Il vescovo di Tunisi accoglie la fiaccola agostiniana del dialogo
(25 ottobre 2006 - RV) La fiaccola del dialogo e della pace di Sant’Agostino è arrivata
oggi a Tunisi, l’antica Cartagine: qui il Santo ha studiato e, da vescovo di Ippona,
nel 411, è stato l’anima della riconciliazione fra cattolici e donatisti riportando
la pace e l’unità nella Chiesa in Nord Africa. Tiziana Campisi ha incontrato il vescovo
di Tunisi, mons. Maroun Lahham, al quale è stato anche consegnato un ramoscello d’ulivo
proveniente da Tagaste, la città natale di Sant’Agostino, risalente proprio all’epoca
del Santo. Al presule ha chiesto con quale spirito la diocesi di Tunisi ha accolto
la fiaccola del dialogo:
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R. – Si poteva difficilmente scegliere meglio, perché ci troviamo a vivere un
momento in cui si ha veramente bisogno di dialogo e si ha veramente bisogno di pace
e parlare di pace, partendo da Sant’Agostino è già ben accettato. Parlare di dialogo
e di pace, sia riferendosi ad Occidente e Oriente, sia fra cristianesimo e islam,
sia fra le due sponde del Mediterraneo, rappresenta certamente un tema di attualità
estrema. Dunque, si tratta di una iniziativa che risponde ad un bisogno sia storico
sia geografico, sia politico che religioso.
D. – Mons. Lahham, quale esperienza
di dialogo si vive in Tunisia e nella sua diocesi in particolare?
R. –
E’ un dialogo di vita, un dialogo pratico fatto di convivenza e che non tocca le cose
essenziali della fede, sia cristiana che musulmana. Questo è il tipo di dialogo che
esiste nei Paesi a maggioranza musulmana e dove i cristiani o sono una minoranza,
come avviene in Medio Oriente, o sono stranieri, come in Nord Africa. E’ un dialogo
sereno, è un dialogo in cui ciascuno conosce le sensibilità dell’altro e le rispetta:
tutto questo porta ad una convivenza, che sia la più pacifica possibile.
D.
– Domani comincia la plenaria della Conferenza episcopale regionale del Nord Africa:
quali sfide la Chiesa cristiana deve affrontare nei prossimi anni?
R. –
Durante i lavori della plenaria affronteremo tante sfide e la primissima – che è sempre
di estrema attualità – è come definire una missione, che sia sempre rinnovata, della
Chiesa, pur essendo straniera, nei Paesi del Nord Africa. Una missione che ogni anno
deve interrogarsi su quale sia il senso della nostra presenza in questi Paesi che,
di per sé, non avrebbero bisogno di noi, ma dove la nostra presenza è accettata, apprezzata
ed anche voluta. Studieremo poi il documento sul Sinodo dell’Africa ed affronteremo
anche la questione dell’immigrazione di tanti giovani africani che passano dalle nostre
chiese per potersi stabilire in Nord Africa e – nella maggior parte dei casi – per
partire per l’Europa. E’ importante comprendere come poter aiutare questi giovani
e come andare loro incontro.
D. – Ci sono dei problemi particolari che
la Chiesa si trova ad affrontare?
R. – Problemi particolari come Chiesa,
no. Anche perché bisogna dire che qui in Tunisia c’è un modus vivendi, che ci permette
di vivere serenamente. C’è qualcosa da discutere, ma lo si fa sempre tranquillamente.
Problemi essenziali per la Chiesa non ce ne sono, anche perché rappresentiamo una
piccolissima minoranza.
D.- Lei, che cosa si augura per la Chiesa africana?
R.
- Mi auguro di poter capire ed attuare la volontà di Dio riguardo a questa Chiesa,
che tempo fa era molto fiorente. Io penso che il Signore ci ha portato in questa Chiesa
del Nord Africa e che c’è una sua volontà ed un suo disegno. Il mio augurio è quello
di poter scoprire questa sua volontà e di poter seguire questa linea, perché sarà
fatta la volontà di Dio. **********