Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace pubblica un documento sulla lotta alla corruzione
nel mondo
(5 ottobre 2006 - RV) “La lotta contro la corruzione”. E’ il titolo di una Nota del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, disponibile a partire da oggi presso
la Libreria Editrice Vaticana. Il testo fa seguito alla Conferenza internazionale
del dicastero vaticano, svoltosi nel giugno scorso in presenza di funzionari, studiosi
e diplomatici di numerosi Paesi. Al centro dell’attenzione la natura del fenomeno
“corruzione” a livello internazionale e i metodi più efficaci per contrastarlo, chiarendo
il contributo che la Chiesa può offrire in merito. I dettagli nel servizio di Gabriella
Ceraso:
********** All’analisi del fenomeno corruzione, che nega ai popoli
il bene comune della legalità, è dedicata la prima parte della Nota. In evidenza un
dato: la corruzione è da sempre esistita e non conosce limiti politici e geografici
né sbarramenti sociali, cioè tocca Paesi ricchi e poveri, singoli Stati come Organismi
internazionali. E’ vero che da pochi anni se ne è presa coscienza, ma anche che si
stanno consolidando la necessità di combatterla e i mezzi per farlo, grazie soprattutto
alla fine dei blocchi ideologici dopo il 1989 e alla globalizzazione delle informazioni.
Altro dato certo, si legge nella Nota è il danno apportato dalla corruzione:
materiale, in quanto sottrae risorse all’economia e alle politiche sociali, grazie
principalmente alla scarsa trasparenza nella finanza internazionale e alla disuguaglianza
dei sistemi giuridici. E un danno qualitativo della vita: perché alimenta sfiducia
nelle istituzioni, limitandone la funzionalità. Altro danno della corruzione sancito
dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa, è la grave deformazione del sistema
politico, del ruolo stesso delle Istituzioni, usate come terreno di scambio tra richieste
clientelari e prestazioni dei governanti.
Cosa fare dunque? Ed ecco la seconda
parte della Nota del Pontificio Consiglio. Positivo è il passaggio da società autoritarie
e chiuse a società democratiche e aperte, purché non significhi minare il consenso
etico dei cittadini e la solidità dei legami sociali. Per evitare questi pericoli
la dottrina sociale della Chiesa punta sul concetto dell’ecologia umana, cioè il rispetto
delle fondamentali strutture naturali e morali donate all’uomo dal Creatore. La loro
assenza nutre la corruzione. Ma la Chiesa può prevenirla non solo diffondendo principi
quali dignità umana, bene comune, solidarietà, sussidiarietà, ma anche incentivandoli.
L’ultimo riferimento è a livello internazionale: per la lotta alla corruzione
è necessaria trasparenza delle transazioni ed armonizzazione della legislazione, se
non un’autorità autonoma che accerti i reati. A questi livelli anche le Chiese locali
sono fortemente chiamate a collaborare. **********