Il commento di padre Rupnik al Vangelo della Domenica
In questa 23a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci propone il Vangelo in
cui Gesù, di ritorno dalla regione di Tiro, guarisce un sordomuto nella regione pagana
della Decapoli. E tutti pieni di stupore, dicevano:
“Ha fatto bene ogni cosa;
fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
********** (musica)
In
un territorio popolato da pagani, conducono a Gesù un sordomuto, pregandolo di guarirlo.
La sordità è un’antica immagine della resistenza del popolo eletto alla parola dei
profeti e alla legge di Mosé. Il fatto che questo uomo balbettasse, anzi non parlasse,
indica anche una chiusura della comunicazione. Infatti Cristo si è scontrato duramente
con una mentalità chiusa, di una religione formalista e di un messianismo nazionalista.
Dopo la guarigione di una straniera siro-fenicia, Cristo opera questo
miracolo in pieno territorio pagano, rivelando che la sua venuta richiede un’apertura
universale, sconfinata, perché si tratta di una salvezza totale ed assoluta. Effatà,
cioè apriti, è la parola che guarisce; ci libera le orecchie ad accogliere la parola
che Dio ci dice e ci scioglie la lingua per comunicare a Dio la nostra risposta alla
salvezza, testimoniando così agli altri il miracolo che salvare la propria vita significa
proprio aprirla all’amore.