2006-10-19 12:30:26

Domani la presentazione del messaggio vaticano per la fine del Ramadan: intervista con il card. Poupard


(19 ottobre 2006 - RV) Domani mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, si svolgerà un’attesa conferenza stampa per la presentazione del messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in occasione della fine del Ramadan, il mese del digiuno e della purificazione spirituale per il mondo islamico. Il messaggio è incentrato sul tema ‘Cristiani e musulmani in dialogo fiducioso per affrontare insieme le sfide del nostro mondo’. Ce ne parla il presidente dei Pontifici Consigli per il dialogo interreligioso e della Cultura, il cardinale Paul Poupard, che domani presenterà il messaggio. L’intervista è di Giovanni Peduto: RealAudioMP3

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R. – Ovviamente questo messaggio è un atto di stima da parte della Santa Sede, da parte della Chiesa, che come ogni anno lo invia in occasione dell’importante ricorrenza per i musulmani della fine di questo mese di digiuno che è il Ramadan. Il messaggio, come sempre, è improntato allo spirito della nota Dichiarazione conciliare ‘Nostra Aetate’, e ribadisce nel momento attuale quella stima e quella volontà di proseguire il dialogo per affrontare insieme le sfide del nostro mondo: cioè la finalità del dialogo è nel modo col quale noi insieme testimoniamo al mondo la nostra fede nel Dio Unico, come dice il Concilio Ecumenico Vaticano II. E poi, sarà interessante notare che questo messaggio è giunto alla sua 40.ma edizione.

D. – Eminenza, dopo le polemiche suscitate da un’errata interpretazione del discorso del Papa a Ratisbona, il mondo islamico ha compreso le reali intenzioni del Pontefice?

R. – Diciamo che il mondo islamico è una parola molto ampia perché questo mondo islamico è diverso in Africa, in Asia, nel Maghreb, in Marocco, in Sudan, in Indonesia; ci sono gli sciiti, i sunniti; in Europa i nostri fratelli immigrati: l’Islam si esprime nelle diverse culture e alcune sono millenarie. Dunque, in sostanza è chiaro che praticamente tutti hanno capito quello che il Papa ha detto e non la presentazione ridotta e riduttiva delle agenzie di stampa che all’inizio ha distorto un po’ tutto. Ormai, credo che tutte le spiegazioni siano state date e ricevute.

D. – In una lettera aperta a Benedetto XVI, 38 leader spirituali e teologi islamici hanno accolto le spiegazioni del Papa riguardo al discorso di Ratisbona: il dialogo, dunque, riparte?

R. – Ma, non “riparte” perché il dialogo non è mai cessato. Cioè, il chiasso mediatico mette sempre in rilievo, invece della sintonia e della sinfonia, le voci discordanti. Lei ricorderà che in Campidoglio il mese scorso c’è stato quell’incontro che è stato anche mandato in onda in diretta dalle televisioni arabe; poi, la settimana dopo, il lunedì successivo, ho avuto il privilegio di presentare al Santo Padre gli ambasciatori dei Paesi islamici e quelli della Consulta islamica italiana e della Moschea di Roma. E poi, devo dire, ogni giorno ricevo tanti messaggi e, dalle diverse capitali del mondo, attraverso la rete dei rappresentanti pontifici, tante testimonianze e poi anche tante proposte, che saranno da onorare in futuro, per proseguire con i nostri amici il dialogo che si è ora focalizzato sull’essenziale del discorso di Ratisbona, e cioè il legame tra ragione e fede.

D. – C’è la questione del dialogo, ma anche la questione della reciprocità e del rispetto dei diritti dei cristiani e della libertà religiosa in genere nei Paesi a maggioranza islamica: un suo parere, eminenza …

R. – Come lei sa, ovviamente, il dialogo per essere autentico, come ribadisce sempre il Santo Padre Benedetto XVI sulla scia dei suoi predecessori, a partire dalla prima enciclica di Paolo VI sul dialogo, la “Ecclesiam Suam” – ero allora il suo collaboratore in Segreteria di Stato – e poi durante più di un quarto di secolo con Giovanni Paolo II, dunque, il dialogo, per essere vero dialogo, implica – è ben chiaro – il rispetto delle persone e il rispetto delle loro convinzioni, anzi, è fatto per aiutare alla conoscenza reciproca sia delle persone sia delle convinzioni. E la reciprocità è quasi un’esigenza del dialogo: evidentemente non può essere vero dialogo se è a senso unico, e questo lo capiscono tutti!
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