(30 dicembre 2006 - RV) Saddam Hussein, è stato impiccato alle 4 ora italiana (le
6 locali), smentita la notizia dell’avvenuta esecuzione del fratellastro e del capo
della Corte rivoluzionaria. L'esecuzione dell’ex dittatore è stata filmata. La decisione
dopo un vertice tra Stati Uniti e Iraq. Inutili gli estremi tentativi dei suoi avvocati.
Il presidente George W. Bush ha definito l'impiccagione di Saddam Hussein “Una pietra
miliare nella storia dell’Iraq".Il servizio di Paolo Mastrolilli:
Violenti
disordini sono scoppiati nei pressi della città di Falluja, roccaforte della ribellione
sunnita, per protestare contro l'esecuzione dell'ex presidente Saddam Hussein.
Reazioni
dopo la morte di Saddam sono giunte anche da Londra. A parlare per il premier britannico
Blair, il ministro degli Esteri Beckett che, pur esprimendo contrarietà all’impiccagione,
ha sottolineato come l’ex rais abbia pagato per i suoi crimini. Il servizio di Sagida
Syed:
Per le reazioni
in Israele e nel mondo arabo sentiamo invece il servizio di Graziano Motta: 00:00:47:11
E le misure di sicurezza nel Paese sono state rafforzate per il timore
di crescenti tensioni tra i sostenitori del vecchio regime. Ma molte sono state anche
le scene di giubilo verificatesi nella capitale irachena. Ma cosa significa politicamente
per l’Iraq questa esecuzione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’editorialista di
Repubblica Kaled Fouad Allam: ********** R . - Si chiude certamente un capitolo
della storia irachena degli ultimi 30 anni. Se ne sta, però, aprendo un altro che
credo sia altrettanto pericoloso. E questo perché aver scelto proprio la data del
30 dicembre, giorno nel quale viene sacrificato per i musulmani l’agnello e quindi
un giorno di grande festa per i musulmani, ha significato comunque dare un nuovo significato
a questa condanna, quasi una colorazione di tipo religioso da parte degli sciiti in
relazione ai sunniti. Questo non può che rischiare, quindi, di aumentare e di enfatizzare
la frattura comunitaria che è attualmente alla base dello scontro all’interno dell’Iraq.
Si sta aprendo, in un certo senso, la frattura in modo molto più evidente, più forte
e più netta, di cui non riusciamo ancora a misurare le conseguenze nei rapporti tra
sunniti e sciiti. Se avessero messo in atto questa condanna qualche giorno più tardi,
sarebbe stato tutto diverso. Questo significa, tra l’altro, che l’Iraq è divenuto
ora il secondo Paese sciita al mondo, dopo l’Iran. Questo non bisogna assolutamente
dimenticarlo, anche se non bisogna neanche dimenticare il fatto che gli sciiti, che
hanno potuto ottenere il potere politico, sono stati da sempre discriminati dai sunniti.
Questo anche non dobbiamo dimenticarlo.
D. – In molti nel mondo si sono
opposti a questa esecuzione. A questo punto, che cosa può dare in più questa condanna
a morte al disegno americano in Iraq?
R. - Credo che anche in America
sia un argomento che divide quanto unisce. Credo che Bush abbia voluto, in un certo
senso, sigillare definitivamente il capitolo iracheno di questi ultimi quattro anni:
siamo ormai quasi a quattro anni dall’inizio di questa guerra, iniziata nel marzo
del 2003. E questo proprio in un momento in cui la guerra sta sfuggendo al controllo
del governo di Bush. Mi sembra che tutto questo abbia un effetto simbolico molto importante
per Bush, che però non ne ha misurato le conseguenze. Credo che il rifiuto della
cultura della morte faccia parte degli elementi fondanti su cui costruire una democrazia.
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E anche nelle ore precedenti l’esecuzione di Saddam la Chiesa
irachena ha ribadito la sua contrarietà alla pena di morte. Luca Collodi, ha intervistato
mons. Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico a Baghdad: 00:03:35:21