La luce del perdono cristiano sulla efferata strage di Erba: la riflessione di mons.
Bruno Molinari
(12 gennaio 2007 - RV) La luce del perdono cristiano sulla efferata strage di Erba.
E’ la speranza che ci offrono i parenti di tre delle quattro vittime dell’eccidio
compiuto l’11 dicembre scorso in questa cittadina lombarda, per una banale lite condominiale,
dai coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ora in carcere. E’ la testimonianza in particolare
di Carlo Castagna che ha perso la moglie, la figlia e il nipotino di due anni: “Li
perdono e li affido al Signore – ha detto – bisogna finirla con l’odio che non porta
da nessuna parte”. E l’anziana bisnonna del piccolo Youssef, esortando i propri cari
a sdraiarsi sulla Croce di Cristo, ha detto: “Dobbiamo lasciare uno spazio nel nostro
cuore per gli assassini”. Domani alle 10,30 il vicario episcopale per la zona
di Lecco, mons. Bruno Molinari, presiederà nella chiesa di Santa Maria Nascente
di Erba i funerali della moglie di Carlo Castagna. Luca Collodi gli ha chiesto di
commentare il coraggio del perdono dei parenti delle vittime:
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R. – Qui sì, dobbiamo parlare di perdono. E’ un linguaggio profondamente umano
ed è una parola che fa parte in modo del tutto speciale del nostro vocabolario cristiano.
Certo, il perdono non toglie la necessità che la giustizia umana faccia il suo corso.
Credo che a volte diventi difficile, soprattutto nel momento immediato, parlare di
perdono. Qui la lezione ci è venuta con molta tempestività e con grande convinzione
proprio da colui che più di tutti è stato colpito e che nella fede ha trovato la speranza,
il coraggio della misericordia, della pietà. Io ricordo che già all’indomani del delitto,
incontrando il signor Carlo Castagna, ho ricevuto da lui questo pensiero: “La fede
per me, in questi giorni, come in tutta la mia vita, è come il lembo del mantello
del Signore. Mi aggrappo lì, per trovare forza”. Io penso che questo sia stato il
pensiero di Carlo, del suo partecipare quotidiano alla Messa durante questo mese.
Mi pare che per nessuno sia facile perdonare. Si può farlo soltanto a partire da salde
convinzioni interiori, a partire da quella misteriosa risorsa della fede e della vera
carità cristiana.
D. – Come un uomo di Chiesa come lei, che è impegnato
pastoralmente in zona, ad Erba, si spiega una vicenda di cronaca così orrenda?
R.
– Il motivo della strage non è stato la pazzia, la follia di qualcuno – a volte all’origine
dei fatti delittuosi – non è stato neanche l’avidità di una rapina, come purtroppo
tante volte accade, ma è stato proprio un regolamento di conti per cause banali:
una lite in un cortile tra vicini di casa. Questo mi fa domandare come possa succedere
una cosa del genere. Io penso che al di là delle cause contingenti dobbiamo fare un
discorso di valore e domandarci se non siamo – e io penso di sì – in un tempo in cui
c’è uno sgretolarsi progressivo, un affievolirsi del valore prezioso, assoluto della
vita. Mi sembra che con facilità si arrivi al disprezzo, anche evidente, della vita.
E poi mi sembra ci sia anche una logica di impazienza, di intolleranza, di prepotenza
nel rapporto breve della vita quotidiana, il pensare che la vita di altri possa valere
meno del mio diritto, anche minimo, anche di poco conto. Mi pare di vedere tra le
persone un tasso di litigiosità, di aggressività che è veramente fuori norma. Penso
sia dovuto all’egoismo, all’orgoglio, alla fretta del nostro tempo.
D.
– Mons. Molinari, proprio questo è uno dei punti… Lei non nota un’eccessiva conflittualità
nella società italiana, in questo periodo?
R. – Sì, direi che sia a livello
generalizzato. Poi si traduce anche nella concretezza della vita quotidiana. Quando
vedo, per puro caso, pezzetti di trasmissioni televisive, dove la litigiosità è proprio
il sale che si mette volutamente sulle ferite della gente per farla arrabbiare, per
farla reagire, da lì poi si crea anche un clima, un modo di fare, che si vede poi
nell’incapacità di controllarsi, che è più diffusa di quanto non sembri. In strada
– sono molto in giro per le strade, a causa del mio ministero – quante volte si nota
questa incapacità di controllarsi, nei luoghi di lavoro, nella scuola, nei luoghi
del divertimento e perfino in famiglia! Qualche volta mi dà l’impressione che ci sia
un venir meno del senso della realtà. Certe cose possono accadere dove si perde la
misura del reale, in un mondo dove sembra sempre più fragile e insicura la linea di
demarcazione tra quello che è vero e quello che è virtuale. Qualche volta la gente
a furia di stare davanti alla televisione forse perde anche il senso della realtà.
Crede di essere, forse, in un film.
D. – Mons. Molinari, davanti a questo
episodio tristissimo, questa strage di Erba, la Chiesa che cosa può fare concretamente,
che parola può dire alla gente?
R. – Io penso che il primo compito della
Chiesa sia quello di educare al senso di Dio e della fede in Lui. Per usare parole
antiche, dove c’è il santo timore di Dio non si può arrivare all’efferatezza di questi
delitti. Invece, più l’uomo si allontana da Dio, più perde il senso della pietà. Se
non si è più figli, non si è neanche più fratelli. Altro compito proprio della Chiesa
è quello di risvegliare, mantenere vivo, educare continuamente ad un alto senso morale,
cioè alla chiara distinzione fra il bene e il male, una distinzione che forse oggi
molti hanno smarrito. Allora, penso a quella preziosa e antica bussola che sono i
comandamenti: quinto, non uccidere. E’ chiaro, senza possibilità di fraintendimenti.
Il punto vero è che il male, dice la Bibbia, è accovacciato alla porta dell’uomo.
Quindi, forse dobbiamo essere più attenti, più vigili dentro di noi.
D.
– Qualche osservatore, con prudenza, parla anche di una presenza del Maligno in questa
strage di Erba…
R. – Sì, io userei certo questa prudenza, ma noi dobbiamo
saper dare il nome vero al male, che in generale abita come una ferita, da sempre,
il cuore dell’uomo. Basta ritornare alle prime pagine della Bibbia per capire che
davvero questo nome che vuole contrastare il progetto di bene, di salvezza e di amore
di Dio c’è, è effettivo, è vero. La sapienza antica ci dice anche che l’azione del
Maligno in genere cerca sempre di nascondersi, di infilarsi dentro alla normalità
della vita quotidiana, però c’è e lavora. **********