La Chiesa algerina al fianco delle sofferenze della popolazione nordafricana: intervista
con mons. Teissier
(31 ottobre 2006 - RV) Tre morti e 24 feriti: è questo il bilancio dei due attentati
della notte scorsa in Algeria. Gli attacchi non sono stati ancora rivendicati, ma
si presume siano opera del gruppo integralista salafita per la predicazione e il combattimento
vicino ad Al Qaida, il solo ancora attivo in Algeria. L’arcivescovo di Algeri, mons.
Henri Teissier, ritiene si tratti di episodi isolati. Forse, in coincidenza con la
festa nazionale di domani, ha detto il presule, alcuni integralisti vogliono ancora
far sentire la loro presenza. Mons. Teissier ha spiegato che la vita quotidiana ad
Algeri è del tutto normale e che non pare ci sia il rischio di tornare alle violenze
di alcuni anni. Ma la Chiesa cattolica quale stagione sta vivendo oggi in Algeria?
Ascoltiamo proprio l’arcivescovo di Algeri al microfono di Tiziana Campisi.
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R. – Noi abbiamo conosciuto la grave crisi della società algerina, che ha fatto
più di 150 mila vittime, tra cui sacerdoti, religiosi, religiose, il vescovo di Orano,
e i monaci di Tibhirine. In questo momento siamo vivendo una stagione ricca di nuove
iniziative, stiamo accogliendo nuovi missionari e missionarie, ma anche laici, che
vengono come cooperanti nella società algerina da diverse nazioni. Abbiamo poi, nella
nostra diocesi, 500 studenti africani che hanno ottenuto borse di studio. Se contiamo
anche quelli sparsi nelle università delle altre diocesi arriviamo a circa 800, 900
studenti. Cerchiamo di essere la Chiesa del popolo. E ciò vuol dire che noi lavoriamo
con il popolo algerino e per il popolo algerino. In particolare sul piano sociale.
Ci impegniamo a favore della donna, per i bambini handicappati, e sul piano culturale
offriamo servizi agli studenti, abbiamo una decina di biblioteche. Il popolo algerino
è musulmano, questo non vuol dire che noi non possiamo fare molte cose. Rispettiamo
le convinzioni della gente ma offriamo anche la nostra testimonianza come cristiani.
D.
– Che tipo di convivenza esiste fra musulmani e cristiani, com’è il dialogo?
R.
– Ci sono gruppi più tradizionalisti che pensano che i musulmani non debbano accettare
a casa loro cristiani o intrattenere con loro rapporti di amicizia. Ma ci sono altri
che ci accettano. Noi cerchiamo di dare in questa società la prova che i cristiani
possono rispettare le convinzioni della popolazione. Lavorando insieme, dopo un po’
di tempo, nasce la fiducia, e quando c’è la fiducia nasce poi l’amicizia vera e quindi
ci si può impegnare insieme per il bene comune.
D. – Dieci anni fa è stato
versato tanto sangue. Adesso, come si vive nel ricordo di quel sacrificio?
R.
– Ciò che è avvenuto è che molti algerini adesso ci sono più vicini, perchè hanno
visto che noi abbiamo attraversato con loro quei tempi di sofferenza e che abbiamo
avuto, come loro, delle vittime. Molte persone nella società algerina ci aiutano adesso
a lavorare, per cercare insieme cosa si può fare per la pace, come dar vita ad una
comunione tra uomini di religioni diverse. **********