La Santa Sede all'ONU: bisogna fermare le bombe a grappolo
(7 settembre 2006 - RV) Si è conclusa ieri a Ginevra la 15.ma Sessione di esperti
internazionali sulla Convenzione che mira a proibire o a restringere l’uso di certe
armi convenzionali, giudicate “eccessivamente dannose” o dotate di “effetti indiscriminati”.
Tra gli interventi, quello dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente
della Santa Sede presso l’Ufficio dell’ONU e le Istituzioni specializzate a Ginevra,
che ha affrontato il tema delle famigerate “bombe a grappolo”. Il servizio di Alessandro
De Carolis.
********** Ordigni di artiglieria che cadendo al suolo
si dividono in centinaia di “sottobombe”, che si spandono sul terreno trasformandosi
in mine antiuomo, pronte ad esplodere anche dopo anni. Sono le micidiali clusters
bomb, o bombe a frammentazione, i cui sanguinosi effetti sono stati recentemente riscontrati
nel conflitto in Libano, ma prima ancora in Iraq, in Afghanistan, nell’ex Jugoslavia.
Mons. Tomasi ha affermato che “una riflessione di fondo” sulla natura e l’utilizzo
delle sotto-munizioni sia “necessaria immediatamente” per “sradicare i rischi” legati
all’utilizzo di questi terribili ordigni.
“L’ultima guerra del Libano –
ha detto l’osservatore della Sanata Sede - ci porta in modo tragico le prove del dramma
umanitario che si dipana sotto i nostri occhi. Le immagini e le prove che ci arrivano
sono allarmanti”. E ciò, ha aggiunto, “è confermato dalle prime statistiche date dalle
Nazioni Unite che mostrano la gravità e la dimensione di questo problema”. Mons. Tomasi
ha ricordato, in tono critico, che tutte le armi, prima di essere usate o controllate,
sono state definite “legittime” dagli interessati. Approvazioni destituite di fondamento,
ripetutesi in passato con le armi chimiche, biologiche, incendiarie, con i laser.
Ma “il fatto di dichiarare un’arma particolare legittima non la rende più accettabile
né meno inumana”, ha stigmatizzato mons. Tomasi, che con realismo ha affermato: “Il
miglioramento della qualità delle sotto-munizioni non può essere da solo la soluzione.
Riportare il tasso di fallimento all’1 o 2% non significa nulla in sé. L’1% di centomila
piccole bombe è comunque molto”. Mentre sono la “determinazione degli obiettivi” e
“la proporzionalità” gli elementi “da prendere in considerazione”.
“Le
vittime dei conflitti passati e le vittime potenziali dei conflitti futuri - ha esortato
mons. Tomasi - non possono attendere anni di negoziati e di discussioni. Perciò, una
moratoria sull'utilizzo di queste armi si impone”. Qui - ha concluso rivolto ai colleghi
di assemblea - non si tratta di un problema teorico, ma di un dramma che ha il volto
delle “decine di vittime innocenti” e delle “sofferenze che accompagnano migliaia
di famiglie per anni”. **********