Domani pomeriggio inizia a Verona il Convegno nazionale della Chiesa italiana sul
tema della speranza
(15 ottobre 2006 - RV) Inizia domani pomeriggio a Verona, con una Messa presieduta
dal vescovo diocesano Flavio Roberto Carraro, il 4° Convegno Nazionale Ecclesiale
della Chiesa italiana. Titolo di questo appuntamento “Testimoni di Gesù Risorto, speranza
del mondo”. Al centro dell’evento, la sfida di comunicare in modo rinnovato il Vangelo
in un mondo che cambia. Dal nostro inviato Massimiliano Menichetti.
********** Tutto
è pronto nella città scaligera, dove domani nella splendida cornice dell’Arena si
aprirà il 4° Convegno Ecclesiale Nazionale. Oltre 2700 tra Vescovi, delegati, relatori
faranno il punto sul cammino della Chiesa e le sfide che la società di oggi propone.
Il tema di questo appuntamento decennale “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del
mondo” si snoderà in cinque giornate attraverso la preghiera, gli incontri, le tavole
rotonde, ma anche momenti di cultura e di aggregazione. Grande è l’attesa per l’arrivo
del Papa che giovedì mattina incontrerà i partecipanti al Convegno nella sede dei
lavori, la Fiera di Verona, poi nel pomeriggio lo spostamento allo Stadio Comunale
dove presiederà la Santa Messa. Verona dunque raccogliendo il cammino dei precedenti
incontri, l’ultimo a Palermo nel 2005, si accinge ad aprire le porte alla speranza
salvifica di Cristo e si propone come volano per la spinta missionaria della Chiesa.
Ma quali sono le aspettative per questo Convegno? Lo abbiamo chiesto a mons. Bruno
Forte, arcivescovo di Chieti Vasto:
R. - Nella storia della Chiesa italiana
i convegni ecclesiali hanno assunto il significato di un momento di lancio ed insieme
di rilancio della missione evangelizzatrice della Chiesa in Italia e ora veniamo al
tema della speranza. Ci veniamo non solo perché in un certo senso la fede prima e
la carità poi sono stati i grandi temi dei convegni precedenti, e quindi completiamo
in un certo senso l’itinerario delle virtù teologali, ma anche in modo particolare
perché l’analisi della situazione storica in cui si trova la cultura dell’Occidente
in generale, e in particolare quella italiana, ci fa capire quanto ci sia bisogno
di ragioni di vita e di speranza per tutti e in particolar modo per le giovani generazioni.
D.
– Si raccolgono anche le sfide della società contemporanea. C’è un filo che ricuce
tutto, questa nuova spinta missionaria?
R. - Certamente, perché le cose
sono connesse. Ascoltare il tempo presente, gli scenari del tempo, gli scenari del
cuore, questo bisogno straordinario di un orizzonte di senso e di speranza che non
sia quello violento dell’ideologia ma che non sia neanche la rinuncia alla ricerca
del senso e del significato proprio del relativismo e del nichilismo postmoderni,
significa contemporaneamente annunciare Gesù Cristo ma annunciarlo alle donne e agli
uomini di questa generazione, di questo contesto storico-culturale. Quindi il convegno
diventa un esame di coscienza, una verifica del cammino ecclesiale ma diventa, senza
dubbio, anche un esame approfondito del contesto culturale in cui ci poniamo, per
trovare la coniugazione fra la salvezza e la storia, fra la parola da annunciare e
le domande vere di coloro a cui va annunciato.
D. – Concretamente quali
sono le maggiori difficoltà che incontra la Chiesa oggi?
R. - C’è il problema
di evangelizzare i giovani, di far pervenire ai giovani il messaggio della speranza
di Cristo, che poi è l’unico capace di dare senso e gioia profonda alla vita. Naturalmente
insieme alla sfida dei giovani c’è la sfida delle famiglie che riguarda proprio la
consistenza del tessuto della vita famigliare nel nostro Paese. Anche l’Italia sta
conoscendo i fenomeni ormai tipici dell’Occidente di crisi della famiglia-istituzione,
ma questa non è una buona ragione per abbandonare il modello della famiglia che invece
è il modello fondativo della società e della Chiesa. Poi ci sono i grandi temi dello
scenario mondiale, i temi del dialogo interreligioso, i temi della giustizia e della
pace. Ecco, mi sembra che questi siano i grandi orizzonti su cui dovremo insieme rilanciare
l’impegno missionario della Chiesa in Italia. **********
Sul
tappeto le grandi sfide della società contemporanea, il nuovo slancio missionario
della Chiesa, il ruolo dei laici. Proprio su questo ultimo aspetto padre Bartolomeo
Sorge, direttore del mensile Aggiornamenti sociali, ha pubblicato un articolo dal
titolo: “E’ l’ora dei laici”. Fabio Colagrande gli ha chiesto perché:
********** R.
- Siamo giunti ad un punto di maturazione dell’ecclesiologia e poi anche della vita
della Chiesa italiana, per cui è necessario affrontare questo tema. La Chiesa ormai
non è più una Chiesa clericale come era prima del Concilio, ma i laici sono vero popolo
di Dio, sono integranti nella realtà di Chiesa. Per di più ci sono stati cambiamenti
sociali tali, profondi, per cui una nuova evangelizzazione del Paese oggi non può
fare a meno di un laicato maturo. Qui è ormai il punto di snodo: la vocazione, la
missione dei laici nella Chiesa e nel Paese. Per farlo, appunto, bisogna avere il
coraggio di andare avanti. Qui il problema è che per essere testimoni oggi, come dice
anche il tema “Testimoni della speranza di Gesù risorto nel nostro mondo”, bisogna
ripensare i fondamenti della nostra testimonianza cristiana, passare dalla fase che
abbiamo conosciuto subito dopo il Concilio, la cosiddetta “mediazione”, all’altra
fase che poi è stata più di presenza con l’impegno carismatico di Giovanni Paolo II,
alla terza fase che è quella della testimonianza di cui parla il tema di Verona, il
che significa riscoprire, ridare purezza originaria alla testimonianza cristiana.
D.
– Lei fa anche una proposta di un luogo nel quale pastori e fedeli laici si possono
confrontare, incontrare…
R. - Sì, troviamo un luogo nella comunità cristiana
in cui i laici possano parlare liberamente con i loro vescovi e i vescovi possano
parlare liberamente con i fedeli laici per chiarire soprattutto questi temi di etica
pubblica che ormai erano all’orizzonte e che oggi sono diventati un fattore determinante
nella nostra vita sociale e democratica. Perché non esiste questo luogo, non si tratta
di fare un luogo politico – sarebbe una sciocchezza, un assurdo creare nella Chiesa
italiana uno spazio politico – ma nemmeno possono bastare i consigli pastorali che
hanno altre finalità. Qui bisogna inventare: perché non tradurre, per esempio, il
progetto culturale di ispirazione cristiana, in una vera scuola di discernimento,
a livello nazionale e locale, in modo che tutti i cristiani impegnati nel sociale
e nella politica di destra o di sinistra, del nord o del sud, si incontrino con i
pastori, parlino schiettamente, facciano presente le difficoltà, sentano la risposta
alla luce del Vangelo e del magistero, e poi facciano i laici, liberamente, responsabilmente,
quelle scelte che sono autorizzati a compiere della loro vocazione laicale. **********