riconoscimento
nei confronti dell’azione della Chiesa, di cui l’ultimo gesto è rappresentato dalla
richiesta venuta da tutte le parti sociali, rispetto alla diocesi di Genova, di poter
esprimere un proprio consigliere nel nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione
Carige. Ho accolto questa richiesta proprio perché è venuta da parte di tutte le parti
politiche, in modo assolutamente unanime, e con questa precisa ed esplicita motivazione
di riconoscimento dell’azione della Chiesa ligure verso le fasce più povere e più
deboli.
D. – La Liguria è anche terra di marinai e di emigranti: che cosa
significa lasciare le proprie terre per andare in cerca di lavoro? Dal punto di vista
dei problemi della migrazione, come interviene la Chiesa?
R. – In questo
senso le comunità cristiane si danno da fare e cercano di essere il punto di riferimento
anche per gli immigrati, anche attraverso una presenza di accoglienza nelle parrocchie,
attraverso i centri di ascolto vicariali, ma anche attraverso le istituzioni più diocesane
come le Caritas e l’Auxilium per quanto riguarda Genova in modo particolare. Con fantasia
molto vivace, si cerca di rispondere a queste esigenze, prima fra tutte la casa, il
lavoro e laddove si vuole una certa integrazione culturale, che è quanto di più auspicabile
si possa pensare.
D. – La sua esperienza a lungo come presenza nel mondo
militare, tra i dolori e le gioie di tanti giovani, come la ha arricchita anche in
questo servizio per la Regione e specificatamente per la città stessa di Genova?
R.
– Anzitutto con la conferma del giudizio ispirato ad una grande fiducia nei confronti
dei giovani di oggi, che hanno al fondo del proprio cuore e del proprio essere una
grande bontà, grandi capacità di generosità, di dedizione e che hanno bisogno di trovare
degli ideali alti per cui impegnarsi. Questo mi aiuta a guardare i giovani di Genova
con molta speranza e con molta fiducia. In secondo luogo, direi, mi ha aiutato ad
intravedere una pastorale più essenziale, per quanto possibile, e che significa catechesi,
sacramenti e solidarietà. **********