2006-09-25 16:47:21

Nel silenzio internazionale si consuma il dramma del Darfur


(25 settembre 2006 - RV) Sempre più drammatica la situazione in Darfur, la regione sudanese da anni percorsa da una sanguinosa guerra civile. Il quadro umanitario si fa sempre più drammatico, mentre il governo di Khartoum continua a rifiutare l'invio dei caschi blu deciso dal Consiglio di Sicurezza il mese scorso. Per discutere dell’emergenza, oggi al Palazzo di Vetro di New York il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan riceverà il ministro degli Esteri sudanese, Lam Akol Ajawin. Ma cosa di fatto sta frenando il dispiegamento di una forza delle Nazioni Unite in Darfur? Giada Aquilino lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, africanista del Corriere della Sera: RealAudioMP3
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R. - A frenare sono soprattutto gli interessi contrapposti di Stati Uniti, Cina e Russia. Gli Stati Uniti hanno perso le concessioni petrolifere e quindi mirano comunque a destabilizzare in qualche modo il Paese, a ricondurlo cioè in un’ottica più vicina a quella di Washington. E’ la Cina invece ad essersi impadronita delle concessioni petrolifere: Khartoum è piena di nuove costruzioni cinesi, negozi, ristoranti, una comunità grandissima. Inoltre, la Russia sta vendendo armi al governo e quindi si è creato un business. C’è poi il Sudan, che avendo connivenze con le milizie filo-governative, non ha alcun interesse ad andare contro gli stessi Janjaweed.
D. - Sul terreno qual è la situazione?
R. - Sono riprese le violenze contro i cittadini di origine africana, i ‘darfuriani’. E’ quindi ricominciata una grande impunità perché i 7000 uomini dell’Unione Africana schierati sul terreno sono male armati e non hanno possibilità di effettuare controlli. Prima gli aerei del governo bombardano i villaggi e poi i Janjaweed arrivano a uccidere, ammazzare, violentare…
D. – Le forze africane rimarranno fino a fine anno: è stato infatti prolungato di qualche mese il mandato. Ma al Consiglio di Sicurezza dell’ONU invece qual è il dibattito?
R. - Gli Stati Uniti cercano di convincere Russia e Cina a togliere la loro opposizione in sede ONU. Perché è passata la mozione che autorizza una forza di peacekeeping, ma con un codicillo: la missione ONU partirà solo se il governo sudanese sarà d’accordo. E appunto Khartoum non può essere d’accordo, anche perché alcuni dei vertici dei Janjaweed e della stessa amministrazione sudanese sono ricercati dal Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità.
D. – Ma, in questo quadro, c’è il rischio di un nuovo Rwanda?
D. – Sì, c’ è il rischio, forse meno impressionante. Per il Rwanda parliamo di 100 giorni di violenze, di un bilancio di morti che oscilla tra 800.000 e un milione. In Darfur ci sono 200.000 morti, in due anni e mezzo o tre di conflitto. Però il sistema è uguale.
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