61 anni fa il bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki: la riflessione del padre
gesuita Walter Brennan a 25 anni dal viaggio di Papa Wojtyla in Giappone
(09 agosto 2006 - RV) Un giorno che ha cambiato drammaticamente il corso della storia:
il 6 agosto del 1945, alle ore 8.15, Hiroshima veniva rasa al suolo da un attacco
atomico. Tre giorni dopo anche la città di Nagasaki subiva la stessa sorte, tragico
epilogo della Seconda Guerra Mondiale. Nel bombardamento americano delle due città
giapponesi persero la vita decine di migliaia di persone e un numero imprecisato morì,
nei decenni a seguire, a causa delle radiazioni. La Chiesa cattolica giapponese osserva
- da ieri sino al 15 agosto - un periodo di preghiera e raccoglimento in ricordo dell’olocausto
nucleare. Per una testimonianza su come il popolo giapponese commemori questo evento,
61 anni dopo, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente in Giappone il padre
gesuita Walter Brennan, da oltre mezzo secolo nel Paese del Sol Levante:
********** R.
– I’ve been in Japan 51 years now, I have noticed that, when I first came, … Ormai
vivo in Giappone da 51 anni; mi sono accorto che, quando sono arrivato, i giapponesi
erano fortemente determinati ad accettare la Costituzione che MacArthur aveva dato
loro e che negava ai giapponesi di avere un esercito o qualsiasi tipo di difesa militare.
Ora, l’opinione pubblica sta gradualmente cambiando ed i giapponesi stanno pensando
di modificare la Costituzione perché proprio accanto a noi abbiamo la Corea del Nord
che ha una certa capacità di utilizzo di missili. Poi, i Giapponesi sono sempre preoccupati
delle mosse che può fare la Cina …
D. – Pensa che ci sia oggi una sorta
di mancanza di memoria storica, soprattutto da parte delle nuove generazioni?
R.
– Well, I hesitate to say that, because living in Hiroshima most of my time … Bè,
non potrei sostenere questa affermazione: da quando sono in Giappone, ho vissuto praticamente
sempre a Hiroshima e non passa giorno in cui nei quotidiani non si parli della bomba
atomica. C’è sempre qualche ragione per ricordare la sofferenza della gente, cosicché
penso che i giovani che vivono a Hiroshima hanno una profonda coscienza di quanto
è avvenuto in questa città!
D. – Cosa ci può dire della comunità cristiana?
Come i cristiani ricordano questo evento?
R. – Well, you know, immediately
after the war a German Gesuit gathered money … Vede, subito dopo la guerra, un
gesuita tedesco raccolse denaro in tutto il mondo e costruì una grande cattedrale,
la Cattedrale della Pace. Noi abbiamo qui una comunità cristiana molto piccola, circa
un migliaio di persone; ovviamente, abbiamo sempre celebrato Messe commemorative,
organizzato concerti commemorativi e molto spesso la gente si reca in processione
dal Parco della Pace alla chiesa. Ma i cristiani, ovviamente, anche quelli che sanno
che io sono americano, mai direbbero una parola sulla bomba atomica in mia presenza,
perché i giapponesi non vogliono offendere nessuno.
D. – Ci sono ancora
ferite aperte …
R. – Well, of course, the suffering is pretty much past, because
the people – … Ovviamente, la sofferenza in gran parte è del passato. Tanti di
quelli che sono morti, sono morti poco dopo l’esplosione della bomba atomica. Per
cui, anche se oggi vedi gente che porta le cicatrici di quell’evento, tuttavia la
sofferenza in gran parte è passata. Molta gente si è ammalata di cancro, di leucemia,
ma ormai sono una minoranza nella popolazione.
D. – Padre, c’è un altro
anniversario importante:25 anni fa, Papa Giovanni Paolo II visitò Hiroshima …
R.
– It was a rather surprising thing, because before he came, the local press, … Fu
una cosa molto strana perché prima che lui arrivasse in Giappone, la stampa locale,
praticamente non aveva quasi parlato della sua visita, non era stata preparata praticamente
per niente. Ad un certo punto, ci fu un risveglio improvviso quando si accorsero che
c’erano centinaia di corrispondenti in arrivo da tutto il mondo. E così, all’improvviso,
la stampa cominciò a riservargli molta attenzione, anche la televisione … Fece veramente
un’ottima impressione, quando venne, con il suo discorso “No more war”, mai più la
guerra: lasciò un segno profondo in Giappone …
D. – Ci può raccontare un
ricordo, delle sue sensazioni riguardo a quella visita storica a Hiroshima? Lei era
a Hiroshima, in quel periodo…
R. – Yes, I was there and we were trying
to keep the press out of the church, … Sì, c’ero ed eravamo impegnati a tenere
la stampa fuori dalla chiesa perché volevamo preparare per il Santo Padre un’atmosfera
di preghiera! Volevamo dare il benvenuto al Papa, e non volevamo tutti quei giornalisti
attorno!. A me era stato detto di tenere tutta la stampa fuori, al di là del cordone
di delimitazione, e fu un’impresa memorabile! Ma poi arrivò il Santo Padre, fu molto
gentile e tenne il suo discorso nel Parco della Pace: non nella cattedrale, ma nel
Parco pubblico della Pace, dove c’erano centinaia e centinaia di persone venute per
ascoltarlo! Questo fu di grande impatto; lui aveva una bella voce, anche col giapponese
se la cavò molto bene! ********** Ma ricordiamo la visita ad Hiroshima di Giovanni
Paolo II: era il febbraio del 1981. Papa Wojtyla lanciava un accorato appello per
la pace nel mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti: ********** (musica) Mai
più Hiroshima, mai più! Un grido ripetuto tante volte in questi 61 anni, in ogni angolo
della Terra. E tuttavia, la corsa agli armamenti nucleari non si è affatto arrestata.
Nel suo Messaggio per la 39.ma Giornata Mondiale della Pace, celebrata il primo gennaio
scorso, Benedetto XVI avverte che in una guerra atomica “non vi sarebbero dei vincitori,
ma solo delle vittime”. Per questo, il Papa esorta i governi che possiedono armi nucleari
e quelli che intendono procurarsele ad invertire la rotta “con scelte chiare e ferme,
orientandosi verso un progressivo e concordato disarmo nucleare”. Queste parole fanno
tornare alla mente l’accorato appello di Giovanni Paolo II, che proprio 25 anni fa
si recò ad Hiroshima come pellegrino della pace: (parole in giapponese di Giovanni
Paolo II) “La guerra è opera dell’uomo. La guerra è distruzione della vita umana.
La guerra è morte”: così, in lingua giapponese, Papa Wojtyla si rivolse al popolo
nipponico e a tutta l’umanità. Un appello vibrante che assunse ancora più forza perché
pronunciato proprio nel Parco della Pace, laddove si erge lo scheletro della cupola,
simbolo dell’olocausto nucleare. Rappeler le passé, c'est s'engager dans le futur
… “Ricordare il passato – fu il monito di Giovanni Paolo II, in quell’occasione
– è impegnarsi per il futuro. Ricordare Hiroshima è aborrire la guerra nucleare. Ricordare
Hiroshima è impegnarsi per la pace”. Quindi, ribadì che “il ricorso alla guerra non
è inevitabile o insostituibile”. E ancora, affermò che “l’umanità non è destinata
all’autodistruzione”, giacché le “divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze
possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la
violenza”. Giovanni Paolo II volle poi incontrare, sempre ad Hiroshima, la comunità
scientifica e i rappresentanti delle università delle Nazioni Unite. Un’occasione,
spiegò il Papa, per riflettere assieme sulla “crisi morale causata nel mondo dall’esplosione
della prima bomba atomica”: Our future on the planet… “Il nostro futuro su questo
pianeta, esposto com’è al rischio dell’annienta-mento nucleare – affermò Giovanni
Paolo II – dipende da un solo fattore: l’umanità deve attuare un rivolgimento morale”.
Il Papa chiamò ad una mobilitazione generale per la pace tutti gli uomini e donne
di buona volontà. “L’umanità - fu l’esortazione del Santo Padre - è chiamata a fare
un ulteriore passo in avanti, un passo verso la civiltà e la saggezza”. *********** E,
il 9 agosto 1945, 170mila persone morirono a Nagasaki, in Giappone, per la seconda
bomba atomica lanciata dall’aviazione statunitense, dopo quella altrettanto devastante
di 3 giorni prima a Hiroshima. Il servizio da Tokyo: