Mons. Sigalini denuncia la strumentalizzazione del caso Welby per attaccare la Chiesa
e promuovere l'eutanasia
(27 dicembre 2006 - RV) Soltanto l’esito dell’autopsia sul corpo di Piegiorgio Welby
farà stabilire alla Procura di Roma se archiviare il caso o piuttosto iscrivere sul
registro degli indagati gli eventuali responsabili tra cui Mario Riccio, il medico
che ha sedato Welby prima di procedere al distacco del respiratore. Non si spengono
intanto le polemiche sulla negazione dei funerali religiosi da parte del Vicariato
di Roma. Ascoltiamo in proposito il commento di mons. Domenico Sigalini, vescovo di
Palestrina, al microfono di Fabio Colagrande:
********** R. - Io sono convinto
che il funerale è un gesto di preghiera che si fa verso Dio nei confronti di una persona
che è deceduta. Quindi credo che nessuno abbia messo in dubbio che per questa persona
si debba pregare perché il Signore lo accolga. Il problema è stato che questo funerale
è stato fatto diventare una bandiera. Credo che il Vicariato si sia trovato di fronte
a questa situazione, di fronte ad un gesto liturgico che è stato fatto diventare una
bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana. Non ha fatto questo
gesto nei confronti di una persona: giudicandolo, mettendosi davanti e al di sopra
di Dio nel giudicare la sua salvezza. Allora se questo è vero, se il funerale è un
gesto che tiene conto di tutta un’esperienza di comunità, allora non è privatizzabile
e assolutamente non è strumentalizzabile da una ideologia che vuol far passare con
casi dolorosi tutto un suo modo di concepire la vita. Tanto più che hanno chiesto
i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con la fede e non la
vogliono nemmeno, oltre che, evidentemente, la famiglia. Mi pare che nella Bibbia
già Gesù Cristo stigmatizzava il fatto che c’era gente che faceva morire le persone
e poi gli creava dei monumenti. A me pare che a volte, se non stiamo attenti, rischiamo
questo e anche in questo caso c’è gente che ha voluto a tutti i costi la sua morte
e poi gli hanno voluto fare un monumento. Ciò non toglie, evidentemente, che nelle
chiese si sia pregato per lui e io pure ho pregato per lui.
D. – Mons.
Sigalini, secondo lei, perché molti, talvolta anche tra i credenti, non hanno capito
le motivazioni di questa scelta?
R. – Perché lentamente noi stiamo mettendo
la “sordina” a tutto. Va bene tutto e va bene il contrario di tutto. Io mi sarei
aspettato, se avessero fatto i funerali in chiesa, che avrebbero detto sicuramente:
“Vedete, la Chiesa fa tanto baccano sul problema dell’eutanasia e poi alla fine le
va bene anche quella, basta che le danno i soldi del funerale”. Questo sarebbe stato
ancora peggio. Purtroppo l’esperienza della Chiesa è vista sempre come una sorta di
commercio di cose sacre. Invece è un dialogo con Dio profondo e il dialogo con Dio
non può essere soggetto a nessuna di queste strumentalizzazioni. Io ho dovuto rispondere
via e-mail, anche sotto Natale, a dei miei amici che giustamente si interrogavano
e mi dicevano: “Ma io devo dare la stura a tutte queste lamentele oppure accetto senza
ragionare?” No, io dico che bisogna ragionarci sopra, bisogna vedere veramente che
cosa significa questo esasperare un problema e voler continuamente portare la Chiesa
su alcune posizioni per poi poterla infilzare. Questo mi pare che sia lo stratagemma
che stanno usando tutti quelli che vogliono l’eutanasia, così come lo hanno usato
quando c’era l’aborto. “Ci sono milioni di aborti clandestini”, dicevano, solo perché
non volevano far ragionare la gente, spingendola così a prendere una decisione soltanto
in base alla commozione. **********