Tra una settimana il viaggio di Benedetto XVI in Turchia. Mons. Piero Marini descrive
le tre dimensioni del viaggio: pastorale, ecumenica e interreligiosa
(21 novembre 2006 - RV) Benedetto XVI esattamente tra una settimana, martedì prossimo
28 novembre, partirà per la Turchia. E’ il suo quinto viaggio apostolico internazionale.
Sono tre le dimensioni più significative di questa visita, come scrive nella presentazione
del Messale l’arcivescovo Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie: la
dimensione pastorale, ovvero l’incontro del Papa con la piccola minoranza cattolica
per confermarla nella fede in un momento in cui stanno sorgendo “forme d’intolleranza
religiosa”; la dimensione ecumenica, e cioè l’abbraccio col Patriarca di Costantinopoli
Bartolomeo I per ribadire la priorità dell’ecumenismo per questo Pontificato; e infine
la dimensione interreligiosa all’insegna del dialogo “per il superamento delle contrapposizioni
che nei secoli hanno talvolta opposto tra loro ebrei, cristiani e musulmani”. Mons.
Marini ha sottolineato quindi le radici bibliche di questa terra. Ascoltiamo in proposito
il servizio di Sergio Centofanti.
********* Mons. Marini ricorda come
da questa terra sia iniziato il grande viaggio della fede: Abramo lascia Harran, un
villaggio dell’attuale Turchia, “in spirito di totale dipendenza da Dio, fidandosi
unicamente della parola a lui rivelata”: e “partì senza sapere dove andava”. Ma occorre
ricordare anche che l’Asia Minore, corrispondente più o meno all’attuale Turchia,
è stata la prima terra di missione della comunità cristiana. Partito da Gerusalemme
San Barnaba si reca a Tarso, in Cilicia, prendendo con sé San Paolo per fondare la
prima Chiesa di questa regione ad Antiochia: qui per la prima volta i discepoli di
Gesù sono chiamati “cristiani”. San Paolo è il grande evangelizzatore di queste terre.
Ma anche San Pietro, Sant’Andrea e San Giovanni portano il Vangelo in questi luoghi.
Ad Efeso, secondo la tradizione, Maria vive gli ultimi anni della sua vita insieme
con San Giovanni, ed è qui che, sempre secondo un’antica tradizione, è stata assunta
in cielo. Gli Atti degli Apostoli, la prima Lettera di San Pietro, le Lettere di
San Paolo agli Efesini, ai Colossesi, ai Galati e a Timoteo, e la Lettera alle sette
Chiese dell’Asia, che compare nell’Apocalisse di San Giovanni, descrivono l’avvincente
ma difficile vita di queste prime comunità cristiane fuori dalla Terra Santa: devono
resistere in mezzo ai culti pagani, a molteplici e gravi persecuzioni e alle prime
eresie che già s’infiltrano nella Chiesa nascente. “Tutti quelli che vogliono vivere
piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” – scrive San Paolo a Timoteo, che vive
ad Efeso – “tu però – aggiunge – rimani saldo” e “annunzia la parola, insisti in
ogni occasione opportuna e non opportuna”. San Paolo usa spesso un termine: “parresia”,
ovvero parlare con “franchezza”, con la coraggiosa libertà propria dei figli di Dio,
perchè – afferma - si deve dire “la verità al proprio prossimo” e anche se si è in
catene, come a lui capita spesso, “la parola di Dio non è incatenata!”. San Paolo
non ha più paura da quando Gesù gli ha rivoluzionato la vita sulla strada di Damasco:
“Sono stato crocifisso con Cristo – scrive ai Galati –e non sono più io che vivo ma
Cristo vive in me”. Anche San Pietro incoraggia i fedeli “dispersi” in queste terre,
afflitti da persecuzioni, calunnie, insulti, ingiustizie. Li esorta a comportarsi
“da uomini liberi” e con una condotta “irreprensibile” dinanzi ai pagani, senza “rendere
male per male”. Siate “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della
speranza che è in voi – scrive San Pietro – Tuttavia questo sia fatto con dolcezza
e rispetto, con una retta coscienza”. Dinanzi alle persecuzioni San Giovanni invita
le comunità dell’Asia a vincere l’odio con l’amore, perché “Dio è amore”. Alla Chiesa
di Smirne scrive, facendo parlare Gesù: “Conosco la tua tribolazione e la tua povertà
… Non temere ciò che stai per soffrire …sii fedele fino alla morte e ti darò la corona
della vita”. Ma non mancano in queste prime comunità asiatiche divisioni, debolezze
e scandali. Alla Chiesa di Laodicea arriva il celebre rimprovero: “tu non sei né freddo,
né caldo. Magari fossi freddo o caldo. Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo
né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici ‘Sono ricco … non ho bisogno
di nulla’, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo
… ravvediti”. Intanto, già agli albori del cristianesimo si moltiplicano i falsi
maestri che diffondono le prime eresie. San Paolo scrive ai Colossesi: “Badate che
nessuno vi inganni con la sua filosofia e i suoi vuoti raggiri ispirati alla tradizione
umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”. E invita gli Efesini
a non essere “come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualche
vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende
a trarre nell’errore”. Dinanzi a persecuzioni ed eresie San Giovanni incoraggia le
piccole comunità cristiane di questa terra e le sostiene con queste parole di Cristo:
“per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato
il mio nome”. “Verrò presto. Tieni saldo quello che hai … il vincitore lo porrò come
una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più”. ********