2006-12-27 16:20:09

Mons. Sigalini denuncia la strumentalizzazione del caso Welby per attaccare la Chiesa e promuovere l'eutanasia


(27 dicembre 2006 - RV) Soltanto l’esito dell’autopsia sul corpo di Piegiorgio Welby farà stabilire alla Procura di Roma se archiviare il caso o piuttosto iscrivere sul registro degli indagati gli eventuali responsabili tra cui Mario Riccio, il medico che ha sedato Welby prima di procedere al distacco del respiratore. Non si spengono intanto le polemiche sulla negazione dei funerali religiosi da parte del Vicariato di Roma. Ascoltiamo in proposito il commento di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, al microfono di Fabio Colagrande:

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R. - Io sono convinto che il funerale è un gesto di preghiera che si fa verso Dio nei confronti di una persona che è deceduta. Quindi credo che nessuno abbia messo in dubbio che per questa persona si debba pregare perché il Signore lo accolga. Il problema è stato che questo funerale è stato fatto diventare una bandiera. Credo che il Vicariato si sia trovato di fronte a questa situazione, di fronte ad un gesto liturgico che è stato fatto diventare una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana. Non ha fatto questo gesto nei confronti di una persona: giudicandolo, mettendosi davanti e al di sopra di Dio nel giudicare la sua salvezza. Allora se questo è vero, se il funerale è un gesto che tiene conto di tutta un’esperienza di comunità, allora non è privatizzabile e assolutamente non è strumentalizzabile da una ideologia che vuol far passare con casi dolorosi tutto un suo modo di concepire la vita. Tanto più che hanno chiesto i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con la fede e non la vogliono nemmeno, oltre che, evidentemente, la famiglia. Mi pare che nella Bibbia già Gesù Cristo stigmatizzava il fatto che c’era gente che faceva morire le persone e poi gli creava dei monumenti. A me pare che a volte, se non stiamo attenti, rischiamo questo e anche in questo caso c’è gente che ha voluto a tutti i costi la sua morte e poi gli hanno voluto fare un monumento. Ciò non toglie, evidentemente, che nelle chiese si sia pregato per lui e io pure ho pregato per lui.


D. – Mons. Sigalini, secondo lei, perché molti, talvolta anche tra i credenti, non hanno capito le motivazioni di questa scelta?


R. – Perché lentamente noi stiamo mettendo la “sordina” a tutto. Va bene tutto e va bene il contrario di tutto. Io mi sarei aspettato, se avessero fatto i funerali in chiesa, che avrebbero detto sicuramente: “Vedete, la Chiesa fa tanto baccano sul problema dell’eutanasia e poi alla fine le va bene anche quella, basta che le danno i soldi del funerale”. Questo sarebbe stato ancora peggio. Purtroppo l’esperienza della Chiesa è vista sempre come una sorta di commercio di cose sacre. Invece è un dialogo con Dio profondo e il dialogo con Dio non può essere soggetto a nessuna di queste strumentalizzazioni. Io ho dovuto rispondere via e-mail, anche sotto Natale, a dei miei amici che giustamente si interrogavano e mi dicevano: “Ma io devo dare la stura a tutte queste lamentele oppure accetto senza ragionare?” No, io dico che bisogna ragionarci sopra, bisogna vedere veramente che cosa significa questo esasperare un problema e voler continuamente portare la Chiesa su alcune posizioni per poi poterla infilzare. Questo mi pare che sia lo stratagemma che stanno usando tutti quelli che vogliono l’eutanasia, così come lo hanno usato quando c’era l’aborto. “Ci sono milioni di aborti clandestini”, dicevano, solo perché non volevano far ragionare la gente, spingendola così a prendere una decisione soltanto in base alla commozione.
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