(10 settembre 2006 - RV) Scontri sempre più intensi in Afghanistan, dove almeno 100
talebani sono rimasti uccisi in seguito ad operazioni militari condotte nelle ultime
24 ore da truppe della NATO nel sud del Paese. E’ così salito a 450 il numero dei
guerriglieri rimasti uccisi negli attacchi sferrati da reparti dell’Alleanza atlantica
nell’ambito dell’offensiva “Medusa”, lanciata lo scorso 2 settembre nelle zone meridionali
del Paese asiatico per stanare e neutralizzare gruppi di insorti. Violenze si registrano
anche nell’est del Paese, dove un attentatore suicida ha ucciso il governatore della
provincia di Paktia. Ieri, intanto, il generale canadese Ray Henault, capo del Comitato
militare della NATO, ha chiesto agli Stati membri della NATO di inviare altri 2.500
soldati per garantire maggiore stabilità. Sempre ieri, il presidente del Consiglio
italiano, Romano Prodi, ha annunciato che l’Italia non aumenterà il proprio contingente
impegnato in Afghanistan sotto il comando dell’Alleanza atlantica e non ritirerà quello
già dispiegato nel Paese. Sulla sempre più difficile situazione in Afghanistan, ascoltiamo
al microfono di Stefano Leszczynski il presidente del Centrostudi Internazionali,
Andrea Martelletti:
********** R. – Quella che sta cambiando è la situazione
contingente generale dell’Afghanistan, dove le milizie o vari gruppi irregolari diventano
sempre più aggressivi. Quindi, sono più frequenti gli scontri fra le forze della coalizione
internazionale e queste formazioni della guerriglia che vuole lottare per continuare
a mantenere l’Afghanistan in uno stato di caos.
D. – Come si può definire,
esattamente, questa missione della Comunità internazionale in Afghanistan?
R.
– Esistono in Afghanistan due missioni assolutamente diverse. Una è la missione “Enduring
freedom”, a guida unicamente americana, alla quale partecipano – per esempio – francesi,
australiani, neozelandesi e inglesi. Si tratta di una missione contro i talebani e
gli uomini di Al Qaeda. Esiste poi la missione della Forza internazionale di assistenza
alla sicurezza (ISAF) che ha la propria base a Kabul. Questa missione ha come obiettivi
la ricostruzione dell’Afghanistan ed il rafforzamento del governo di Hamid Karzai.
D. – Una situazione che appare, comunque, difficile agli occhi dell’opinione
pubblica. C’è stato un errore di comunicazione da parte dei governi su questo tipo
di missioni?
R. – Si fa soprattutto confusione nei Paesi dove queste due
missioni sono strumentalizzate. La comunicazione, certamente, non è stata forse delle
migliori, ma bisogna anche dire che molti non hanno voluto informarsi ed hanno preferito
continuare a creare confusione. **********