Torna la paura in Libano: ucciso il ministro Gemayel, leader del partito cristiano
maronita
(22 novembre 2006 - RV) Tensione altissima in Libano dopo l’omicidio del ministro
dell'Industria libanese Pierre Gemayel, leader del partito cristiano maronita. Gemayel,
34 anni, è stato freddato a colpi di mitra insieme alle sue guardie del corpo da un
commando che gli ha teso un agguato in strada. Poco dopo la diffusione della notizia
dell'assassinio di Pierre Gemayel, nel quartiere cristiano Hasharafiye di Beirut si
sono verificati tafferugli e scontri. La cronaca nel servizio di Graziano Motta:
Intanto, a
poche ore dall’attentato avvenuto a Beirut il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato
il procedimento per l’istituzione del tribunale internazionale che dovrà fare luce
sull’assassinio dell’ex premier Hariri, avvenuto l’anno scorso, ed ha espresso una
dura condanna per questo nuovo omicidio politico. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
Ieri, Iraq
e Siria hanno ristabilito dopo 25 anni piene relazioni diplomatiche, mentre allo stesso
tempo il presidente iracheno, Jalal Talebani, si accinge a compiere sabato una visita
in Iran carica di auspici per l’influenza che Teheran può esercitare sugli sciiti
in Iraq e quindi sulla pacificazione del Paese. Su questo nuovo scenario, Stefano
Leszczynski ha intervistato Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali
presso l’Università statale di Milano:
********** R. – Qui andiamo incontro
a due fallimenti clamorosi della politica statunitense degli ultimi 3-4 anni. L’occupazione
dell’Iraq aveva da un lato, tra i propri obiettivi, quello di mettere sotto pressione
il regime siriano e quello iraniano, indebolendoli: ma il risultato di questi tre
anni è stato che l’Iran si è estremamente rafforzato e Siria ed Iran, a questo punto,
vengono chiamati dall’Iraq perché contribuiscano alla propria stabilizzazione. Questo
è già un primo elemento paradossale. Il secondo elemento, che è di portata più generale,
è proprio questa rappresentazione del sistema internazionale, come un sistema diviso
tra una comunità internazionale di Stati democratici ed alcuni bollati come “Stati-canaglia”,
che non possono essere coinvolti. Su questa rappresentazione, l’amministrazione Bush
ha investito moltissimo ed è naturale che il coinvolgimento della Siria e dell’Iran
nella pacificazione dell’Iraq sarebbe la pietra tombale su questa rappresentazione.
D. – L’Iraq istituzionale che esce da questa terra potrà sopravvivere
nella regione senza il sostegno militare degli Stati Uniti?
R. – Dell’Iraq
futuro non sappiamo proprio nulla, perché in questo momento è davvero un Paese al
collasso. Anche questo è stato un altro dei paradossi dell’iniziativa militare americana:
gli Stati Uniti si sono liberati di quello che definivano uno “Stato-canaglia”, ma
hanno creato al suo posto uno Stato al collasso, in un contesto nel quale, per lo
stesso riconoscimento di documenti strategici americani, gli Stati al collasso sono
ancora più pericolosi degli “Stati-canaglia”. **********