2006-12-17 15:30:03

Iraq: rapite 20 persone. Il patriarca Delly: due giorni di digiuno per la pace


(17 dicembre 2006 - RV) In Iraq, un commando di uomini armati ha fatto irruzione, a Baghdad, negli uffici della Mezzaluna Rossa, sequestrando almeno venti persone, funzionari e semplici visitatori. Nella capitale irachena è arrivato intanto il premier britannico, Tony Blair, per sostenere il governo iracheno. Sempre a Baghdad si chiude oggi la Conferenza di riconciliazione nazionale, aperta ieri dal premier Nouri al Maliki, con l’obiettivo di arginare la violenza nel Paese. Il patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, ha chiesto poi a tutti i cristiani di osservare domani e dopodomani un digiuno per la pace, la sicurezza e la stabilità in Iraq. Sul significato di questo invito al raccoglimento e al sacrificio per il martoriato Paese del Golfo, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di mons. Philip Najim, procuratore apostolico per i caldei in Italia:

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R. – Questa è una cosa che noi ripetiamo ogni anno secondo il calendario liturgico. Quest’anno sua Beatitudine, il patriarca Delly, ha preso questa iniziativa di invitare tutti i cristiani, specialmente quelli che sono di rito caldeo, in tutto il mondo, a dedicare questi giorni di digiuno e di preghiera all’Iraq e a tutto il popolo iracheno, musulmani, cristiani e altre denominazioni, per poter costruire la pace, per poter difendere i diritti umani in Iraq. Chiediamo a Dio Onnipotente, attraverso questa preghiera e questo digiuno, di darci la grazia di poter realizzare la pace.


D. – La Chiesa caldea è particolarmente vicina alla gente irachena in questi momenti di estrema difficoltà. Qual è la situazione dei civili?


R. – E’ una situazione molto difficile, soffrono ogni giorno perché manca la sicurezza per tutta la popolazione irachena. Il governo iracheno non ha la possibilità di proteggere i cittadini, perciò la Chiesa caldea partecipa a questa sofferenza, come tutti gli altri soffre ogni giorno e attraverso questa sofferenza condivide, proprio con gli altri, questo sangue, che sprizza dagli iracheni.


D. – Come sarà il Natale dei cristiani iracheni?


R. – Sarà un Natale molto semplice, non sarà un Natale libero, non sarà un Natale che avrà segni di festa, di luce, di fiori e di colori ma sarà un Natale veramente di preghiera, di attesa del Salvatore di cui, specialmente in questi momenti difficili in Iraq, abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di questa salvezza, abbiamo bisogno del nostro Signore Gesù Cristo che viene a salvarci. Perciò tutti i cristiani in Iraq celebreranno questo Natale in modo particolare, in un modo molto significativo, con un cuore sincero e aperto per poter ricevere il suo Salvatore e vivere e mettere in pratica il significato vero della salvezza.


D. – Digiuno e preghiera sono anche un modo per richiamare i cristiani di tutto il mondo per un Natale più sobrio, più attento alle esigenze di chi soffre...


R. – Certamente, noi come cristiani ci associamo con tutti i cristiani del mondo perché abbiamo questo legame, tutti apparteniamo alla Chiesa cattolica e attraverso questa Chiesa noi dobbiamo unirci con le nostre preghiere per prepararci a ricevere il nostro Salvatore e realizzare il significato vero e autentico della salvezza del mondo e della salvezza dei principi che proteggono l’uomo.
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