(07 dicembre 2006 - RV) Un graduale cambiamento di ruolo per le truppe statunitensi
in Iraq. Questo, in sintesi, il rapporto della commissione Baker-Hamilton, consegnato
ieri al presidente americano, Bush, che ne discuterà oggi a Washington col premier
britannico Blair, in visita lampo negli Stati Uniti. Mentre il Senato statunitense
ha confermato Robert Gates come nuovo capo del Pentagono, lo studio presentato alla
Casa Bianca prevede che la presenza in Iraq passi da strettamente militare ad operazione
di appoggio, per poi arrivare a un ritiro dal Paese del Golfo. Il rapporto non indica
un calendario preciso per il disimpegno, ma fissa significativi cambiamenti per il
primo trimestre del 2008. Per un giudizio sul rapporto Baker-Hamilton, Giancarlo La
Vella ha intervistato Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano “Avvenire”:
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R. – Effetti benefici, se l’amministrazione americana dovesse accettare queste
proposte. Io l’ho trovato un rapporto molto coraggioso, che definisce la situazione
in Iraq grave, formula una serie di raccomandazioni e descrive soprattutto una realtà,
che constatiamo ormai da tre anni.
D. – Le forze di sicurezza irachene
non hanno ancora sufficiente potere per controllare tutta la situazione. C’è il rischio
che prendano il sopravvento forze fondamentaliste?
R. – Il rapporto dice
che il governo iracheno dovrebbe velocizzare la presa di controllo sulla sicurezza
del Paese e questo avviene incrementando la qualità e il numero delle brigate dell’esercito.
Quindi, non dice “ritiriamo le truppe e lasciamo gli iracheni a scannarsi tra di loro”.
Parla soprattutto della necessità di incoraggiare il governo iracheno a compiere passi
decisivi in direzione della riconciliazione nazionale. Quindi, questo è un passo importante.
Il rafforzamento della sicurezza si va accompagnando alla promozione della riconciliazione
nazionale in seno alla società irachena, altrimenti vuol dire condannare l’Iraq al
caos completo.
D. – Quali le conseguenze per la Chiesa locale?
R.
– La Chiesa ha pagato e continua a pagare un prezzo altissimo. Tre giorni fa è stato
rapito il sesto sacerdote. La Chiesa ha perso in questi tre anni, come minimo, 100
mila fedeli, che sono fuggiti in Siria, in Giordania o in altri Paesi ancora. Ogni
settimana ci sono 50 certificati di battesimo, necessari per confermare l’appartenenza
religiosa all’estero, che vengono richieste ai parroci. Questo dimostra che c’è un
esodo di massa che ovviamente colpisce proprio nelle sue forze vive la comunità cristiana.
Alla lunga questo, ovviamente, porterà ad un impoverimento della presenza cristiana
in Iraq.
D. – Quindi, l’applicazione del Rapporto Baker non potrà che portare
effetti positivi di stabilizzazione anche per la Chiesa…
R. – Esattamente,
s’inserisce nel contesto di un disimpegno, ma preceduto comunque da un processo di
coinvolgimento di tutte le componenti della società irachena e soprattutto di una
riconciliazione nazionale. Quindi, una riconciliazione tra sunniti e sciiti oppure
tra curdi e arabi non può non essere benefica anche riguardo al futuro della comunità
cristiana stessa. **********