2007-01-10 15:43:36

Pellegrinaggio di solidarietà dei vescovi europei e statunitensi in Terra Santa


(10 gennaio 2007 - RV) Inizia domani la visita in Israele e nei Territori palestinesi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa: si tratta di un organismo che riunisce membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea e vescovi degli Stati Uniti. L’iniziativa, che durerà fino al 18 gennaio, prevede incontri a Gerusalemme, Nazareth, Betlemme e Gaza, con le autorità israeliane e palestinesi e soprattutto con le comunità cristiane locali per far giungere loro un messaggio di solidarietà e di vicinanza da parte di tutta la Chiesa in questo momento di particolare difficoltà. Antonella Palermo ha sentito in proposito il vicesegretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa mons. Peter Fleetwood:

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R. – Si viene a conoscere la realtà delle comunità cristiane locali. Non si legge semplicemente il giornale, ma si va ad incontrare le persone. In questo senso è una esperienza per noi molto bella, perché ci permette di imparare molto.


D. – Nei suoi recenti viaggi in Terra Santa da cosa è stato maggiormente colpito?


R. – Dalle facce dei bambini di Betlemme: erano le facce di bambini traumatizzati ed i loro visi sono rimasti con me per molto tempo. Sono molto contento che possiamo vedere questi bambini. Anche se non c’è il tempo di conoscerli direttamente, questi bambini sanno che questo rappresenta un qualcosa per loro. Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che per me l’Università di Be-tlemme rappresenta una stella di speranza in una situazione che è quasi disperata. Quando si vedono gli studenti, ti verrebbe da chiedere: perché prepararli ad un futuro, se non c’è impiego? Ma cedere a questo, sarebbe per me già come cedere alla disperazione.


D. – Papa Benedetto XVI nel suo discorso rivolto agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede ha di nuovo rinnovato il suo pressante appello a tutte le parti in causa nel complesso scacchiere politico della regione del Medio Oriente, “con la speranza – ha detto – che si consolidino i segni positivi tra israeliani e palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane e – ha aggiunto – la Santa Sede non smetterà di ripetere che le soluzioni militari non conducono a nulla”…


R. – Quasi nessuno in Israele e nei Territori vive senza paura. Sono molto contento che il Papa abbia messo l’accento sul diritto di tutti alla sicurezza della vita e alla giustizia.


D. – Padre Pizzaballa, francescano, custode di Terra Santa, all’indomani del periodo di celebrazioni liturgiche del tempo di Natale, ha detto: “Stringe il cuore svolgere il tradizionale ingresso solenne in Betlemme, passando per l’alto muro che separa Israele dalla Cisgiordania”. E’, questa, una soluzione per lei?


R. – Il muro ha forse limitato il numero degli attacchi suicidi, ma non può non creare una forma diversa di tensione e di rabbia. E questo perché rappresenta, da una parte, un simbolo di separazione basata sulla paura e, dall’altra parte, questo muro ha effettivamente “rubato” l’accesso alle fonti d’acqua, che sono tutte dalla parte israeliana del muro: gli stessi salesiani sono stati separati dalla loro vigna; molti palestinesi si trovano ora separati dalla loro famiglia e per raggiungere il lavoro devono attraversare un check-point, che forse non è esattamente al punto dove si dovrebbe andare, ma a qualche chilometro di distanza. Questo muro ha creato una situazione che, a mio parere, darà soltanto nutrimento all’odio.
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