2006-12-17 15:34:50

La Chiesa propone nuove relazioni con gli zingari


(17 dicembre 2006 - RV) Curare i rapporti con le popolazioni nomadi e promuovere una pastorale che non sfoci soltanto in un semplice assistenzialismo: sono gli obiettivi che i direttori nazionali della pastorale per gli Zingari si propongono al fine di favorire l’integrazione delle minoranze. Di questi argomenti si è discusso nei giorni scorsi a Roma all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Un’occasione che ha consentito pure di approfondire lo studio del documento “Orientamenti per una pastorale degli Zingari”. Giovanni Peduto ha chiesto a mons. Pietro Gabella, direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la pastorale dei Rom e dei Sinti, qual è la realtà, oggi, degli Zingari:


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R. – È una minoranza che, oltre a non essere capita, ha una storia di sofferenza enorme, che viene un po’ misconosciuta. Se non si parte da una presa di coscienza di queste sofferenze che ci sono state, e che continuano da quando queste persone sono in mezzo a noi, non si possono nemmeno capire tutte le loro condizioni, il loro modo di vivere e quelle cose che a noi sembrano gravi, certi loro sbagli. Nel corso dell’incontro si è chiarito un pò come il “sopravvivere” ha delle regole differenti dal “vivere”: il “vivere” segue un determinato tipo di regole, mentre il “sopravvivere” fa emergere di più la furbizia. Ma non è colpa di chi sopravvive, se per sopravvivere deve usare la furbizia. Riuscendo a capire questo, la Chiesa può anche trovare le strade per superare le difficoltà che sussistono nel rapportarsi con queste persone e quindi impegnarsi, a lunga scadenza, per creare con queste minoranze dei rapporti nuovi. Bisogna imparare a dare fiducia alle persone: se abbiamo di fronte delle persone che ci danno fiducia, anche quando sbagliamo, siamo pronti a riprendere il cammino e a ricominciare finché non ci perfezioniamo; se abbiamo, invece, di fronte delle persone che costantemente ci condannano, i nostri errori diventano – per noi – delle virtù. E’ quindi importante questo tentare di dare fiducia e di avere la pazienza, che è poi la pazienza di Dio.


D. – Lei, come direttore nazionale della pastorale per gli zingari in Italia, avrà ben presente il quadro della situazione, appunto, italiana. Ce la può descrivere?


R. – Siamo abbastanza pochi noi che ci dedichiamo a questo tipo di pastorale. L’impegno della Chiesa italiana è più sul campo dell’assistenza. Noi veniamo colpiti più dai bisogni che non dalle persone. Ma non è bello fermarci sui bisogni, bisogna incontrare le persone, perché proprio incontrandole scopriamo che hanno anche dei bisogni; come del resto noi riveliamo i nostri bisogni quando gli altri ci incontrano. Se uno viene incontro a me, non per i miei limiti, non per i miei peccati, non per i miei bisogni, ma perché io sono una persona, allora con questa persona posso colloquiare, posso anche confidare i miei limiti e possiamo aiutarci anche a portarli insieme. Ecco, questa è la filosofia di fondo che stiamo tentando di raccomandare a tutte le diocesi quando devono affrontare le problematiche che riguardano gli Zingari.
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