2006-11-21 15:53:05

Tra una settimana il viaggio di Benedetto XVI in Turchia. Mons. Piero Marini descrive le tre dimensioni del viaggio: pastorale, ecumenica e interreligiosa


(21 novembre 2006 - RV) Benedetto XVI esattamente tra una settimana, martedì prossimo 28 novembre, partirà per la Turchia. E’ il suo quinto viaggio apostolico internazionale. Sono tre le dimensioni più significative di questa visita, come scrive nella presentazione del Messale l’arcivescovo Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie:
la dimensione pastorale, ovvero l’incontro del Papa con la piccola minoranza cattolica per confermarla nella fede in un momento in cui stanno sorgendo “forme d’intolleranza religiosa”; la dimensione ecumenica, e cioè l’abbraccio col Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I per ribadire la priorità dell’ecumenismo per questo Pontificato; e infine la dimensione interreligiosa all’insegna del dialogo “per il superamento delle contrapposizioni che nei secoli hanno talvolta opposto tra loro ebrei, cristiani e musulmani”. Mons. Marini ha sottolineato quindi le radici bibliche di questa terra. Ascoltiamo in proposito il servizio di Sergio Centofanti.

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Mons. Marini ricorda come da questa terra sia iniziato il grande viaggio della fede: Abramo lascia Harran, un villaggio dell’attuale Turchia, “in spirito di totale dipendenza da Dio, fidandosi unicamente della parola a lui rivelata”: e “partì senza sapere dove andava”. Ma occorre ricordare anche che l’Asia Minore, corrispondente più o meno all’attuale Turchia, è stata la prima terra di missione della comunità cristiana. Partito da Gerusalemme San Barnaba si reca a Tarso, in Cilicia, prendendo con sé San Paolo per fondare la prima Chiesa di questa regione ad Antiochia: qui per la prima volta i discepoli di Gesù sono chiamati “cristiani”. San Paolo è il grande evangelizzatore di queste terre. Ma anche San Pietro, Sant’Andrea e San Giovanni portano il Vangelo in questi luoghi. Ad Efeso, secondo la tradizione, Maria  vive gli ultimi anni della sua vita insieme con San Giovanni, ed è qui che, sempre secondo un’antica tradizione, è stata assunta in cielo.  Gli Atti degli Apostoli, la prima Lettera di San Pietro, le Lettere di San Paolo agli Efesini, ai Colossesi, ai Galati e a Timoteo, e la Lettera alle sette Chiese dell’Asia, che compare nell’Apocalisse di San Giovanni, descrivono l’avvincente ma difficile vita di queste prime comunità cristiane fuori dalla Terra Santa: devono resistere in mezzo ai culti pagani, a molteplici e gravi persecuzioni e alle prime eresie che già s’infiltrano nella Chiesa nascente. “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” – scrive San Paolo a Timoteo, che vive ad Efeso –  “tu però  – aggiunge – rimani saldo” e “annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna”. San Paolo usa spesso un termine: “parresia”, ovvero parlare con “franchezza”, con la coraggiosa libertà propria dei figli di Dio, perchè – afferma - si deve dire “la verità al proprio prossimo” e anche se si è in catene, come  a lui capita spesso, “la parola di Dio non è incatenata!”. San Paolo non ha più paura da quando Gesù gli ha rivoluzionato la vita sulla strada di Damasco: “Sono stato crocifisso con Cristo – scrive ai Galati –e non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”. Anche San Pietro incoraggia i fedeli “dispersi” in queste terre, afflitti da persecuzioni, calunnie, insulti, ingiustizie. Li esorta a comportarsi “da uomini liberi”  e con una condotta “irreprensibile” dinanzi ai pagani, senza “rendere male per male”. Siate “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi – scrive San Pietro – Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza”. Dinanzi alle persecuzioni San Giovanni invita le comunità dell’Asia a vincere l’odio con l’amore, perché “Dio è amore”. Alla Chiesa di Smirne scrive, facendo parlare Gesù: “Conosco la tua tribolazione e la tua povertà … Non temere ciò che stai per soffrire …sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita”. Ma non mancano  in queste prime comunità asiatiche divisioni, debolezze e scandali. Alla Chiesa di Laodicea arriva il celebre rimprovero: “tu non sei né freddo, né caldo. Magari fossi freddo o caldo. Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici ‘Sono ricco … non ho bisogno di nulla’, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo … ravvediti”. Intanto, già agli albori del cristianesimo si moltiplicano  i falsi maestri che diffondono le prime eresie. San Paolo  scrive ai Colossesi: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e i suoi vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”. E invita  gli Efesini a non essere “come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualche vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore”. Dinanzi a persecuzioni ed eresie San Giovanni incoraggia le piccole comunità cristiane di questa terra e le sostiene con queste parole di Cristo: “per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome”.  “Verrò presto. Tieni saldo quello che hai … il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più”.
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