2006-11-16 13:58:56

Il cardinale Bertone ha inaugurato la mostra Laocoonte, alle origini dei Musei Vaticani


(17 novembre 2006 - RV) I musei vaticani celebrano i loro 500 anni con la mostra “Laocoonte alle origini dei musei vaticani”. Un’esposizione straordinaria, che ricorda il ritrovamento del gruppo scultoreo del Laocoonte attorno al quale per volontà di Papa Giulio II nel 1506 iniziò la raccolta di sculture antiche. La mostra resterà aperta fino al 28 febbraio 2007. Il servizio di Alessandro Gisotti: RealAudioMP3


Per rivivere l’emozione e lo stupore che accompagnò il ritrovamento del Laocoonte, il 14 gennaio di 5 secoli fa, Tracey McLure ha intervistato Francesco Buranelli, direttore dei Musei Vaticani: RealAudioMP3

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R. - Tutto accadde il 14 gennaio del 1506, in una fredda mattina d’inverno. Casualmente, sul Colle Oppio, venne trovato questo gruppo scultoreo e subito tutte le persone di una certa cultura si recarono sul posto. La cronaca del tempo diceva: ‘Pare un Giubileo, tutti i cardinali saliti a vedere’, proprio con questa enfasi! L’eco arrivò subito al Pontefice Giulio II che chiamò immediatamente Giuliano da Sangallo per andare a vedere di che cosa si trattava. Giuliano andò con il figlio Francesco e con Michelangelo che stava in casa sua all’epoca. Appena arrivati sul Colle Oppio si accorsero che si trattava del Laocoonte di cui fa menzione Plinio il Vecchio nel Naturalis Historiae. Plinio descriveva esattamente questa opera che era presente nella casa dell’Imperatore Tito sul Colle Oppio, per cui era una scoperta quasi preannunciata. Esattamente un mese dopo entrò in Vaticano.


D. – Però, il Laocoonte non è sempre rimasto qui …è stato rubato ad un certo punto…


R. – La storia del Laocoonte è lunga, travagliata. Durante l’occupazione napoleonica non solo il Laocoonte ma tutti i più importanti capolavori di scultura, di pittura, oggetti d’arte in genere, vennero presi da Napoleone e dalle sue truppe e portati al novello Musée Napoléon de Paris. Con il congresso di Vienna, Antonio Canova andò con le credenziali diplomatiche a Parigi per riportare in Vaticano, e soprattutto in Italia, le principali opere prese come bottino di guerra. Durante il viaggio di ritorno purtroppo la statua cadde, si rovinò e poi venne restaurato nuovamente all’arrivo in Vaticano. Oggi la vediamo così, nel suo splendore, fuori dalla nicchia del cortile ottagono. L’abbiamo voluta riproporre in un tessuto museale nuovo, legata a tante copie, tante opere ad essa connesse.


D. – Questo Museo è peraltro ricco di bellissime immagini del Laocoonte..


R. – Assolutamente sì! Il Laocoonte è stato una scintilla non solo per la conoscenza dell’antico ma anche per la produzione dell’arte dei secoli a venire. La sua espressione di dolore, il forte pathos che gli artisti di Rodi sono riusciti a fissare nel marmo, ha subito emozionato non solo la persona che incrociava gli occhi col Laocoonte ma anche tutti gli artisti che lo hanno preso come canone artistico soprattutto per la sofferenza e il dolore. Laooconte vive il dramma dell’uccisione non solo della sua persona ma anche dei suoi figli innocenti. Lui è un sacerdote, per cui vede pure fallita la sua missione sacerdotale in quanto i suoi fedeli, il suo popolo non gli crede più e nello stesso tempo lui è un troiano, per cui sa e vede la morte di Troia e tutti questi motivi rivivono nello sguardo che ancora oggi si coglie nel volto di Laocoonte.
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