2007-01-17 17:11:16

Giornata del dialogo ebraico-cristiano


(17 gennaio 2007 - RV) In occasione dell’odierna Giornata di riflessione ebraico-cristiana il rabbino capo di Israele, Yona Metzger, durante un incontro organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, ha rinnovato a Benedetto XVI l'invito a visitare la Terra Santa. Invito che il Papa ha accettato – ha detto il cardinale Walter Kasper, presente all’evento in qualità di presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo – ma la cui attuazione dipende dalla situazione sul terreno. Da parte sua, il rabbino Metzger ha definito i rapporti tra cristiani ed ebrei ottimi: “Non c'è mai stato nella storia – ha sottolineato - un momento così buono e significativo”. Tuttavia, non ha esitato a manifestare preoccupazione per il crescente antisemitismo in Europa. La Giornata si svolge anche quest’anno sui temi del Decalogo. Al microfono di Stefano Leszczynski ascoltiamo in proposito mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, Narni e Amelia, e presidente della Commissione episcopale della CEI per l’ecumenismo e il dialogo:
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R. – Come è noto, è ormai da qualche anno che si celebra la Giornata dell’ebraismo, nella Chiesa cattolica, ed è un momento di riflessione, appunto, sul rapporto che c’è tra la religione ebraica e la religione cristiana. La Giornata odierna è la seconda di un ciclo che si è aperto lo scorso anno, sui Dieci Comandamenti. Ricordo ancora che quando Papa Benedetto, a Colonia, nell’imminenza della GMG, disse che il rapporto tra ebraismo e cristianesimo era nodale e si basava sulla centralità della Legge mosaica, i Dieci Comandamenti, per la vita degli uomini e dei popoli, ecco, decidemmo allora di riflettere assieme, ebrei e cristiani in Italia, su questi temi. Lo scorso anno prendendo spunto dalla prima parte del Primo Comandamento: “Io sono il Signore Dio tuo”; e quest’anno, con la dizione “ebraica”, ne prendiamo la seconda parte, e cioè “Non avrai altre divinità al mio cospetto”. Ebrei e cristiani devono ritrovare una nuova alleanza per far fronte ai drammi del mondo contemporaneo, ed in questo senso riflettere assieme sui Dieci Comandamenti, pone i credenti delle due tradizioni religiose sulla stessa identica frontiera di una convivenza pacifica fra tutti i popoli. “Non avrai altri dei avanti a me” vuol dire anzitutto che l’uomo è una creatura, non deve mettersi al posto di Dio. E se pensiamo ai problemi dell’etica, ai problemi dell’ambiente, comprendiamo l’attualità di tutto questo. Se poi diciamo che non debbono esserci altri idoli, e allora il potere, il denaro, l’economia eccetera, ecco, tutto ciò mostra quanto ci sia bisogno di un raccordo spirituale sul primato assoluto di Dio per poter offrire al mondo un orizzonte più pacifico.
D. – Questa Giornata assume anche un carattere simbolico molto forte, svolgendosi subito a ridosso della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Come mai questo collegamento?
R. – Il collegamento è stato studiato appositamente. Infatti, prima di iniziare la riflessione sull’unità dei cristiani, si è voluto mettere un fortissimo legame con l’ebraismo ad indicare la radice del cristianesimo.
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Ma a che punto è il dialogo tra ebrei e cattolici? Fabio Colagrande lo ha chiesto al rabbino Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane:
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R. – Il dialogo ebraico-cristiano ha fatto dei grandi passi avanti. Noi ebrei siamo una cultura di minoranza che lotta finché ci siano sempre culture di minoranza. Il dialogo è produttivo e proficuo fintantoché ognuno rispetterà l’altro per quello che è e per quello che dice e non per quello che noi vogliamo che l’altro sia o quello che l’altro dica. Il dialogo ha fatto dei passi avanti; non bisogna essere frettolosi, perché le cose da dirci sono tante; bisognerà dirsele gradualmente, francamente, ma non bisogna aver fretta, perché il tempo farà la sua parte ...
D. – Il dialogo tra ebrei e cristiani può essere uno strumento anche per combattere l’antisemitismo, che sembra ancora presente nella cultura?
R. – L’antisemitismo è la cattiva erba che purtroppo non muore mai, e su questo dobbiamo lavorare su due fronti: quello del pregiudizio, e su questo il dialogo può aiutare moltissimo; ma l’altro aspetto, che soprattutto le vicende storiche del XX secolo ci insegnano, è il muro dell’indifferenza, perché purtroppo spesso alcune idee totalitarie, razziste trovano terreno fertile laddove c’è indifferenza, c’è egoismo ... per cui, come dice una massima rabbinica, “ogni uomo non è giudicato tanto per ciò che ha fatto, per ciò che fa, quanto per ciò che non fa e che potrebbe fare”. Quindi, ognuno deve fare quello che può, ognuno deve fare la sua parte, perché purtroppo i pregiudizi sono ancora molti e quindi chi può deve adoperarsi per sconfiggerli e creare un nuovo clima di rispetto per il prossimo, anche se il prossimo non la pensa come lui!
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