Pastorale cristiana e malattie infettive: se ne parla da giovedì 23 alla conferenza
internazionale in Vaticano
(21 novembre 2006 - RV) Quali sono gli aspetti pastorali, ma anche le migliori politiche
sanitarie o comportamentali per affrontare il grave problema delle malattie infettive?
A questa domanda si incaricherà di rispondere la 21.ma Conferenza internazionale organizzata
dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in programma dal 23 al 25
novembre prossimi, alla quale prenderanno parte oltre 530 esperti . Il simposio è
stato presentato nella Sala stampa vaticana ed ha suscitato molta attenzione nei giornalisti,
specialmente attorno alla questione della prevenzione nei confronti dell’AIDS, flagello
che continua a uccidere milioni di persone, al pari di altri virus. I particolari
nel servizio di Alessandro De Carolis: ********** Nel
21.mo secolo si chiamano AIDS, SARS o, di nuovo, tubercolosi come un tempo si chiamavano
peste, vaiolo, colera. Sono i nuovi o vecchi virus che oggi infettano e mietono vittime
a centinaia di migliaia nel mondo. Il cardinale Javier Lozano Barragán ha introdotto
con l’elenco dei nuovi o riemergenti agenti patogeni gli scopi che perseguirà la 21.ma
edizione dedicata agli “Aspetti pastorali della cura delle malattie infettive”. Da
soli, AIDS, TBC e malaria sono oggi causa di un terzo della mortalità mondiale da
contagio. La malaria, ancora agli inizi del terzo millennio, conta 300 milioni di
casi e un milione di vittime. L’AIDS 40 milioni e il trend, ha spiegato il cardinale
Barragán, non accenna in questo caso a diminuire:
“L’epidemia dell’AIDS non
sta rallentando. Però, si vede nelle statistiche che la progressione della malattia
è un po’ diminuita nei Paesi che hanno i mezzi adeguati, in particolare gli antiretrovirali
e l’alimentazione corretta, la dieta (...) Per esempio, nell’Europa occidentale abbiamo
circa 720 mila casi di AIDS, mentre in Sudafrica ce ne sono cinque milioni e mezzo,
lo stesso in India. Invece, in Europa occidentale, ne abbiamo meno di un milione”.
Affiancato
dai vertici del dicastero vaticano, e da un medico italiano, il prof. Nicola Petrosillo,
esperto del settore, il presidente del Pontificio Consiglio ha illustrato i tre momenti
della Conferenza, che inizierà giovedì prossimo per concludersi sabato. Oltre a indagare
le cause che provocano l’insorgere delle malattie – alimentazione, cambiamenti ambientali
e tecnologici, ma anche la mutazione dei batteri – i partecipanti alla conferenza
faranno luce su quale debba essere il comportamento cristiano nell’affrontare tali
malattie: ovvero, il “punto di vista morale ed etico” in rapporto alla speranza e
all’impegno cristiani nel curarle. Del resto, ha affermato il segretario del Pontificio
Consiglio, mons. José Luis Redrado, la Chiesa in questo settore offre da sempre un’assistenza
di altissimo profilo:
“La Chiesa è stata sempre molto presente in questa
realtà. Ancora di più, nelle malattie infettive, la Chiesa è stata sempre all’avanguardia.
Quanti religiosi e religiose sono in questi luoghi di cura dove a volte lo Stato non
c’è. E molti sono anche i laici in questa realtà (...) Abbiamo condotto uno studio
come Pontificio Consiglio. Su un campione di 146 strutture sanitarie cattoliche presenti
nei cinque continenti, il 64% di queste strutture si occupa di pazienti con malattie
infettive, in particolare il 59% dei centri sanitari cattolici che hanno risposto
alla nostra domanda ha un programma specifico sulla tubercolosi; il 49% sulla malaria”.
Anche
il punto di vista psicologico e culturale, come pure le iniziative politiche e sanitarie,
saranno valutati nell’ottica di un miglioramento degli interventi per arginare la
forza distruttiva delle pandemie. Il prof. Petrosillo ha stigmatizzato, tra l’altro,
l’uso massivo di farmaci di ultima generazione che hanno portato, nei Paesi sviluppati,
all’insorgenza di nuovi virus o alla mutazione di altri già esistenti, diventando
causa di nuovi decessi, pur in ambienti di avanzata tecnologia sanitaria e ospedaliera.
I
giornalisti di numerose testate internazionali hanno spaziato con le loro domande
su molti temi scottanti, giacché le malattie infettive chiamano quasi sempre in causa
miseria, scarsità di igiene e di alimentazione, efficacia delle politiche nazionali.
Sulla prevenzione dal contagio dell’AIDS, e in particolare sull’uso del preservativo,
il cardinale Barragán ha annunciato uno studio condotto dal dicastero vaticano:
“Certamente,
è un punto che preoccupa molto Benedetto XVI (…) Lui mi ha chiesto di condurre un
dialogo con la Congregazione per la Dottrina della Fede sull’uso del preservativo.
Seguendo il suo desiderio, abbiamo compiuto uno studio accurato sul preservativo tanto
dal punto di vista scientifico quanto dal punto di vista morale, e abbiamo consegnato
il nostro studio – più di 100 pagine, quasi 200 pagine – alla Dottrina per la Fede,
che lo sta esaminando. E speriamo che il Santo Padre dica quello che sia più conveniente
su questo argomento (...) Se poi si debba dare una risposta, o come sia tale risposta,
io non lo so. Penso che nessuna risposta della Chiesa debba essere tale da favorire
il libertinaggio sessuale. Questo lo dobbiamo sapere chiaramente”. **********