Il Papa alla Gregoriana: il destino dell'uomo senza il riferimento a Dio non può che
essere desolazione e angoscia. La speranza viene solo dal Dio-Amore, rivelato in Gesù
(3 novembre 2006 - RV) “Il destino dell’uomo senza il suo riferimento a Dio non può
che essere la desolazione dell'angoscia che conduce alla disperazione”. E’ quanto
ha detto il Papa oggi durante la sua visita alla Pontifica Università Gregoriana,
a Roma. “Solo in riferimento al Dio-Amore, che si è rivelato in Gesù Cristo, - ha
proseguito il Pontefice - l’uomo può trovare il senso della sua esistenza e vivere
nella speranza, pur nell’esperienza dei mali che feriscono la sua esistenza personale
e la società in cui vive”. “Oggi – ha sottolineato Benedetto XVI - non si può
non tener conto del confronto con la cultura secolare, che in molte parti del mondo
tende sempre più non solo a negare ogni segno della presenza di Dio nella vita della
società e del singolo, ma con vari mezzi, che disorientano e offuscano la retta coscienza
dell’uomo, cerca di corrodere la sua capacità di mettersi in ascolto di Dio. Non si
può prescindere, poi, dal rapporto con le altre religioni, che si rivela costruttivo
solo se evita ogni ambiguità che in qualche modo indebolisca il contenuto essenziale
della fede cristiana in Cristo unico Salvatore di tutti gli uomini e nella Chiesa
sacramento necessario di salvezza per tutta l’umanità”. Ecco il testo completo del
discorso del Papa:
********* Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato
e nel Sacerdozio, cari Professori e cari studenti!
Sono lieto di incontrarmi
oggi con voi. Un primo saluto va proprio a voi, studenti, che vedo numerosi in questo
elegante ed austero quadriportico, ma che so essere presenti anche in diverse aule
e in contatto con noi attraverso schermi e altoparlanti. Cari giovani, vi ringrazio
per i sentimenti espressi dal vostro rappresentante. In un certo senso l’Università
è vostra. Essa, fin dal lontano 1551, quando Sant’Ignazio di Loyola la fondò, esiste
per voi. Tutte le energie spese dai vostri Professori e Docenti, nell’insegnamento
e nella ricerca, sono per voi. Per voi sono le preoccupazioni e gli sforzi quotidiani
del Rettore Magnifico, dei Vice Rettori, dei Decani e dei Presidi. Voi di questo siete
coscienti e sono certo che ne siete anche grati.
Uno speciale saluto va
poi al Cardinale Zenon Grocholewski. In quanto Prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, egli è il Gran Cancelliere di questa Università e rappresenta in essa il
Romano Pontefice (cfr Statuta Universitatis, art. 6, § 2). Proprio per questo il mio
predecessore Pio XI, di venerata memoria, dichiarava l’Università Gregoriana “plenissimo
iure ac nomine” pontificia (cfr Lett. ap. Gregorianam studiorum, in AAS 24 [1932],
268). La storia stessa del Collegio Romano e dell’Università Gregoriana, sua erede,
come ricordava il P. Rettore nel saluto che mi ha rivolto, è il fondamento di questo
statuto del tutto particolare. Saluto il Rev. P. Peter-Hans Kolvenbach, S.J., che,
come Preposito Generale della Compagnia di Gesù, è il Vice Gran Cancelliere dell’Università
ed ha la cura più immediata di quest’opera, che non dubito di qualificare come uno
dei più grandi servizi che la Compagnia di Gesù fa alla Chiesa universale.
Saluto
i benefattori qui presenti. Il Freundeskreis der Gregoriana di Germania, la Gregorian
University Foundation di New York, la Fondazione “La Gregoriana” di Roma, e altri
gruppi di benefattori. Carissimi, vi sono grato per quanto generosamente fate per
sostenere quest’opera che la Santa Sede ha affidato e continua ad affidare alla Compagnia
di Gesù. Saluto i Padri gesuiti che qui svolgono il loro insegnamento con encomiabile
spirito di abnegazione e austerità di vita; con essi saluto gli altri Professori,
estendendo il mio pensiero anche ai Padri e ai Fratelli del Pontificio Istituto Biblico
e del Pontificio Istituto Orientale, che, insieme alla Gregoriana, formano un consortium
accademico (cfr Pio XI, M.p. Quod maxime, 30 settembre 1928) prestigioso per quanto
attiene non solo l’insegnamento, ma anche il patrimonio librario delle tre biblioteche,
fornite di fondi specializzati incomparabili. Saluto infine il personale non docente
dell’Università, che ha voluto far sentire la propria voce attraverso quella del Segretario
Generale, che ringrazio. Il personale non docente quotidianamente svolge un servizio
nascosto, ma molto importante per la missione che la Gregoriana è chiamata ad adempiere
per mandato della Santa Sede. A ciascuno di loro va il mio cordiale incoraggiamento.
Con
gioia mi trovo in questo quadriportico, che ho attraversato in varie occasioni. Mi
è caro ricordare in modo particolare il tempo in cui, essendo professore Ordinario
di Dogmatica e di Storia del Dogma presso l’Università di Regensburg, fui invitato
nel 1972 dall’allora Rettore Hervé Carrier S.J. a tenere un corso agli studenti del
II Ciclo della specializzazione di Teologia Dogmatica. Con la familiarità di allora,
dico a voi, cari Professori e studenti, che la fatica dello studio e dell’insegnamento,
per avere senso in relazione al Regno di Dio, deve essere sostenuta dalle virtù teologali.
Infatti, l’oggetto immediato della scienza teologica, nelle sue diverse specificazioni,
è Dio stesso, rivelatosi in Gesù Cristo. Anche quando, come nel Diritto canonico e
nella Storia della Chiesa, l’oggetto immediato è il Popolo di Dio nella sua dimensione
visibile e storica, l’analisi approfondita della materia risospinge alla contemplazione,
nella fede, del mistero di Cristo risorto. E’ Lui che, presente nella sua Chiesa,
la conduce tra gli eventi del tempo verso la pienezza escatologica, un traguardo verso
cui camminiamo sostenuti dalla speranza. Non basta, però, conoscere Dio; per poterlo
realmente incontrare, lo si deve anche amare. Lo studio della Teologia, del Diritto
canonico e della Storia della Chiesa non è solo conoscenza delle proposizioni della
fede nella loro formulazione storica e nella loro applicazione pratica, ma è anche
sempre intelligenza di esse nella fede, nella speranza e nella carità. Solo lo Spirito
scruta le profondità di Dio (cfr 1 Cor 2,10), quindi solo nell’ascolto dello Spirito
si può scrutare la profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio
(cfr Rm 11,33). Lo Spirito si ascolta nella preghiera, quando il cuore si apre alla
contemplazione del mistero di Dio, che ci si è rivelato nel Figlio Gesù Cristo, immagine
del Dio invisibile (cfr Col 1,15), costituito Capo della Chiesa e Signore di tutte
le cose (cfr Ef 1,10; Col 1,18).
L’Università Gregoriana, fin dalle sue origini
con il Collegio Romano, si è distinta per lo studio della filosofia e della teologia.
Sarebbe troppo lungo enumerare i nomi degli insigni filosofi e teologi che si sono
succeduti sulle cattedre di questo Centro accademico; ad essi dovremmo aggiungere
anche quelli di famosi canonisti e di storici della Chiesa, che hanno speso le loro
energie fra queste mura prestigiose. Tutti hanno contribuito grandemente al progredire
delle scienze da loro coltivate e quindi hanno offerto un prezioso servizio alla Sede
Apostolica nell’espletamento della sua funzione dottrinale, disciplinare e pastorale.
Con l’evolversi dei tempi necessariamente mutano le prospettive. Oggi non si può non
tener conto del confronto con la cultura secolare, che in molte parti del mondo tende
sempre più non solo a negare ogni segno della presenza di Dio nella vita della società
e del singolo, ma con vari mezzi, che disorientano e offuscano la retta coscienza
dell’uomo, cerca di corrodere la sua capacità di mettersi in ascolto di Dio. Non si
può prescindere, poi, dal rapporto con le altre religioni, che si rivela costruttivo
solo se evita ogni ambiguità che in qualche modo indebolisca il contenuto essenziale
della fede cristiana in Cristo unico Salvatore di tutti gli uomini (cfr At 4,12) e
nella Chiesa sacramento necessario di salvezza per tutta l’umanità (cfr Dich. Dominus
Iesus, nn. 13-15; 20-22: AAS 92 [2000], 742-765).
Non posso in questo momento
dimenticare le altre scienze umane che in questa insigne Università vengono coltivate,
sulla scia della gloriosa tradizione accademica del Collegio Romano. Quale grande
prestigio abbia assunto il Collegio Romano nel campo della matematica, della fisica,
dell’astronomia, è a tutti noto. Basti ricordare che il calendario, cosiddetto “Gregoriano”,
perché voluto dal mio predecessore Gregorio XIII, attualmente in uso in tutto il mondo,
fu elaborato nel 1582 dal P. Cristoforo Clavio, professore del Collegio Romano. Basti
anche fare menzione del P. Matteo Ricci, che portò fin nella lontana Cina, insieme
alla sua testimonianza di fede, il sapere acquisito come discepolo del P. Clavio.
Oggi queste discipline non vengono più coltivate nella Gregoriana, ma sono subentrate
altre scienze umane, quali la psicologia, le scienze sociali, la comunicazione sociale.
Con esse vuole essere più profondamente compreso l’uomo sia nella sua dimensione personale
profonda, che nella sua dimensione esterna di costruttore della società, nella giustizia
e nella pace, e di comunicatore della verità. Proprio perché tali scienze riguardano
l’uomo non possono prescindere dal riferimento a Dio. Infatti, l’uomo, sia nella sua
interiorità che nella sua esteriorità, non può essere pienamente compreso se non lo
si riconosce aperto alla trascendenza.
Privo del suo riferimento a Dio, l’uomo
non può rispondere alle domande fondamentali che agitano e agiteranno sempre il suo
cuore riguardo al fine e quindi al senso della sua esistenza. Conseguentemente neppure
è possibile immettere nella società quei valori etici che soli possono garantire una
convivenza degna dell’uomo. Il destino dell’uomo senza il suo riferimento a Dio non
può che essere la desolazione dell'angoscia che conduce alla disperazione. Solo in
riferimento al Dio-Amore, che si è rivelato in Gesù Cristo, l’uomo può trovare il
senso della sua esistenza e vivere nella speranza, pur nell’esperienza dei mali che
feriscono la sua esistenza personale e la società in cui vive. La speranza fa sì che
l’uomo non si chiuda in un nichilismo paralizzante e sterile, ma si apra all’impegno
generoso nella società in cui vive per poterla migliorare. È il compito che Dio ha
affidato all’uomo nel crearlo a sua immagine e somiglianza, un compito che riempie
ogni uomo della più grande dignità, ma anche di un’immensa responsabilità.
E’
in questa prospettiva che voi, Professori e Docenti della Gregoriana, siete chiamati
a formare gli studenti che la Chiesa vi affida. La formazione integrale dei giovani
è uno degli apostolati tradizionali della Compagnia di Gesù fin dalle sue origini;
per questo è una missione di cui fin dall’inizio il Collegio Romano si è fatto carico.
L’affidamento alla Compagnia di Gesù, a Roma presso la Sede Apostolica, del Collegio
Germanico, del Seminario Romano, del Collegio Ungarico, unito al Germanico, del Collegio
Inglese, del Collegio Greco, del Collegio Scozzese e del Collegio Irlandese, aveva
l’intento di assicurare una formazione del clero di quelle nazioni, dove era infranta
l’unità della fede e la comunione con la Sede Apostolica. Tuttora questi Collegi inviano,
o quasi esclusivamente o in buon numero, i loro alunni all’Università Gregoriana,
in continuità con quella missione originaria. A tali Collegi menzionati lungo la storia
se ne sono aggiunti molti altri. Quanto mai impegnativo è dunque il compito che grava
sulle vostre spalle, cari Professori e Docenti! Opportunamente quindi, dopo profonda
riflessione avete redatto una “Dichiarazione d’Intenti”, essenziale per un’istituzione
come la vostra, perché indica sinteticamente la sua natura e missione. Sulla sua base
state portando a termine il rinnovamento degli Statuti dell’Università e dei Regolamenti
Generali, come anche degli Statuti e dei Regolamenti delle diverse Facoltà, Istituti
e Centri. Questo contribuirà a meglio definire l’identità della Gregoriana, consentendo
la redazione di programmi accademici più adeguati all’adempimento della missione che
le è propria. Una missione facile e difficile insieme. Facile, perché l’identità e
la missione della Gregoriana sono chiare fin dalle sue prime origini, sulla base delle
indicazioni ribadite da tanti Romani Pontefici, tra i quali ben sedici furono alunni
di questa Università. Missione al tempo stesso difficile, perché suppone costante
fedeltà alla propria storia e tradizione, per non perdere le proprie radici storiche,
e insieme apertura alla realtà attuale per rispondere, dopo un attento discernimento,
con spirito creativo alle necessità della Chiesa e del mondo di oggi.
Come
Università ecclesiastica pontificia, questo Centro accademico è impegnato a sentire
in Ecclesia et cum Ecclesia. E’ un impegno che nasce dall’amore per la Chiesa, nostra
Madre e Sposa di Cristo. Noi dobbiamo amarla come Cristo stesso l’ha amata, assumendo
su di noi le sofferenze del mondo e della Chiesa per completare quello che manca ai
patimenti di Cristo nella nostra carne (cfr Col 1,24). E’ così che si possono formare
le nuove generazioni di sacerdoti, di religiosi, di laici impegnati. E’ doveroso infatti
domandarsi a che tipo di sacerdote si vuole formare gli studenti, a che tipo di religioso
o di religiosa, di laico o di laica. Certamente è vostro intento, cari Professori
e Docenti, formare sacerdoti dotti, ma pronti al tempo stesso a consumare la loro
vita nel servire con cuore indiviso, nell’umiltà e nell’austerità della vita, tutti
coloro che il Signore affiderà al loro ministero. Così intendete offrire una formazione
intellettuale solida a religiosi e religiose, affinché sappiano vivere nella gioia
la consacrazione di cui Dio ha fatto loro dono, e proporsi come segno escatologico
di quella vita futura a cui tutti siamo chiamati. Ugualmente, voi volete preparare
laici e laiche, che con competenza sappiano svolgere servizi e uffici nella Chiesa
e, innanzitutto, essere fermento del Regno di Dio nella sfera del temporale. In questa
prospettiva, proprio quest’anno l’Università ha dato inizio ad un programma interdisciplinare
per formare i laici a vivere la loro vocazione specificamente ecclesiale di impegno
etico nella sfera pubblica.
La formazione, tuttavia, è anche vostra responsabilità,
cari studenti. Lo studio certamente richiede costante ascesi e abnegazione. Ma proprio
per questa strada la persona si forma al sacrificio e al senso del dovere. Infatti
ciò che apprendete oggi è ciò che voi domani comunicherete, quando vi sarà affidato
dalla Chiesa il ministero sacro o altri servizi ed uffici a vantaggio della comunità.
Ciò che in ogni circostanza potrà dare gioia al vostro cuore sarà la consapevolezza
di aver sempre coltivato la rettitudine di intenzione, grazie alla quale si ha la
certezza di aver cercato e fatto solo la volontà di Dio. Ovviamente, tutto questo
richiede purificazione del cuore e discernimento.
Cari figli di Sant’Ignazio,
ancora una volta il Papa vi affida questa Università, opera così importante per la
Chiesa universale e per tante Chiese particolari. Essa costituisce da sempre una priorità
tra le priorità degli apostolati della Compagnia di Gesù. È nell’ambiente universitario
di Parigi che Sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni maturarono il desiderio
ardente di aiutare le anime amando e servendo Dio in tutto, a sua maggior gloria.
Spinto dall’interiore mozione dello Spirito, Sant’Ignazio venne a Roma, centro della
Cristianità, sede del Successore di Pietro, e qui fondò il Collegio Romano, prima
Università della Compagnia di Gesù. L’Università Gregoriana è oggi l’ambiente universitario
nel quale si realizza in modo pieno ed evidente, ancora a distanza di 456 anni, il
desiderio di Sant’Ignazio e dei suoi primi compagni di aiutare le anime ad amare e
servire Dio in tutto, a sua maggior gloria. Direi che qui, tra queste mura, si realizza
quanto il Papa Giulio III il 21 luglio 1550 fissava nella “formula Istituti”, stabilendo
che ogni membro della Compagnia di Gesù è tenuto a “sub crucis vexillo Deo militare,
et soli Domino ac Ecclesiae Ipsius sponsae, sub Romano Pontifice, Christi in terris
Vicario, servire”, impegnandosi “potissimum… ad fidei defensionem et propagationem,
et profectum animarum in vita et doctrina christiana, per publicas praedicationes,
lectiones et aliud quodcumque verbi Dei ministerium…” (Lett. ap. Exposcit debitum,
1). Questa specificità carismatica della Compagnia di Gesù, espressa istituzionalmente
nel quarto voto di disponibilità totale al Romano Pontefice in qualsiasi cosa Egli
voglia comandare “ad profectum animarum et fidei propagationem” (ibid., n. 3), trova
attuazione anche nel fatto che il Preposito Generale della Compagnia di Gesù chiama
da tutto il mondo i Gesuiti più adatti perché svolgano il compito di Professori in
questa Università. La Chiesa, consapevole com’è che questo può comportare il sacrificio
di altre opere e servizi, pure validi per i fini che la Compagnia si propone di raggiungere,
è ad essa sinceramente grata e desidera che la Gregoriana conservi lo spirito ignaziano
che la anima, espresso nel suo metodo pedagogico e nell’impostazione degli studi.
Carissimi, con affetto di Padre affido tutti voi, che siete le componenti vive
dell’Università Gregoriana - Professori e Docenti, studenti, personale non docente,
benefattori e amici - all’intercessione di Sant’Ignazio di Loyola, di San Roberto
Bellarmino e della Beata Vergine Maria, Regina della Compagnia di Gesù, che nello
stemma dell’Università è indicata col titolo di Sedes Sapientiae. Con questi sentimenti
a tutti imparto, propiziatrice di copiosi favori celesti, l’Apostolica Benedizione.