Dal Papa i vescovi del Lazio: intervista con mons. Sigalini
(07 dicembre 2006 - RV) Il Papa ha ricevuto stamane un altro gruppo di vescovi del
Lazio che lunedì scorso hanno iniziato la loro visita “ad Limina”: ieri Benedetto
XVI li ha salutati durante l’udienza generale, nella Basilica vaticana, invitandoli
ad “una coraggiosa azione evangelizzatrice”, annunciando che il Cristo è “il Salvatore
di ogni uomo”. Ha incontrato in questi giorni il Papa anche mons. Domenico Sigalini,
vescovo di Palestrina. Fabio Colagrande gli ha chiesto di parlarci del suo colloquio
con il Pontefice:
********* R. – E’ stato molto bello perché è molto semplice:
il Papa è veramente una persona squisita, un signore, delicatissimo, ascolta tutto
quello che tu vuoi dire, fa domande pertinenti ... Il cerimoniale è molto semplice:
si entra, il Papa ti dà la mano, c’è subito la fotografia perché giustamente bisogna
lasciare traccia di questo incontro; dopo di ché ci si siede al tavolo e poi lì si
comincia a dialogare, a parlare dei preti, dei fedeli, dei vari problemi. Evidentemente
per me il problema principale è quello dei giovani, perché attorno a Roma e nel Lazio
non è che brilliamo di tanti spazi di dialogo, di confronto, di accoglienza per il
mondo giovanile! Per esempio, nelle nostre diocesi non ci sono oratori, non ci sono
tessuti di relazioni profonde, le associazioni stanno un po’ scarseggiando e questo
mi premeva comunicarlo al Papa e il Papa coglieva la necessità di creare dei ponti
tra la strada e la Chiesa, proprio per il mondo giovanile ...
D. – Lei, quando
è diventato vescovo di Palestrina, nel maggio 2005, ha scritto una lettera alla sua
comunità. In questa lettera mi ha colpito che subito nel primo paragrafo, dopo poche
righe, ci sia una speciale attenzione per coloro che hanno abbandonato la fede ...
R.
– Sì, perché le nostre realtà diocesane, il nostro popolo laziale – a mio avviso –
come del resto un po’ tutto il popolo italiano, ha bisogno di una rigenerazione della
sua fede. Noi siamo cattolici di antica tradizione, però su questo cattolicesimo c’è
andata parecchia polvere, c’è andata parecchia consuetudine, qualche ingessatura di
troppo ... Oggi bisogna riscoprirla ex novo e veramente ridarle slancio. Noi siamo
un po’ addormentati. Allora, questo è un po’ il primo compito di una comunità cristiana
di questi tempi.
D. – Il Papa, ieri, durante l’udienza generale, vi chiedeva
“una coraggiosa azione evangelizzatrice”. Come si concreta questo coraggio?
R.
– Secondo me si concreta anche non soltanto facendo bene il nostro lavoro parrocchiale,
quindi aiutando tutti ad incontrarsi con Dio, vivendo la vita sacramentale, ma anche
uscendo dalle nostre sacrestie, uscendo dai nostri spazi sacrali, andando nelle piazze,
andando concretamente anche nelle stazioni ... Il mio popolo prenestino è un popolo
di pendolari: sono seimila persone che prendono il treno tutti i giorni da Zagarolo,
e noi per esempio abbiamo messo una tenda di preghiera davanti alla stazione, proprio
per indicare che ci siamo anche noi. Questo popolo pellegrinante verso il lavoro è
accompagnato dalla sua Chiesa, dal suo Dio che condivide con il popolo questa difficoltà,
questa fatica ...
D. – Nella sua lettera pastorale chiedeva alla Chiesa locale
di diventare una Chiesa che non sia fatta “né di talebani né di smidollati”: perché
queste due categorie?
R. – Sì ... perché, purtroppo, per quanto riguarda la
fede, si tenta di dire: io sono convinto, ci metto sopra un coperchio, mi va bene
tutto. Talebano! Guarda che devi ragionare! Ma neanche smidollato, nel senso che non
ci tieni alla tua fede e va bene tutto il resto ... Allora, quindi, questo equilibrio
di una fede che è un atto intellettualmente onesto e umanamente sensato, deve caratterizzare
il nostro modo di essere credenti oggi, nel mondo. Il Papa ce lo ricorda continuamente:
questo allargare lo spazio della razionalità, ma anche quello di approfondire lo spazio
del significato e del senso. Allora, un cristiano maturo in questa maniera sarebbe
capace di proporre agli altri quello in cui crede, non lo fa come un diktat, ma trova
tutte le parole laiche per poter dire la pienezza del suo cuore e nello stesso tempo,
può ascoltare una parola di Dio che lo illumina e che gli permette di guardare dentro
la vita da un altro punto di vista che da solo non riuscirebbe ad avere.
D.
– Il suo augurio per questa visita ad limina ...
R. – Che la nostra diocesi
di Palestrina possa riprendere con grande coraggio la sua fede perché le è stata guadagnata
da martiri: un giovane martire, Agapito, a 15 anni con il suo sangue ha cambiato il
mondo di allora. Perché non possiamo cambiarlo anche oggi? **********