Il Papa ricorda il 50° anniversario della coraggiosa insurrezione democratica ungherese,
repressa nel sangue dalle truppe sovietiche
(23 ottobre 2006 - RV) Benedetto XVI si unisce alle celebrazioni che si concludono
oggi a Budapest per il 50° anniversario dell’insurrezione ungherese contro il regime
comunista. Il Papa, in un messaggio al presidente ungherese László Sólyom, ricorda
con commozione i moti democratici del ’56 che furono repressi nel sangue dalle truppe
sovietiche. Alle celebrazioni, iniziate ieri, sono presenti, oltre al cardinale Angelo
Sodano in qualità di Legato Pontificio, una sessantina di capi di Stato e di governo
europei. Il servizio di Sergio Centofanti.
********* “Il
23 ottobre del 1956 – ricorda il Papa nel messaggio - il coraggioso popolo di Budapest
dovette confrontarsi con il proprio desiderio di libertà, a fronte di un regime che
perseguiva fini difformi dai valori della Nazione ungherese. E’ ancor vivo nella memoria
il ricordo dei tragici eventi che provocarono, nel giro di pochi giorni, migliaia
di vittime e di feriti, destando nel mondo grave turbamento”. Benedetto XVI ricorda
gli accorati appelli di Pio XII che “attraverso ben quattro vibranti interventi pubblici,
chiese con insistenza alla Comunità Internazionale il riconoscimento dei diritti dell’Ungheria
all’autodeterminazione, in un quadro di sostanziale identità nazionale, che garantisse
la necessaria libertà”.
Benedetto XVI sottolinea che l’Ungheria, “nonostante
le oppressioni subite lungo i secoli, e da ultimo quella sovietico-comunista, abbia
sempre tenuto nella giusta valutazione il rapporto fra Stato e cittadino, al di là
di ogni ideologia. Secondo la visione cristiana, a cui si sono ispirate le popolazioni
che hanno dato vita alla Nazione ungherese – prosegue il Pontefice - la persona con
le sue legittime aspirazioni morali, etiche e sociali precede lo Stato. La struttura
legale dello Stato e la sua giusta laicità sono sempre state concepite nel rispetto
della legge naturale tradotta negli autentici valori nazionali e, per i credenti,
arricchita dalla Rivelazione”. Il Papa esprime quindi l’augurio “che l’Ungheria possa
costruire un futuro libero da ogni oppressione e condizionamento ideologico”, auspicando
che la celebrazione dei fatti del ’56 “sia motivo di provvida riflessione sugli ideali
e sui valori morali, etici e spirituali che hanno costruito l’Europa” e in cui l’Ungheria
possa continuare a farsi paladina “di una proposta di civiltà basata sul rispetto
della persona umana e sul primato dei suoi alti destini”. ***********
Ma
sul 50° anniversario dell’insurrezione ungherese ascoltiamo il servizio è di Stefano
Leszczynski:
********** Il 23 ottobre del 1956, sull’onda dello scontento
che regnava in tutta l’Europa orientale soggiogata dal comunismo sovietico, esplose
inattesa e spontanea la rivoluzione ungherese. Alle richieste di libertà e democrazia
avanzate dal popolo magiaro la polizia politica e l’esercito avevano risposto aprendo
il fuoco sui manifestanti, che si accalcavano di fronte al palazzo della radio di
Stato. A nulla servì la decisione del Partito comunista ungherese di richiamare alla
guida dell’esecutivo il riformista Imre Nagy, caduto in disgrazia poco tempo prima.
Budapest ormai bruciava e la rivolta dilagava in tutto Paese. L’Occidente rimase a
guardare, mentre gli intellettuali europei ammutolivano e talvolta bollavano la rivolta
come un‘tentativo di eversione fascista’. La sola voce che risuonò con autorevolezza
e forza fu quella del Papa Pio XII che dedicò alla vicenda ben tre preoccupate ed
accorate Lettere apostoliche. Sentiamo padre Adàm Somorjai, della Segreteria di Stato
di Sua Santità:
“Allora, nel ’56, era il valore della libertà messo al
centro dell’interessamento, la libertà come tale che è stata soffocata prima ed è
stata soffocata anche dopo. Un intero popolo - e non solo uno - una regione dell’Europa
è stata messa sotto pressione, sia nazionale, sia ideologica. Questa parte dell’Europa
è stata venduta e il ’56 era un attimo della speranza che sia in Polonia che in Ungheria
poteva tornare la libertà”.
Nagy, nel tentativo di scongiurare l’invasione
da parte dell’URSS, annunciò l’uscita dal Patto di Varsavia e proclamò la neutralità
del Paese. All’alba del 4 novembre i carri armati sovietici segnarono il destino dell’Ungheria.
Nagy sarà arrestato e ucciso e verrà sostituito dal più fedele Janos Kadar. Migliaia
di morti, 200 mila esuli, 20 mila arrestati – tra questi a centinaia verranno torturati
e uccisi – è il bilancio della rivolta. E ancora, solo la voce di Pio XII in quello
che resterà il più drammatico appello del ‘900:
“Grava sugli animi il significato
dei luttuosi fatti ungheresi. L’universale, spontanea commozione del mondo dimostra
quanto sia necessario ed urgente il restituire la libertà ai popoli che ne sono stati
spogliati. Dio, Dio, Dio, risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia
e libertà nei parlamenti e nelle piazze, nelle case e nelle officine, sulle labbra
degli intellettuali e dei lavoratori, sulla stampa e alla radio”. **********