2006-11-08 15:37:00

Il Papa ai giovani del meeting interreligioso di Assisi: la preghiera ha il potere di costruire la pace nel mondo


(8 novembre 2006 - RV) “Il nostro mondo ha bisogno urgentemente di pace”. E “l’incontro di Assisi mette in evidenza il potere della preghiera nella costruzione della pace”. Sono le parole con le quali, questa mattina, Benedetto XVI ha voluto dare importanza al primo incontro interreligioso giovanile terminato ieri nella cittadella francescana e organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Dopo aver riflettuto insieme per tre giorni sul valore della preghiera come “elemento decisivo” per una “pedagogia della pace”, i giovani hanno potuto salutare direttamente il Papa, che li ha incoraggiati a proseguire il cammino intrapreso sull’onda dello “spirito di Assisi”. Il servizio di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3
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Una stretta di mano e un sorriso prima di salire a bordo della giardinetta scoperta. Un “pezzetto” di ciò che in questi ultimi tre giorni è stato l’incontro di Assisi si è trasferito per qualche istante, stamattina, in Piazza San Pietro. Benedetto XVI si è intrattenuto con alcuni dei giovani protagonisti del meeting interreligioso, terminato ieri nel Sacro Convento della città francescana. Un buddhista, un musulmano, un ebreo, una giovane induista e un ragazzo sikh hanno salutato il Pontefice, che poco prima, durante l’udienza generale, aveva messo in risalto il valore dell’incontro appena concluso:

“GENUINE PRAYER TRANSFORMS HEARTS, OPENS US TO DIALOGUE…
La preghiera autentica trasforma i cuori, ci apre al dialogo, alla comprensione e alla riconciliazione, e abbatte i muri costruiti dalla violenza, dall'odio e dalla vendetta (…) Possiate tornare alle vostre comunità religiose come testimoni dello ‘spirito di Assisi’, veri messaggeri della pace che è un dono della grazia di Dio e segni viventi di speranza per il nostro mondo”.


Ieri pomeriggio, prima della partenza per Roma, l’ultimo atto del meeting era stato la lettura del Messaggio di pace “dei giovani ai giovani”. Un messaggio che è stato, insieme, un atto di fede e un’assunzione di responsabilità. “Continuiamo a lottare sulla strada della pace”, vi si legge, “guidati dai precetti delle nostre rispettive religioni”, ma “con una sola voce” che riecheggia lo “spirito di Assisi”. Ecco il commento a caldo raccolto subito dopo da mons. Anthony Felix Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e uno dei principali organizzatori del meeting:


R. – I giovani vogliono veramente condividere questa gioia, questa pace che hanno scoperto e sperimentato in questi 3-4 giorni. Non è che non sapessero queste cose, ma ne hanno avuto la conferma, sono stati incoraggiati. C’è solidarietà tra i giovani, per cui hanno scritto un messaggio non come un documento, come un fatto teologico. Sicuramente in esso vi è un fondamento solido, perchè questi giovani sono ben educati, ben radicati nella loro fede. Ma ciò che vogliono dire a tutti è: “Facciamo qualcosa per cambiare questo mondo. Noi siamo i primi ad impegnarci per cambiare questo mondo”.


D. – Una cosa che differenzia questi giovani da tanti altri giovani, che magari si spendono comunque per la pace, è che loro, così come disse 20 anni fa Giovanni Paolo II, hanno un contributo in più, quello della preghiera…


R. – Sì, molti sono convinti che Papa Giovanni Paolo II sia stato come un profeta, un ambasciatore, come hanno detto loro, ma lo è anche Benedetto XVI, che hanno citato nel loro messaggio. Quindi, per questo - prendendo anche spunto dal cardinale Etchegaray e dal cardinale Paul Poupard – i giovani vogliono sottolineare il ruolo della preghiera nel costruire la pace, perchè sono convinti che la pace venga da Dio, sia un dono di Dio.


Per essere testimoni credibili dello “spirito di Assisi” bisogna tuttavia aver fatto una scelta di fede coerente, capace poi di trasformarsi in disponibilità al dialogo. Lo testimonia al nostro microfono una giovane cattolica indiana, Olina Bankien:


R. – Se io non sono sicura di quello in cui credo, non posso dialogare. Io devo vivere prima di tutto quello in cui credo e solo dopo posso andare incontro agli altri e posso anche essere per loro un dono e ricevere da loro un dono.


D. – Tu hai esperienze dirette di amicizia, di conoscenza profonda, non superficiale, con giovani altre religioni?


R. – Sì, certamente, perché in India apparteniamo a tutte le religioni. In ufficio, i vicini di casa: sono semplicemente persone che credono in Dio, che siano cattolici, indù, musulmani. Vedo in loro persone profondamente toccate da Dio.
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