2006-10-24 15:39:45

Mons. Bruno Forte sul discorso del Papa a Verona: Benedetto XVI invita i cattolici a mostrare i "sì" della fede


(24 ottobre 2006 - RV) E’ un discorso che continua a far riflettere: è l’intervento di Benedetto XVI il 19 ottobre scorso al Convegno della Chiesa italiana a Verona. Il Papa ha ribadito che “la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana” e ha invitato i cattolici a dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della gente unendo intelligenza e amore. Su questo discorso abbiamo sentito il commento dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte: Sergio Centofanti gli ha chiesto quale parola del Papa l’ha più ha colpito: RealAudioMP3

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R. – Certamente, il grande “sì” di Dio pronunciato in Gesù Cristo sull’uomo e sul mondo. Questa visione positiva del cristianesimo, come Buona Novella e come riconoscimento fondato nell’amore di Dio per l’uomo del valore intrinseco della dignità profonda di ogni essere umano e di tutto ciò che è umano, questo mi sembra il grande messaggio che Papa Benedetto ha voluto riconoscere come scaturente dalla risurrezione di Gesù Cristo, speranza del mondo. Da questo messaggio consegue anche un atteggiamento ideologico positivo della Chiesa verso la società in cui è posta, un atteggiamento che guarda a tutto ciò che di positivo c’è nel reale e che è stato rivelato pienamente dall’incarnazione del Logos, c’è una struttura intelligente del mondo che il Logos incarnato ha manifestato e che rispecchia il disegno del Creatore. Sulla base di questo Logos, di questa struttura intelligente, ogni essere umano che abbia il cuore e la mente sgombra da pregiudizi, può trovare un punto d’incontro, d’intesa, nella ricerca di valori, della verità illuminante su cui la vita e la storia dell’uomo si possa costruire, nella crescita e nella dignità di tutti.

D. – La strada maestra per l’evangelizzazione – ha detto il Papa – resta una fede amica dell’intelligenza, che sappia amare in modo concreto soprattutto i più poveri ed i sofferenti …

R. – Mi sembra che in queste osservazioni vi siano due grandi messaggi. Il primo, è che è necessario allora che il cristianesimo si manifesti in tutta la sua forza, di esercizio dell’intelligenza profonda della realtà. Il cristianesimo non ha nulla a che vedere con l’irrazionalismo, con la rinuncia alla dignità della ragione che invece ha sempre esaltato; ma nello stesso tempo, questa ragione non va assolutizzata, essa va coniugata con il principio “amore”. E il Logos incarnato non è solo rivelazione della struttura intelligente del disegno originario del Creatore, ma è anche il Logos che si è incarnato per amore e che si è rivelato come il Dio che è amore. Dunque, intelligenza e amore sono inseparabili e dalla coniugazione di queste due componenti fondamentali della realtà della vocazione umana della rivelazione divina, può scaturire anche il dialogo più fecondo, l’evangelizzazione più autentica, il servizio all’uomo più pieno.

D. – C’è chi definisce la Chiesa ‘potente’; invece, Benedetto XVI parla della “fragile barca della Chiesa”, sostenuta però da Dio …

R. – Certamente, perché la potenza della Chiesa è quella che Paolo chiama “la debolezza di Dio”, cioè il fatto che Dio abbia scelto per manifestarsi non la via di una potenza umana, che schiacci l’uomo, ma la via della debolezza della Croce; la via della forza dell’amore che sostiene questa debolezza, e in questo senso, le parole del Papa richiamano quelle paoline: che la stoltezza di Dio è ben più sapiente della sapienza del mondo. Cioè: il Dio che si rivela nella debolezza resta l’onnipotente che ha scelto la via non della forza ma dell’amore, per comunicarsi agli uomini e per dare a loro la sua salvezza.

D. – Cosa è emerso dai lavori di Verona?

R. – Mi sembra che sia emerso chiaramente il volto di una Chiesa viva, di una Chiesa giovane, di una Chiesa di popolo. Una Chiesa viva nella grande ricchezza di esperienze, di fermenti, di impegno nella causa dell’annuncio del Vangelo e della catechesi, nella presenza capillare della carità. Una Chiesa giovane: lo stadio di Verona era pieno di giovani alla Messa con il Papa. Tra i delegati ce n’erano naturalmente di meno, perché spesso i delegati sono scelti tra quelli che hanno già responsabilità adulte nella Chiesa. E tuttavia, essi erano voce di una Chiesa che sa dare ai giovani ragioni di vita e di speranza. Ed una Chiesa di popolo, una Chiesa – cioè – che è ben radicata nel tessuto popolare della nostra gente, sta con essa, vive per essa, è amata dal suo popolo e lo rappresenta nelle istanze più vere, nonostante tutti i processi di secolarizzazione in atto. Ed è a partire da questo dato, che è possibile rilanciare l’evangelizzazione nel nostro Paese, perché questa “Chiesa di popolo” prenda sempre più coscienza della grande ricchezza che essa ha in sé, l’amore di Dio in Gesù Cristo, e che essa ha da proporre al mondo, questo stesso amore coniugato come “sorgente ispirativa” di prassi, di carità, di solidarietà, di impegni sociali. Molto importante è stato anche il fatto che il Papa abbia sottolineato che nell’impegno politico la Chiesa in quanto tale non ha né simpatie partitiche né seduzioni ideologiche, ma è fonte di ispirazione alla luce del Vangelo. Sono i cristiani laici che, in prima persona, devono impegnarsi in maniera adulta e responsabile, ispirati ai valori del Vangelo nella pluralità delle opzioni politiche perché si costruisca una società più degna dell’uomo, più simile a quella voluta da Dio nel suo disegno e rivelata nell’incarnazione del Figlio.
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