2006-10-15 07:56:22

Domani pomeriggio inizia a Verona il Convegno nazionale della Chiesa italiana sul tema della speranza


(15 ottobre 2006 - RV) Inizia domani pomeriggio a Verona, con una Messa presieduta dal vescovo diocesano Flavio Roberto Carraro, il 4° Convegno Nazionale Ecclesiale della Chiesa italiana. Titolo di questo appuntamento “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”. Al centro dell’evento, la sfida di comunicare in modo rinnovato il Vangelo in un mondo che cambia. Dal nostro inviato Massimiliano Menichetti. RealAudioMP3

**********
Tutto è pronto nella città scaligera, dove domani nella splendida cornice dell’Arena si aprirà il 4° Convegno Ecclesiale Nazionale. Oltre 2700 tra Vescovi, delegati, relatori faranno il punto sul cammino della Chiesa e le sfide che la società di oggi propone. Il tema di questo appuntamento decennale “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo” si snoderà in cinque giornate attraverso la preghiera, gli incontri, le tavole rotonde, ma anche momenti di cultura e di aggregazione. Grande è l’attesa per l’arrivo del Papa che giovedì mattina incontrerà i partecipanti al Convegno nella sede dei lavori, la Fiera di Verona, poi nel pomeriggio lo spostamento allo Stadio Comunale dove presiederà la Santa Messa. Verona dunque raccogliendo il cammino dei precedenti incontri, l’ultimo a Palermo nel 2005, si accinge ad aprire le porte alla speranza salvifica di Cristo e si propone come volano per la spinta missionaria della Chiesa. Ma quali sono le aspettative per questo Convegno? Lo abbiamo chiesto a mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti Vasto:

R. - Nella storia della Chiesa italiana i convegni ecclesiali hanno assunto il significato di un momento di lancio ed insieme di rilancio della missione evangelizzatrice della Chiesa in Italia e ora veniamo al tema della speranza. Ci veniamo non solo perché in un certo senso la fede prima e la carità poi sono stati i grandi temi dei convegni precedenti, e quindi completiamo in un certo senso l’itinerario delle virtù teologali, ma anche in modo particolare perché l’analisi della situazione storica in cui si trova la cultura dell’Occidente in generale, e in particolare quella italiana, ci fa capire quanto ci sia bisogno di ragioni di vita e di speranza per tutti e in particolar modo per le giovani generazioni.


D. – Si raccolgono anche le sfide della società contemporanea. C’è un filo che ricuce tutto, questa nuova spinta missionaria?


R. - Certamente, perché le cose sono connesse. Ascoltare il tempo presente, gli scenari del tempo, gli scenari del cuore, questo bisogno straordinario di un orizzonte di senso e di speranza che non sia quello violento dell’ideologia ma che non sia neanche la rinuncia alla ricerca del senso e del significato proprio del relativismo e del nichilismo postmoderni, significa contemporaneamente annunciare Gesù Cristo ma annunciarlo alle donne e agli uomini di questa generazione, di questo contesto storico-culturale. Quindi il convegno diventa un esame di coscienza, una verifica del cammino ecclesiale ma diventa, senza dubbio, anche un esame approfondito del contesto culturale in cui ci poniamo, per trovare la coniugazione fra la salvezza e la storia, fra la parola da annunciare e le domande vere di coloro a cui va annunciato.


D. – Concretamente quali sono le maggiori difficoltà che incontra la Chiesa oggi?


R. - C’è il problema di evangelizzare i giovani, di far pervenire ai giovani il messaggio della speranza di Cristo, che poi è l’unico capace di dare senso e gioia profonda alla vita. Naturalmente insieme alla sfida dei giovani c’è la sfida delle famiglie che riguarda proprio la consistenza del tessuto della vita famigliare nel nostro Paese. Anche l’Italia sta conoscendo i fenomeni ormai tipici dell’Occidente di crisi della famiglia-istituzione, ma questa non è una buona ragione per abbandonare il modello della famiglia che invece è il modello fondativo della società e della Chiesa. Poi ci sono i grandi temi dello scenario mondiale, i temi del dialogo interreligioso, i temi della giustizia e della pace. Ecco, mi sembra che questi siano i grandi orizzonti su cui dovremo insieme rilanciare l’impegno missionario della Chiesa in Italia.
**********




Sul tappeto le grandi sfide della società contemporanea, il nuovo slancio missionario della Chiesa, il ruolo dei laici. Proprio su questo ultimo aspetto padre Bartolomeo Sorge, direttore del mensile Aggiornamenti sociali, ha pubblicato un articolo dal titolo: “E’ l’ora dei laici”. Fabio Colagrande gli ha chiesto perché:


**********
R. - Siamo giunti ad un punto di maturazione dell’ecclesiologia e poi anche della vita della Chiesa italiana, per cui è necessario affrontare questo tema. La Chiesa ormai non è più una Chiesa clericale come era prima del Concilio, ma i laici sono vero popolo di Dio, sono integranti nella realtà di Chiesa. Per di più ci sono stati cambiamenti sociali tali, profondi, per cui una nuova evangelizzazione del Paese oggi non può fare a meno di un laicato maturo. Qui è ormai il punto di snodo: la vocazione, la missione dei laici nella Chiesa e nel Paese. Per farlo, appunto, bisogna avere il coraggio di andare avanti. Qui il problema è che per essere testimoni oggi, come dice anche il tema “Testimoni della speranza di Gesù risorto nel nostro mondo”, bisogna ripensare i fondamenti della nostra testimonianza cristiana, passare dalla fase che abbiamo conosciuto subito dopo il Concilio, la cosiddetta “mediazione”, all’altra fase che poi è stata più di presenza con l’impegno carismatico di Giovanni Paolo II, alla terza fase che è quella della testimonianza di cui parla il tema di Verona, il che significa riscoprire, ridare purezza originaria alla testimonianza cristiana.


D. – Lei fa anche una proposta di un luogo nel quale pastori e fedeli laici si possono confrontare, incontrare…


R. - Sì, troviamo un luogo nella comunità cristiana in cui i laici possano parlare liberamente con i loro vescovi e i vescovi possano parlare liberamente con i fedeli laici per chiarire soprattutto questi temi di etica pubblica che ormai erano all’orizzonte e che oggi sono diventati un fattore determinante nella nostra vita sociale e democratica. Perché non esiste questo luogo, non si tratta di fare un luogo politico – sarebbe una sciocchezza, un assurdo creare nella Chiesa italiana uno spazio politico – ma nemmeno possono bastare i consigli pastorali che hanno altre finalità. Qui bisogna inventare: perché non tradurre, per esempio, il progetto culturale di ispirazione cristiana, in una vera scuola di discernimento, a livello nazionale e locale, in modo che tutti i cristiani impegnati nel sociale e nella politica di destra o di sinistra, del nord o del sud, si incontrino con i pastori, parlino schiettamente, facciano presente le difficoltà, sentano la risposta alla luce del Vangelo e del magistero, e poi facciano i laici, liberamente, responsabilmente, quelle scelte che sono autorizzati a compiere della loro vocazione laicale.
**********












All the contents on this site are copyrighted ©.